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La Voce del Vangelo

La VOCE luglio 2020

Il 30 Marzo 2020, all’età di 93 anni, Guglielmo Standridge, il fondatore nonché direttore della VOCE del VANGELO e dell’Associazione Verità Evangelica, è andato con il Signore.  

William Carl Standridge Jr., conosciuto da molti anche con il suo diminutivo inglese Bill, è nato a Flint in Michigan, negli Stati Uniti, il 19 febbraio 1927, ed è morto a Milano. 

Aveva solo 22 anni quando è arrivato a Napoli, nel 1949, e da allora l’Italia è diventata la sua casa, la sua missione, la sua vita. 

Guglielmo è nato in una tipica famiglia rurale di quei tempi. Suo padre era un pastore di una piccola chiesa evangelica, e sua madre un’insegnante di scuola, fino a quando non sono arrivati Bill, il primogenito, e le due sorelle; da allora era rimasta a casa per accudire la famiglia.

Da bambini, quando Guglielmo ci raccontava della sua gioventù, noi figli rimanevamo spesso a bocca aperta, come quando ci disse che una sua antenata era una principessa degli indiani d’America, e che un suo trisnonno era uno sceriffo che aveva arrestato uno dei malviventi della famosa banda di Jesse James. E ci raccontò pure che la sua scuola era così piccola che aveva una sola aula dove tutti gli studenti, di ogni età, studiavano insieme con un’unica insegnante. 

Nel dopoguerra molti in Europa volevano emigrare negli Stati Uniti in cerca di una vita migliore. L’Italia stava ancora subendo le conseguenze della Seconda guerra mondiale, e non era certo una meta per le vacanze né il paese dove tutti sognavano di vivere. 

Cosa ha spinto allora il ventiduenne ragazzo di campagna a fare un viaggio al contrario, a passare due settimane su una nave per attraversare l’Atlantico e sbarcare a Napoli completamente solo? 

Tutto ebbe inizio da qualcosa che era successo a mio nonno. 

I BAMBINI DI CATANZARO

Nel 1948 mio nonno, William Sr., aveva vistato diversi paesi del mondo tra cui l’Italia. Ricordo ancora come, con il suo forte accento americano, ci raccontava del suo tempo a Catanzaro, una città devastata economicamente dalla guerra, dove i bambini che giocavano in strada accorrevano per accerchiare gli “americani” sperando di ricevere qualcosa da loro. 

Quell’esperienza aveva colpito fortemente mio nonno; si era reso conto che l’Italia aveva bisogno del vangelo, l’unica vera speranza per quei bambini, e quella nazione così lontana.

Tornato negli Stati Uniti e spinto da quello che aveva visto, il nonno aveva radunato un gruppo di pastori evangelici e alcuni giovani, tra cui anche suo figlio Bill, per pregare per l’Italia. 

Durante uno di questi incontri, Bill cominciò a pregare e chiedere al Signore se fosse la sua volontà che lui andasse in Italia come missionario. Dopo un mese di preghiera aveva preso la sua decisione: sarebbe andato in un paese straniero, dove non conosceva nessuno, di cui non capiva la lingua, né conosceva la cultura, per parlare loro del Signore. 

La sua non fu una decisione basata sull’entusiasmo del momento. Qualche anno prima gli era successo qualcosa che aveva cambiato la sua vita…

LA BACHECA DELLA SVOLTA

A Guglielmo piaceva scrivere, era una cosa che gli veniva naturale. 

Aveva scoperto presto che era il modo in cui riusciva a comunicare con chiarezza le sue idee, la sua fede. I lettori della Voce del vangelo lo hanno potuto apprezzare negli anni. Ma pochi, forse, sanno che già all’età di 15 anni, come editore del giornale del suo liceo, gli era stato assegnato il premio del miglior giornale scolastico di tutti gli Stati Uniti. 

La stessa cosa si ripeté più tardi con il giornale della Wheaton University, di cui era diventato il caporedattore: vinse il premio come miglior giornale delle università degli Stati Uniti. 

