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La Voce del Vangelo

La VOCE marzo 2018

Vivere di debiti non piace a nessuno.

Ti logora come uno stress muto nell’angolo recondito della mente, finché non avrai pagato tutto il dovuto. Come credenti, Dio vuole che siamo liberi da ogni ansia. In Romani 13:8 Egli dice: “Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri”.

Il nostro debito più grosso, l’ha pagato Lui stesso. Gesù, sulla croce ha dichiarato di aver compiuto tutto il necessario per la nostra eterna salvezza. “È compiuto!” (Giovanni 19:30) vuol dire che non c’è più nulla da pagare. Nessun conto in sospeso con Dio.

Ma abbiamo un debito ancora da assolvere!

È quel debito di cui parla Paolo nella sua lettera ai Romani, nei confronti di tutti gli uomini, indipendentemente della loro nazionalità, religione o cultura: “Io sono debitore verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti; così, per quanto dipende da me, sono pronto ad annunciare il vangelo anche a voi che siete a Roma” (Romani 1:14).

Pensavi che fosse un debito solo suo? Dio non aveva forse comandato a tutti i credenti di predicare l’evangelo ad ogni creatura?

Cosa ne è del nostro debito verso i parenti, amici e colleghi? Come lo stiamo assolvendo?

Come crederanno se non hanno mai sentito parlare di Cristo?

L’amore di Dio che abbiamo conosciuto, ci costringe, come Paolo, a supplicare la gente intorno a noi di essere riconciliati con Dio (2 Corinzi 5:14,20)? Noi siamo gli strumenti di Dio per la salvezza della gente. Ma, se siamo onesti, dobbiamo ammettere che abbiamo ampio margine di miglioramento.

Alcuni puntano sulla loro testimonianza silenziosa: si limitano a condurre una vita moralmente corretta e onesta, sperando che qualcuno osservandoli scopra che sono credenti. Altri vedono il loro coinvolgimento nel sociale come una sorta di evangelizzazione. Altri ancora raccontano la storia della loro conversione, “danno la loro testimonianza”, pensando che quella possa attirare le persone a Cristo.

Non c’è dubbio che Dio si serve di tutte queste cose per destare le coscienze dei non credenti verso il messaggio del vangelo.

Paolo infatti esorta: “…siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita…” (Filippesi 2:15,16a). Il salmista invita: “Venite e ascoltate, voi tutti che temete Dio! Io vi racconterò quel che ha fatto per l’anima mia” (Salmo 66:16). E Giacomo fa notare che dire di aver fede, ma non agire di conseguenza è una contraddizione: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? ... Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi, uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le [tue] opere, e io con le mie opere ti mostrerò la [mia] fede»” (Giacomo 2:14-18).

La nostra condotta irreprensibile, il servizio altruista e la testimonianza personale di vita vissuta sono necessari, ma non possono sostituire l’esposizione chiara del messaggio del vangelo.

Può darsi che, avendo visto il vangelo presentato in modi sbagliati, siamo intimiditi dalle possibili reazioni delle persone, che possano pensare che cerchiamo solo di imporre le nostre idee. Ricordiamoci allora che solamente Dio può toccare i cuori e aprire gli occhi, non noi. Il più grande evangelista di tutti i tempi lo sapeva bene quando ha detto: “Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!” (1 Corinzi 3:6,7).

La mancanza dei risultati immediati potrebbe scoraggiarci e indurci a pensare di non essere capaci di presentare bene il vangelo. Ma non spetta a noi convertire qualcuno: quello lo fa Dio. E il mezzo che Egli usa è la predicazione del vangelo. Non c’è nulla di più importante, di più bello o che abbia più valore del predicare il vangelo ai non credenti.

Allora, come migliorare?

Prima di tutto dobbiamo essere consapevoli che tutto dipende da Dio. Non saranno le nostre belle parole, neanche le più azzeccate, a cambiare il cuore delle persone. Come non lo farà nemmeno la nostra buona condotta. Le parole di Gesù erano sempre giuste, la sua vita irreprensibile e Lui era spinto dall’amore più puro. Eppure moltissimi non si sono convertiti. Perciò, in preghiera, mettiamo nelle mani di Dio ogni opportunità, le parole e l’atteggiamento con cui presentiamo il vangelo. E prendiamo esempio di Paolo che chiedeva ai credenti di pregare per lui (Colossesi 3:2-6), che diventi una nostra abitudine intercedere gli
uni per gli altri.

