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La Voce del Vangelo

La VOCE febbraio 2021

Mi hanno fatto un regalo. 
Non metto un punto esclamativo perché, mentre lo scartavo tutto felice, ho riconosciuto subito quel logo gialloblu, e il mio sorriso si è pietrificato in una mezza smorfia imbarazzata. 

Speravo fossero le polpette svedesi; quelle almeno non si devono montare…

Mi rende nervoso dover montare i prodotti di quella Casa, semplicemente perché, dopo aver assemblato con tanta fatica il mio acquisto, non vorrei ancora una volta ritrovarmi con qualche pezzo in più che non ho idea di dove mettere. 

Anche quando mi tocca aggiustare qualcosa ho sempre una punta di apprensione per lo stesso motivo: smonti, ripari, rimonti e ti ritrovi in giro quel fatidico pezzo in più! 
Allora ti chiedi: “Era così importante o ho creato qualcosa di nuovo?!” 
Se poi non funziona, allora poco male, tanto non funzionava neanche prima!

Non so se anche tu hai notato che nelle chiese certe volte ci sono dei pezzi in più, quelle persone che per qualche motivo sono difficili da collocare, ma che non sembra perché vengono a tutte le riunioni. 

Dopo tanto tempo non si sono ancora ben inserite. 

Cosa possiamo fare noi, se questa difficoltà le fa sentire escluse?

Membri di un corpo particolare

Un passo della Bibbia in cui si parla di questo, in Efesini 4:16, dice che “Da [Cristo] tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore.”

Il corpo di cui parla è proprio la chiesa, ossia l’insieme dei credenti. L’apostolo Paolo la descrive in questo modo: 

Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno. 
Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l’uno dell’altro. 
Avendo pertanto doni differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, se abbiamo dono di profezia, profetizziamo conformemente alla fede; se di ministero, attendiamo al ministero; se d’insegnamento, all’insegnare; se di esortazione, all’esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia. –Romani 12:3-8

È evidente che la chiesa è formata da persone tutte diverse fra loro, ma proprio sulla base di questa diversità il Signore gli dà dei doni spirituali e un ruolo specifico che ha preparato per loro. 
Ognuno dovrà trovare lo spazio per mettere al servizio degli altri ciò che è, e quello che può fare. 

Le parti del corpo (i credenti) devono fare attenzione a non inorgoglirsi e a mantenere un atteggiamento sobrio. Sono chiamati da Dio a svolgere bene i loro compiti, servendo gli altri con gioia. E nessuno di loro è messo lì a caso o è inutile. Dio dà a tutti un ruolo importante e impegnativo!

Paolo scrive: 

Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo. 
Infatti, noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito. Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. 
Se il piede dicesse: «Siccome io non sono mano, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo. 
Se l’orecchio dicesse: «Siccome io non sono occhio, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo. 
Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? 
Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. Se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il corpo? 
Ci sono dunque molte membra, ma c’è un unico corpo; l’occhio non può dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né il capo può dire ai piedi: «Non ho bisogno di voi». 
Al contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli, sono invece necessarie; e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro, mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava, perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. 
Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui. 
Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua. –1 Corinzi 12:12-27

Gesù ha affermato che lui stesso edifica la chiesa. Perché è sua.
Con attenta e minuziosa precisione colloca ogni persona nel posto giusto, per il bene di lei e di quelli che le sono stati messi accanto.

Infatti nel passo di Corinzi si evidenzia che ogni membro partecipa attivamente alla cura delle altre parti del corpo. Se un membro soffre gli altri soffrono con lui, se uno è onorato anche gli altri partecipano all’onore. Ciò che vive uno non si può scindere dall’altro. Dio ha deciso che così deve funzionare la sua chiesa.

Perciò quando non onoriamo un altro membro della chiesa, stiamo venendo meno alla nostra responsabilità. E questo produrrà inevitabilmente divisione.

Se sei un credente, hai capito qual è il tuo ruolo? 

Ma a prescindere da questo, cosa stai facendo in pratica per curare gli altri? Sei del tipo che quando arriva porta più unità o genera divisione?
Le tue parole verso l’altro, sono efficaci nell’accogliere o fanno sentire rifiutati? 
Credi di avere un ruolo marginale o hai capito quanto sei importante per Dio? 