Scrivere ha sempre continuato a essere una parte importante della vita di Guglielmo anche in Italia. Di solito scriveva per un pubblico generico, ma alcuni anni fa aveva a cuore di scrivere un libretto dedicato ai suoi nipoti. In quelle pagine ha raccontato di quell’evento che da giovane aveva cambiato e segnato la sua vita. 

Lui scrive: “Un pomeriggio, mentre camminavo lungo il corridoio della mia università, senza pensare a niente di particolare, mi sono fermato a leggere gli annunci degli studenti affissi su una bacheca.

“Tra i vari annunci di libri usati in vendita e offerte di piccoli lavori occasionali ho notato qualcosa di nuovo. Era una breve poesia. Ha cambiato la mia vita per sempre. 

“Non ricordo se fosse scritta a macchina o a mano, ma era su un cartoncino. Le sue parole semplici erano chiare: «Solo una vita: ben presto passerà. Solo ciò che è fatto per Cristo durerà.»

“Avevo 17 anni. Avevo creduto a Gesù come mio Salvatore quando ero molto giovane. Avevo ascoltato molti, direi centinaia, di sermoni, avevo imparato a memoria molti versetti della Bibbia, ero convinto che fosse una buona cosa essere un buon cristiano. Ma quella poesia ha cambiato la mia vita.”

un amore nato in cielo

Coloro che l’hanno conosciuto, sanno che Guglielmo ha vissuto tutta la sua vita con quelle parole incise nel suo cuore.

Arrivato in Italia, si era messo a studiare con diligenza la cultura e la lingua italiana. 

Amava l’Italia e gli italiani, e ne aveva trovata una che amava più di tutti e l’aveva sposata. 

Guglielmo e Maria Teresa erano uniti dallo stesso desiderio: quello di conoscere Dio meglio per poterlo servire e per adoperarsi per le cose che hanno un valore eterno, perché sono fatte per Cristo.

Sarebbe impossibile elencare uno a uno le centinaia di opuscoli, le decine di libretti, gli oltre 650 numeri della Voce del vangelo, le centinaia di predicazioni e le innumerevoli inserzioni evangelistiche nei giornali, scritti da Guglielmo e Maria Teresa. Oppure le numerose conferenze e i campeggi in cui lui è stato oratore. Quanti viaggi, quante visite, quante migliaia di conversazioni col solo desiderio di servire Cristo!

È chiaro che tutto questo non sarebbe stato possibile senza la mano amorevole di Dio nella vita di Guglielmo e Maria Teresa. Loro sono stati fedeli, ma Dio lo è stato ancora di più, e ha benedetto la sua opera al di là delle loro capacità umane. 

l’efficacia delle piccole cose

Guglielmo e Maria Teresa hanno avuto grande influenza su tante vite – lo testimoniano i numerosi messaggi di condoglianze e di ricordi che ci sono giunti di recente – ma l’impatto maggiore lo hanno avuto sui loro figli e le loro famiglie.

Guglielmo è andato col Signore durante la pandemia del COVID-19, quando non si poteva viaggiare e non si potevano celebrare funerali. Così tutta la famiglia, dai figli ai nipoti, fino ai bisnipoti, si è riunita in videoconferenza, tramite internet, per commemorarlo insieme. 

Con il suo esempio, papà ha influito sulle nostre vite senza che avesse mai cercato di forzare nessuno a seguire le sue orme. Come pastore, era soddisfatto dell’idea che ognuno servisse il Signore in qualsiasi cosa facesse. Dei suoi figli infatti Daniele guida una chiesa a Milano, Stefano a Firenze e Davide a Roma, mentre Deborah serve fedelmente nella chiesa che frequenta in Svizzera. 

Di noi quattro, io sono quello che ha lavorato accanto a lui più da vicino, per cui riconosco l’evidente grande influenza che ha avuto su me. E, pensandoci, mi accorgo che sono le “piccole cose” che mi hanno insegnato di più.