Secondo: il messaggio è potente solo quando è presentato nel modo più accurato possibile. Non ammorbidirlo! Non cambiarlo! Sii biblico! Paolo lo dice chiaro: “Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, ... poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com’è scritto: «Il giusto per fede vivrà»” (Romani 1:16,17).

Da fede a fede, Dio la trasmette, dal credente al non credente. Molti deridono e si ribellano all’idea di una verità assoluta. Lo sappiamo e questo non ci spaventa. E non ci vergognamo di proclamare l’assoluta verità di Dio. Per il loro bene.

Terzo: il messaggio non è il nostro, ne siamo solo umili ambasciatori. Riconosciamo che non siamo affatto migliori degli altri, ma che anche noi avevamo un bisogno disperato di ascoltare il vangelo (rileggiti Efesini 2). Se la gente respinge quello che diciamo, non rigetta noi, ma Cristo. Non ne facciamo una battaglia personale, come per vincere un dibattito, e non roviniamo la buona notizia con la nostra arroganza.

Quarto: la notizia che abbiamo è buona! Se ce lo terremo in mente, influenzerà il modo in cui lo presentiamo.

Ho sentito alcuni “evangelizzare” senza mai menzionare il peccato. Parlavano della paura della morte, di volersi sentire amati da Dio, di come vincere le paure e sentirsi meglio… Hanno parlato di tutto tranne che del punto principale del messaggio. È quello che fa del vangelo una buona notizia!

Se non si parla del peccato, non si sta evangelizzando! È il punto cruciale del nostro messaggio. Cristo non è morto per farci stare meglio o per essere un esempio di chissà che. No! La sua morte era l’unico modo per donarci il perdono e la vita eterna. Quando parliamo di Lui a un non credente, bisogna che sia chiaro che Gesù deve divenire il suo Salvatore e Signore.

Servendoci dei versetti tratti dalla Parola di Dio, spieghiamo con parole chiare la realtà del peccato, la soluzione offerta da Dio e la responsabilità individuale di chi ci ascolta. Solo le parole bibliche – non le nostre opinioni, non i nostri pensieri – hanno un valore eterno.

Quinto: chiediamo a Dio di poter avere la stessa compassione di Gesù verso gli altri. “Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Matteo 9:36-38).

Se non riusciamo a vedere le persone come le vede Gesù, difficilmente saremo spinti ad andare oltre la nostra zona di comfort. Portare il vangelo richiede sacrificio.

Abbiamo un compito difficile, ma non impossibile. Lo possiamo fare. Si tratta di prendere sul serio la Parola di Dio ed essere ubbidienti.

Abbiamo anche tanti mezzi per aprirci la strada: calendari, volantini, libretti, opuscoli e inviti a riunioni speciali. La chiesa stessa, come l’insieme dei credenti, è un mezzo che Dio vuole usare per raggiungere i non credenti: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35). Allora impegniamoci tutti insieme per assolvere il nostro debito verso un mondo di pecore smarrite senza pastore.

Un ottimo strumento per "sdebitarti"

Il foglio evangelistico "DICIAMOCELA TUTTA" è una presentazione chiara e semplice del problema più grave dell'uomo e la soluzione di Dio. Come tutti i nostri opuscoli evangelistici, anche questo può essere personalizzato con un tuo messaggio che inseriamo nello spazio predisposto.

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Opuscolo di evangelizzazione personalizzabile

Tu sai che siamo tutti uguali agli occhi di Dio. Siamo tutti peccatori. Ma il fatto che tutti peccano non ci scagiona. Come pure che non eviteremo il giusto giudizio di Dio per i nostri peccati solo perché qualcun altro ha commesso un peccato più grave del nostro.

Che dobbiamo fare allora? Possiamo provare a fare il meno male possibile? Oppure trovare un modo per scontare la pena delle nostre azioni? Forse attraverso le sofferenze che sopportiamo nella nostra vita? Forse facendo dei scarifici? Oppure speriamo di espiare il peccato con una punizione temporanea dopo la morte?

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