Non ci troviamo nella nostra chiesa per puro caso, ma siamo fondamentali, qualsiasi cosa facciamo o non facciamo.

Sbilenco

C’è da dire però che la chiesa è un corpo strano: è formato da malati! Questo perché Cristo non è venuto per i sani bensì per i malati, i peccatori, e con la salvezza, attraverso la rigenerazione, egli guarisce ogni persona dalla sua condizione di peccato. 
Così la radice del problema è risolta. 

Ma è pur vero che ognuno continua a portarsi dietro gli strascichi della sua “malattia”. In fin dei conti siamo tutti persone “rotte” che Dio deve aggiustare, e certe riparazioni richiedono tempo, a volte anche tutta la vita. 

La Bibbia però ci rassicura sul fatto che Dio continua a lavorare con attenzione nella vita di ogni credente, con un progetto ben preciso, dei risultati che ha già in mente e... con l’amore di Padre.

Il lavoro di trasformazione che il Signore fa nei credenti, non va alla stessa velocità per tutti, quindi nella chiesa ci sono diversi gradi di maturità. 

Alcuni per esempio capiscono subito come servire Dio e cosa fare, altri al contrario si sentono sempre inadeguati e incapaci di fare qualsiasi cosa, e si tengono in disparte. Altri invece si sentono già arrivati, aspirando a quello per cui ancora non sono pronti. 

La chiesa è un corpo complesso, ma è il posto che Dio ha prestabilito dove si realizza la crescita dei veri credenti, quelli che desiderano piacere a Dio. 

Scoprire il nostro ruolo, anche se non facile, è necessario.

A volte in una chiesa succede come con i mobili da assemblare: ci ritroviamo in mano qualche “pezzo” che sembrerebbe superfluo perché non sappiamo bene dove mettere. 

Ci sono i “pezzi” più complicati, gli adolescenti per esempio, i single un po’ avanti negli anni, quelli che hanno il coniuge non credente, i divorziati con figli, gli anziani con tutti i loro acciacchi, le vedove, i vedovi… Tutti quelli che non sono automaticamente collocabili nella chiesa a volte vengono trascurati.

Non è raro che il credente stesso, pieno di buona volontà, trovi il proprio posto nel servizio cristiano. Ad alcuni viene facile, ma questo non deve mai spingerci a criticare quelli che non si inseriscono con la stessa facilità. 

Paolo scrive che quando un membro soffre tutto il corpo ne risente. 

Le membra che, per un motivo o per un altro, non si inseriscono nel loro posto nel corpo, non fanno male solo a sé stesse ma a tutto l’organismo. 

È qualcosa che crea sofferenza e diminuisce il vigore, la forza e il benessere di tutto il corpo.

Pensiamoci un momento: che cosa ho fatto per rendere più facile l’inserimento dei fratelli in fede nella mia chiesa? Sono di aiuto o di ostacolo in questo? Quanto sono consapevole del peso che può avere il mio incoraggiamento verso le persone?

Credere che sia solo compito dei responsabili è un grave errore. Tutti i passi che abbiamo citato mettono su tutto il corpo, nella sua interezza, la responsabilità di accogliere, curare e servire gli altri.

Né carne né pesce 

L’adolescenza è quell’età in cui cominciano a farsi sentire le tante pressioni dall’esterno, e spesso è difficile per i genitori capire come aiutare i ragazzi. 

In questa fase della crescita molti cominciano a lasciare la chiesa. E qualunque sia la causa, dovrebbe essere anche un problema nostro, perché abbiamo tutti il dovere di fare in modo che si inseriscano nella chiesa, con un ruolo che li faccia sentire utili, che li responsabilizzi e che sia di supporto al servizio. 

Potremmo iniziare da ciò che sanno fare meglio. Per esempio la tecnologia per gli adolescenti di oggi è pane quotidiano. Ma ci sono tante cose in cui possono aiutare, basa stimolarli e usare l’ingegno. 

Curare la vita spirituale di un adolescente ha la sua difficoltà perché la loro personalità si sta formando ancora, il corpo cambia, tra gli amici ricevono stimoli opposti a quelli spirituali, sono scostanti, si sentono incompresi e per questo non si aprono. Diciamolo: è complicato relazionarsi con loro e ci vuole tanto tempo, pazienza e originalità.