Papà e mamma hanno scritto tanto sull’educazione dei figli. Ne hanno parlato nei loro libri, negli articoli sulla Voce del vangelo e nelle rubriche come “Un pizzico di sale” e “A casa nostra”, che si basavano su piccoli episodi vissuti in famiglia. Tutto quello che hanno scritto sui miei fratelli e mia sorella è vero. Nel mio caso (Davide) probabilmente hanno ritenuto più saggio non raccontare tutte le mie bravate.

Sin da piccoli papà ci aveva sempre coinvolti, in qualche misura, nel suo ministero. Ci portava con sé quando andava a Piazza San Giovanni a Roma a fare le riunioni all’aperto. Noi cantavamo e lui predicava. È così che è cominciata quella che poi è diventata la chiesa Berea a Roma, una chiesa energica, che a sua volta ha avuto un impatto non indifferente in tutta Roma e in Italia.

Ricordo quando da bambino papà mi svegliava alle cinque di mattina per accompagnarlo in sala ad accendere le stufe, in modo che il locale fosse caldo per l’arrivo dei credenti. Lo ha fatto fedelmente per anni. C’erano altri che avrebbero potuto dargli il cambio, ma non l’ho mai sentito lamentarsi, e io, francamente, ero felice di andare con lui, specialmente da quando aveva cominciato a permettermi di accendere le stufe da solo!

Ricordo anche quando andavamo insieme per strada a distribuire foglietti di evangelizzazione, e le ore interminabili in ufficio ad aspettarlo mentre si incontrava con qualcuno venuto a parlargli dei problemi che stava affrontando. 

Mi ricordo quando portava tutta la famiglia a fare degli studi biblici in casa di persone che stava curando, e noi piccoli, immancabilmente, ci addormentavamo. 

Una volta ha accolto in casa nostra dei bambini che avevano perso il padre, nella speranza di poter avere un’influenza spirituale sulla loro vita. 

Diventati più grandi, papà pagava Daniele e me per spedire LA Voce del vangelo. In quegli anni la spedizione richiedeva un bel po’ di lavoro. In questo modo mio fratello e io potevamo osservare la fedeltà di Dio nel lavoro dei nostri genitori e la loro fedeltà a Lui.

Papà amava scrivere, ma non gli piaceva la parte amministrativa del lavoro in ufficio. Non se n’era mai lamentato, ma quando avevo visto andar via, per motivi personali, alcuni dei suoi collaboratori che si occupavano della contabilità, presi una decisione. Dopo l’università, se Dio lo avesse permesso, sarei tornato in Italia e me ne sarei assunto io la responsabilità, in modo da lasciare papà libero di dedicarsi a quello che amava.

verità, senza compromessi

Nel 1986, dopo i miei studi negli Stati Uniti, sono rientrato in Italia a lavorare in ufficio con papà. A volte lo chiamavamo l’Associazione Verità Evangelica, a volte l’Istituto Biblico Bereano, ma più spesso semplicemente La Voce del Vangelo. È stato proprio in quegli anni che ho potuto osservare con più attenzione e più cognizione di causa il ministero di Guglielmo.

La sua grande passione era che il vangelo fosse annunciato con chiarezza. 

Desiderava che le persone non solo comprendessero bene la buona notizia, ma che potessero anche crescere nella loro fede, e nella loro conoscenza delle Scritture. Gli premeva che ogni credente e tutte le chiese evangeliche in Italia fossero fedeli all’insegnamento biblico, cominciando da lui stesso, dal suo ministero e dalla chiesa di cui era il pastore.

Guglielmo è conosciuto in Italia per la sua purezza dottrinale e per il suo attaccamento semplice, ma profondo, alla Parola di Dio. Ha condotto le sue battaglie, ma lo ha fatto sempre con rispetto, con umiltà. Era uno che studiava a fondo gli argomenti ed era preparato in quello che affermava e insegnava. Ma non ha mai cercato di mettersi in mostra. 

