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Impara l'arte

Racconti fuori tempo?

Quanto si devono o dovrebbero raccontare le proprie esperienze? Anche questa è un’arte da imparare.

Tempo fa, ero andata a fare delle spese e portavo due sacchetti voluminosi fra le mani; la borsa sulla spalla non mi stava a posto neppure a pagarla e avevo fretta. Era buio e per terra c’era una corda in cui sono riuscita a inciampare. Così mi sono trovata lunga distesa sul marciapiede, con qualcosa di calduccio che scendeva sulla fronte.
“Sangue!” mi sono detta, come il Pierino infortunato di una storiella che da bambina mi aveva colpita molto. Eh, sì: era proprio sangue bello e buono.
Un ragazzo si è fermato.
“Signora, aspetti che l’aiuto!”
Mi ha fatta rialzare e, telefonino alla mano, mi chiede: “Chiamo l’ambulanza?”.
L’ho assicurato che bastava che mi accompagnasse fino a un bar a pochi passi di lì. Un bicchiere d’acqua sarebbe stato sufficiente a rimettermi in sesto.
Entro nel bar un po’ zoppicante e col sangue ormai appiccicato in fronte, mi fanno sedere, mi danno l’acqua. Una signora si avvicina incuriosita: “È caduta?”
“Sono inciampata...”
“Ah!, non me lo dica....” Dopo di che, mi ha raccontato tutte le sue cadute e i ricoveri all’ospedale degli ultimi vent’anni. Quando ha finito, ho ripreso la strada verso casa.

Sembra incredibile, ma c’è della gente che proprio il dono di confortare non ce l’ha e neppure lo vuole avere.
Se hai mal di testa, loro hanno l’emicrania. E la descrivono.
Se hai fatto un viaggio e ti hanno rubato la borsa, a loro hanno saccheggiato la casa. E ti fanno l’elenco delle cose rubate. Insomma, qualunque male tu abbia, ti tolgono la gioia di averlo, perché il loro è peggiore.

In certi casi, è bene stare zitti e vedere se si può aiutare praticamente. Nel mio caso, se qualcuno mi avesse accompagnata a casa portandomi i pacchi, lo avrei apprezzato.
In altri casi, invece, è giusto cogliere l’occasione per raccontare una propria esperienza adatta.

Può essere molto utile, per esempio, quando si vuole spiegare la nostra fede, raccontare come ci siamo convertiti. A volte, una storia di vita colpisce di più di qualche versetto biblico buttato lì a caso.
Altre volte, si può raccontare come il Signore ci ha confortati, in qualche occasione difficile di paura, dolore, scoraggiamento.
Oppure si può indicare come il Signore ci ha aiutati a superare un peccato. O come ha provveduto in un momento di bisogno. O ci ha aiutati a perdonare a qualcuno che ci ha fatto del male.

L’importante è, dopo avere ascoltato con cura il problema di qualcuno, raccontare con tatto come il Signore è intervenuto, senza lasciarsi andare a descrivere ogni dettaglio, senza esagerare, senza fare una predica non richiesta e soprattutto evitando le banalità e le affermazioni iperspirituali, che di solito sono troppo vaghe. 

Ancora meglio è ascoltare e promettere di pregare. Passato poi qualche giorno, si fa una telefonata per informarsi come sta la persona che si è confidata con noi e si racconta la propria esperienza, magari premettendo: “Ti dispiace se ti racconto come io ho vissuto qualcosa di simile?”. In genere, si trova un orecchio attento.
Una volta di più Salomone colpisce giusto: “Uno prova allegrezza quando risponde bene; e com’è buona una parola detta a tempo!”