Ecco che può arrivare il problema: per gli adolescenti è facile lasciare il corpo, e il corpo non fa fatica a lasciarli andare! 

Non possono e non devono essere ignorati, né trattati da bambini perché immaturi. Piuttosto devono essere aiutati a maturare. 

I genitori credenti nella chiesa devono trovare validi alleati per curare i loro figli adolescenti. Sia i figli che i genitori hanno bisogno di ricevere l’aiuto adatto, capire il ruolo che Dio gli ha dato, e anche il posto dove poter sviluppare i propri doni per il bene di tutti. 

Affinché questo accada, servono fratelli e sorelle che siano pronti ad investire tempo e sforzi per prepararli a servire bene. Ovvio che questo richiede un lavoro difficile, e tanto amore.

Della terra di nessuno

Gli adolescenti crescono e diventano i single. Alcuni pensano che il matrimonio sia un segno di maturità, e che quelli che non si sposano rimangono in qualche modo “nella terra di nessuno”. Ovviamente non è così. Un anello al dito non è garanzia di una persona matura. 

Da una parte i non sposati dovrebbero essere il gruppo che si inserisce più facilmente nel corpo-chiesa. Paolo incoraggiava i single a rimanere in quella condizione, perché è quella in cui si ha più tempo per servire. 

Molti di loro servono nella chiesa con serietà e zelo, ma spesso non si inseriscono facilmente. Portano avanti le loro responsabilità, ma possono vivere la vita di chiesa in grande solitudine. 

Alcuni non hanno la famiglia credente o vivono lontani da casa. Potrebbero sentirsi soli e non dirlo, perché sarebbe un segno di debolezza che non vogliono far vedere. 

Non tutti soffrono la solitudine, anzi hanno bisogno di più tempo per sé stessi. Ma essendo liberi e abituati a vivere da soli, può facilmente accadere che rimangano troppo concentrati su loro stessi. 

La chiesa deve assolutamente usufruire del loro servizio cristiano, ma deve essere anche la loro famiglia, dove trovare calore, accoglienza, condivisione, “cibo”. 

E se qualche volta declinano un invito a partecipare a qualche attività, attenzione a non dirgli: “Tanto tu hai più tempo!” solo perché non hanno figli e non sono sposati. A volte fanno anche di più di chi ha responsabilità familiari.

In Italia ci si sposa sempre meno, perciò nelle nostre chiese ce ne sono di single, e saranno sempre più numerosi. Bisogna essere consapevoli che sono un dono per la chiesa, ma anche una nostra responsabilità. Devono trovare protezione e cura per la loro crescita spirituale, per il confronto, per la comunione e un posto dove la loro tendenza a isolarsi eccessivamente sia combattuta per un giusto equilibrio.

I single spirituali

Ci sono persone sposate che sono single nella fede. 

Nelle nostre chiese abbiamo credenti il cui coniuge non lo è. Non è difficile intuire che vivono difficoltà, perché in una certa misura sono ostacolati nel loro cammino cristiano. La realtà spirituale è un aspetto della loro vita di coppia che non è condiviso. 

Anche quelli che hanno più libertà di vivere secondo la loro fede devono comunque conciliare la vita di famiglia e la vita di chiesa. 

Essendo anche loro una parte vitale del corpo di Cristo, la chiesa, Dio li ha equipaggiati come gli altri con suoi doni spirituali, e come tutti gli altri hanno un ruolo da svolgere. 

Il loro campo di missione primario è la famiglia. Trovare comprensione e sostegno dai fratelli, li aiuterà a saper conciliare le proprie responsabilità come credenti con quelle tra le mura domestiche. 

I due ruoli potrebbero andare in conflitto, perciò i fratelli e le sorelle più maturi devono essere un punto di riferimento per consigliarli e guidarli nel loro cammino per niente facile. 

Attenzione: anche se superfluo vorrei però ricordare che in questo gli uomini devono camminare accanto agli uomini, e le donne accanto alle donne. 

Nel nostro paese, fondamentalmente cattolico, “i single nella fede” sono numerosi, e hanno bisogno di trovare il servizio adatto ai loro doni, compatibile con la loro situazione familiare. I modi ci sono per aiutarli, ma anche qui c’è bisogno di ingegno, attenzione, tempo e dare fiducia. 