Non parlava mai male delle persone che avevano una posizione dottrinale diversa dalla sua. Infatti, mi stupivo quante volte riusciva a non reagire in modo negativo quando gli altri lo criticavano e lo denigravano. Per la verità, molti di quelli che non condividevano le sue convinzioni dottrinali lo rispettavano per questo suo atteggiamento sobrio e non ostile.

 Durante il suo lungo ministero, Guglielmo godeva dell’amicizia che aveva con altri ministri e servitori di Dio, e parlava spesso di loro con molta ammirazione. Uomini di fede di diverse estrazioni, cultura e esperienza, come Abele Biginelli, Gian Nunzio Artini, Giona Prencipe, Samuele Negri, Pasquale Di Nunzio, René Pache, George Werver, Francis Schaeffer, Richard Wumbrand, John MacArthur e tanti altri. Alcuni lo hanno preceduto in cielo, altri continuano a servire Dio. 

Guglielmo aveva a cuore non solo questi, ma in modo specifico tutti quelli che si impegnano per il Signore con semplicità, lontani dai grandi riflettori, ed era preoccupato che fossero fedeli alla Parola di Dio.

Servire. Non primeggiare

“Solo ciò che è fatto per Cristo durerà” era il leitmotiv anche del modo in cui Guglielmo conduceva la chiesa che Dio gli aveva permesso di fondare a Roma. Servendo accanto a lui, ho potuto osservare la sua dedizione e l’accuratezza con cui insegnava. Ha fatto di tutto per assicurarsi che non esponesse mai idee sue, ma che tutto il suo insegnamento onorasse pienamente Cristo e la sua Parola.

Con l’aiuto del Signore, ha potuto formare altri uomini desiderosi di dedicarsi all’opera di Dio, come lui. Alcuni di questi sono andati a servire come anziani in altre chiese, altri hanno fondato nuove chiese e altri ancora sono rimasti nella chiesa Berea. Guglielmo pregava per tutti loro e, negli ultimi anni, quando era giunto il momento di ritirarsi e lasciare la conduzione della chiesa agli altri, ha continuato a pregare per le guide. 

Questa sua ferma fiducia in Dio nel pregare lo caratterizzava. Se, per esempio, osservando l’andamento della chiesa, vedeva che non tutto veniva fatto esattamente come lui si sarebbe augurato, pregava per la saggezza delle guide. 

Così era anche con me nel lavoro in ufficio: sono sicuro che non ho fatto tutto esattamente come papà avrebbe voluto, ma non si lamentava di questo. Anzi, mi incoraggiava quando scrivevo gli articoli per La VOCE, e quando bisognava cambiare qualcosa, in uno scritto o nel nostro lavoro in ufficio, era pronto al cambiamento.

Uno strappo doloroso

La vita di Guglielmo cambiò drasticamente con la morte della sua amata moglie Maria Teresa, nell’agosto del 2013. 

Mamma e papà dicevano sempre che desideravano morire insieme; non riuscivano a immaginare una vita l’uno senza l’altra. 

Non penso che mamma conoscesse la poesia che aveva cambiato la vita a papà prima che si incontrassero, ma è stato certamente anche il suo motto, prima da nubile e poi da sposata. La colla del loro matrimonio era proprio il condiviso desiderio di fare tutto per Cristo. 

Noi figli, pensando alla loro vecchiaia, dicevamo che mamma avrebbe fatto meno fatica ad andare avanti da sola se fosse rimasta vedova, ma non era nei piani di Dio. 

La calma, la pace e la risolutezza con cui papà ha continuato a servire il Signore, in mezzo al suo lutto, è stato un esempio per mia moglie e me nei quattro anni che ha vissuto con noi. Con l’aiuto del Signore, quelle parole “Solo una vita: ben presto passerà. Solo ciò che è fatto per Cristo durerà” hanno continuato a ispirare papà infondendogli determinazione e desiderio.

