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Commentario Tito

TITO

COMMENTARIO ALLA LETTERA DI S. PAOLO A TITO

di John MacArthur
ISBN 987-88-96129-03-6
Pagine 172
Euro 12,00 + spese postali

CHIESE NASCENTI E GENTE DIFFICILE... CHE FARE?
Chi può essere scelto per guidare la chiesa? Come bisogna esortare e formare i nuovi credenti? Come comportarsi verso i non credenti, per aprire le porte all’evangelizzazione?

Il compito di Tito era arduo. I Cretesi, fra cui doveva lavorare, erano gente difficile. Egli doveva stabilire delle chiese che fossero una testimonianza fedele e vitale per Cristo in una società che di cristiano non aveva nulla e non diventassero facile preda di false dottrine e filosofie pagane. Tito era giovane e sapeva che avrebbe incontrato molta opposizione.
Perciò l’apostolo Paolo gli ricorda l’importanza di essere un esempio di fedeltà morale e spirituale. Doveva scegliere uomini altrettanto fedeli per guidare le chiese nascenti e incoraggiare i neoconvertiti a vivere una vita degna della loro identità di seguaci di Cristo.

Le direttive espresse in questa lettera, sono valide anche per noi, che viviamo in una società post-cristiana relativistica e permissiva, in cui siamo chiamati a testimoniare delle verità assolute del Vangelo.

Uno studio stimolante, da esaminare e seguire con attenzione.

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[Estratto dal capitolo 2]

Le qualifiche dell'anziano

La caratteristica distintiva di un conduttore di chiesa consacrato è il servizio umile, amorevole e disposto al sacrificio.
Il Signore non ci chiama ad essere delle celebrità o delle personalità carismatiche, meno che mai degli oppressori, ma, all’opposto, dei servi altruisti che trovano gioia ed appagamento nell’imitare la devozione, il sacrificio, l’umiltà e l’amore del loro Signore, il grande pastore delle pecore.

Naturalmente il lavoro del pastore d’anime differisce per certi versi da quello del pastore di pecore. La sua attività non è per nulla di seconda categoria. Anche se non è necessario che sia eccezionalmente istruito o capace, deve però possedere una fede matura e deve esercitare il dono spirituale che ha ricevuto. Pure in una piccola comunità un pastore può trovarsi a dover fronteggiare problemi e sfide in gran numero. Ogni servizio pastorale comporta fatica, energia, impegno, pazienza, tenacia e saggezza. Dalle immagini che Paolo usa in 2 Timoteo 2–3, elencate prima, comprendiamo che un pastore/anziano deve agire come un insegnante, un soldato, un atleta, un lavoratore, un operaio, un vaso, un servo e un uomo di Dio. E ancora l’elenco non è completo.

Nel nostro brano, però, si mette l’accento sul fatto che un pastore, o un anziano, non è qualificato in base alla sua intelligenza, alla sua istruzione, alla sua autorevolezza o al suo talento umano, ma in base al suo carattere morale e spirituale e alla sua capacità di insegnare la Parola: su questi elementi soltanto. Nella storia della chiesa solo in pochi sono apparsi servi scelti da Dio e dotati di grande intelligenza, vasta istruzione e innumerevoli capacità, tutte qualità che il Signore ha deciso di usare e benedire. Come si è detto, ogni pastore dovrebbe lavorare con impegno. Ma non sono questi i requisiti fondamentali che il Signore richiede. Le qualità basilari e indispensabili che il Signore esige da pastori esperti e capaci sono le stesse che chiede al pastore poco istruito che svolge il suo incarico in una zona isolata di una regione rurale o in un paese in via di sviluppo. Indipendentemente da dove e come essi operano, devono essere moralmente e spiritualmente puri. Solo tali uomini sono degni di essere guide della chiesa di Cristo.

I conduttori della chiesa di Cristo devono anche funzionare come genitori in una famiglia. Paolo spesso fece riferimento a coloro di cui si prendeva cura chiamandoli figli nella fede. Ai credenti di Tessalonica ricordava: “Siamo stati mansueti in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini”. E aggiungeva: “Così, nel nostro grande affetto per voi, eravamo disposti a darvi non soltanto il vangelo di Dio, ma anche le nostre proprie vite, tanto ci eravate diventati cari” (1 Tessalonicesi 2:7,8; cfr. v. 11). Giovanni si rivolge a coloro ai quali scrive con le parole: “Figlioli miei” (1 Giovanni 2:1). E proprio come una cattiva conduzione domestica danneggia la vita della famiglia e indebolisce la società in generale, allo stesso modo una cattiva conduzione pastorale danneggia la comunità e indebolisce la chiesa in generale.

Come Paolo, ogni anziano dovrebbe essere in grado di dire onestamente a coloro che cura: “Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l’esempio che avete in noi” (Filippesi 3:17; cfr. 1 Tessalonicesi 2:7-12; 5:12; 2 Tessalonicesi 3:9). I credenti delle chiese dovrebbero ricordare i loro anziani come loro “conduttori, i quali [...] hanno annunziato la parola di Dio” e la cui condotta e fede sono degne di emulazione (Ebrei 13:7).

Commentario alla lettera di S. Paolo a Tito © Associazione Verità Evangelica