Strappi e rammendi

Un gruppo crescente e difficile sono i divorziati e i separati. 
Da alcuni anni questa categoria di credenti è sempre più numerosa. 

Nelle nostre chiese, di solito piccole, si fanno tante attività dirette a tutti: ai bambini e ai giovani, alle persone anziane, alle donne, alla cura delle coppie. Ma bisogna ammettere con dispiacere che è difficile curare nello specifico chi è separato. Eppure, sicuramente in ogni chiesa locale una piccola percentuale di credenti è separata o divorziata. 

Queste famiglie sono strattonate da diversi problemi specifici proprio a causa del divorzio. Spesso hanno figli, e sono come quelle famiglie con un solo genitore. Anche per loro il Signore fa lo stesso: per chi si pente e si converte a Cristo, Lui dà doni e compiti da svolgere. 

Come possono trovare un ruolo e la collocazione più adatta nella chiesa? 

Intanto si può iniziare scoprendo il proprio dono spirituale da mettere a servizio degli altri. E si prosegue con lo studio personale della Parola di Dio, l’incoraggiamento alla condivisione coi fratelli e, cosa indispensabile, un tempo a tu per tu con un fratello (o una sorella per le donne) più maturo nella fede, da cui non sentirsi giudicato, ma che porti i pesi insieme, preghi insieme e con cui consigliarsi liberamente, con discrezione dell’altro. 

È bello vedere dei credenti che sono pronti a fare da zii e zie, da nonni o fratelli maggiori ai bambini di chi è divorziato. È contagioso, e ci dà la spinta a imitarli. 

La terza stagione

Le persone anziane, i vedovi e le vedove, sono altra parte integrante della chiesa. Ho avuto il privilegio di vivere con un vedovo per diversi anni. Papà era uno che aveva servito il Signore fedelmente per decenni, probabilmente per più anni dell’età della maggioranza dei nostri lettori.

Ha affrontato la vedovanza con maturità e grande attaccamento al Signore, ma non gli è stato risparmiato comunque dover affrontare il senso di perdita, la solitudine e il cambiamento che accompagna questa stagione della vita. 

Passare da una perfetta autonomia alla sempre maggiore dipendenza dagli altri non è facile, e affrontare e accettare la realtà del corpo che “si disfa” è molto pesante. Confrontarsi con il cambiamento di ruolo nella chiesa può essere doloroso. 

Il corpo-chiesa deve essere sensibile su come accogliere in modo utile, trovare un ruolo adatto, capire come amare e onorare questo gruppo di santi. Deve sapere come accompagnarli nell’autunno della loro vita e usufruire dei doni che hanno, facendo tesoro della loro esperienza. Sono una grande ricchezza, e hanno tanta saggezza di vita vissuta da condividere, consigli validi da dispensare e incoraggiamento e ascolto da ricevere.

E questo non è sempre facile, perché li vediamo fragili, stanchi, a volte si lamentano o stanno male. 

Ma ci sono i modi più semplici con cui cominciare, come telefonare o andare a fare la spesa per loro, o meglio accompagnarli nelle loro necessità o fare una semplice passeggiata. Ma credo che ci siano idee più ingegnose e meno scontate, basta mettere in moto il meccanismo.

Meglio delle polpette! 

Ho finito di montare il mobile che mi hanno regalato seguendo le istruzioni, eppure, come da copione, mi ritrovo con qualche pezzo di cui non so proprio che farmene! 

Forse non sei come me, e queste cose non ti fanno sentire frustrato. Ma a me fa questo effetto, e nel dubbio metto da parte quel pezzo cercando di intuire se sia veramente necessario. Alla fine lascio perdere. 

Nella chiesa però non ci sono pezzi in più. L’inserimento lo fa Dio in persona! 

Noi abbiamo comunque la responsabilità di essere un corpo che accoglie volontariamente, cura, onora e ama ogni membro che ne fa parte, di qualsiasi gruppo. 

Il nostro compito è gioire e soffrire insieme a loro. Questa cura individuale comincia da me e da te. Il dono spirituale che il Signore ci ha dato da quando ci siamo convertiti a Cristo, lo abbiamo ricevuto proprio per questo.

Allora, usiamolo bene!

— D.S.

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