L’ultima stagione

Verso la fine del 2017, diventando sempre meno indipendente e vedendo le sue forze affievolirsi, papà si è trasferito a Milano per vivere con Daniele e la sua famiglia. Lasciare la sua chiesa, il ministero, e la città dove aveva servito per settant’anni, non è stato facile per lui. Ma anche in questa nuova stagione il suo amore per il Signore non si è affievolito, e desiderava ancora che Dio lo usasse. Amava parlare di come ognuno dei suoi figli serve il Signore, e pregava per noi e per ognuna delle chiese in cui lavoriamo. 

Guglielmo ha vissuto il suo ultimo anno in una casa di cura, e benché le sue forze e la sua autosufficienza fossero ridotte, il suo desiderio di servire il Signore non lo era affatto. Quando andavo a trovarlo, mi chiedeva continuamente come procedeva LA Voce del vangelo. Era tanto contento che LA Voce fosse di nuovo composta da otto pagine come lo era stata per i primi 50 anni. Parlavamo anche dei soggetti e temi che riteneva importanti per i nostri lettori, e che voleva che fossero trattati in un prossimo futuro. 

Poi la conversazione volgeva su come Dio voleva servirsi di lui in quella struttura. Mi raccontava di ogni occasione che aveva avuto di dare un libretto o dire una parola a qualcuno. 

Parlava anche del fatto che era pronto e desideroso di andare in cielo, ma era una decisione che spettava a Dio. Nel frattempo voleva solo essere usato dal Signore, voleva che la sua vita potesse ancora influenzare qualcuno. 

Sono convinto che il 30 marzo, quando è andato col Signore, Guglielmo ha sentito il Signore pronunciare le parole: “Ben fatto, fedele servitore!” In un certo senso, noi che siamo rimasti, siamo la dimostrazione che “solo ciò che è fatto per Cristo durerà”. A cominciare dai suoi quattro figli e tutti coloro che sono stati toccati dal Signore attraverso la sua vita.

Nuovi germogli

Negli ultimi mesi, papà aveva due letture preferite: la Bibbia, e un libro di meditazioni su salmi che avevo scritto in inglese. La sua copia era piena di sottolineature e note sui margini della pagina. Desiderava tanto che il libro fosse tradotto anche in italiano. Perciò era felicissimo, quando, in occasione del suo 93° compleanno, febbraio scorso, mi sono seduto con lui e gli ho potuto dare la notizia che stavamo completando la traduzione. 

Ho chiesto se se la sentisse di scrivere una prefazione, e gli si sono illuminati gli occhi. Ci siamo lasciati con l’intesa che alla mia prossima visita mi avrebbe dettato la sua prefazione. 

Non ci siamo più visti! Mi domando cosa direbbe oggi se potesse dettarla adesso che la fede è finalmente diventata visione per lui, alla gloriosa presenza di Cristo, colui per il quale ha vissuto la sua vita. È certamente passata in fretta, ma l’ha vissuta per le cose eterne.

Con la morte di Guglielmo, circa dopo 7 anni dalla morte di Maria Teresa, se ne va una parte importante della storia del mondo evangelico in Italia. 

Noi dell’Associazione Verità Evangelica ci impegniamo a continuare l’opera con lo stesso attaccamento alla Parola di Dio, e con lo stesso desiderio di provvedere materiale utile per l’evangelizzazione e per la cura dei credenti. 

E spuntano già i primi germogli di quest’opera del 2020: nuovi progetti editoriali di libri, corsi biblici, libretti e foglietti di evangelizzazione che vogliamo mettere a disposizione dei credenti. Vi chiediamo di pregare per noi mentre li stiamo preparando. Come potete immaginare, questo periodo del coronavirus ha avuto un impatto anche sul nostro ministero e sulle finanze necessarie per portare avanti il lavoro.

Siamo grati al Signore di poter continuare a servirlo col vostro sostegno. 

– Davide Standridge

 

Avviso ai nostri lettori 

A  causa delle restrizioni del Covid-19, non è stato possibile pubblicare La Voce del Vangelo a maggio e giugno. Ci scusiamo con voi.

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