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La Voce del Vangelo

La VOCE gennaio 2022

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Un pizzico di sale "Cani ai guinzagli divini" 


Come si prospetta il 2022 appena cominciato? Sarà un altro anno sotto scacco del Covid e di altre sue varianti? Un altro anno di incertezze sul lavoro, la scuola e la salute?

Dai discorsi che sento, è evidente che la gente ha ancora molta paura.

Alcuni hanno talmente paura di contagiarsi che vanno oltre ogni minima prescrizione e raccomandazione delle autorità sanitarie. Altri fanno tutto l’opposto, perché temono di più le possibili conseguenze del vaccino o anche l’intrusione del governo nella vita privata.

A parte la pandemia che ha colpito il mondo intero, in Italia, secondo un’indagine Istat, 444.000 persone hanno perso il lavoro nel 2020.
Dall’inizio di quest’anno a fine agosto si contano 413 suicidi e 348 tentativi.
Dal 1° gennaio al 30 settembre, sulle strade della Capitale, la Polizia Locale è intervenuta per i rilievi di 19.139 incidenti.

Bastano questi tre dati rilevati a presentare un quadro tetro e triste, ma reale. La vita è piena di incognite ed eventi sui quali non abbiamo nessun controllo, che possono contribuire a creare un’atmosfera di paura nella vita delle persone. 

Vivere nella paura non è di certo salutare, ma è anche vero che non avere paura di niente è da incoscienti!

Dove si trova l’equilibrio tra questi due poli opposti? 
La paura è giustificata oppure quando ho paura sto peccando?

Per alcuni versi la paura è un dono di Dio. Infatti, siamo stati creati capaci di provarla perché fossimo allarmati sui pericoli, ma anche saggi nelle nostre scelte.

Qualche esempio. Vedere per strada qualcuno che inizia a sparare, ci porta immediatamente a nasconderci e metterci in salvo. È ovvio, giusto e sarebbe folle non farlo.

È prudente guardare in tutte e due le direzioni prima di attraversare la strada per non essere investiti.

Ed è un segno di saggezza pagare l’assicurazione dell’auto per non dover sborsare di tasca nostra somme esorbitanti in caso d’incidente.

Ma è un danno grave se la nostra vita è condizionata dall’ansia, perché la paura quando è esagerata, costante e non ha la funzione prevista da Dio, ci fa perdere di vista Lui e la sua sovranità.

La paura è entrata nel mondo con la caduta di Adamo ed Eva, diventando la compagna di vita dell’uomo. All’improvviso l’uomo aveva cominciato ad avere paura di Dio, del giudizio degli altri, delle circostanze, del futuro, della morte… Una cappa di paura è scesa sull’umanità. 

Temere la morte e le conseguenze del peccato, però, non è esagerazione, anzi. Infatti non solo è giusto, ma è qualcosa che dovremmo augurare a tutti, perché “il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 6:23).

La Bibbia attesta chiaramente che “è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27).

La maggior parte delle persone fa di tutto per sopprimere queste verità. Perciò l’Apostolo Paolo ha scritto in Romani 1:18 che “l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia.”

Gli uomini cercano di intorbidire la loro consapevolezza dell’esistenza di Dio e della sua giustizia con pensieri, parole e atti ingiusti. Esorcizzano le loro paure esistenziali creando falsi dèi simili a loro, che non gli fanno paura. 

Invece è giusto, e addirittura salutare per il corpo (Proverbi 3:7,8), temere il vero Dio, ma non fare come Adamo ed Eva che pensavano di potersi nascondere tra i cespugli dopo aver peccato.

Esiste però anche una paura malsana, opposta a quel “dispositivo di sicurezza” progettato da Dio, perché è una delle terribili conseguenze del peccato di Adamo. 

È una paura che non aiuta a vivere meglio, non avvicina l’uomo a Dio, non lo rende più avveduto. Al contrario, lo rende ansioso e lo paralizza al punto di non riuscire a reagire correttamente a ciò lo terrorizza, rendendo la sua vita terribile. 

Nessun figlio di Dio dovrebbe cadere vittima di questo tipo di paura. Dalla Genesi fino all’Apocalisse, infatti, volta dopo volta Dio ripete: “Non temere!”

Nel solo libro di Isaia, dal capitolo 40 al 54, lo ribadisce per ben dieci volte al popolo d’Israele terrorizzato da quello che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco. Il Signore gli vuole ricordare verità importanti per rassicurarlo, dicendogli: “Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia” (Isaia 41:10).

Mentre è vero che bisogna fare molta attenzione a non applicare a noi indistintamente qualunque promessa fatta a Israele (perché la chiesa non ha sostituito Israele nel piano di Dio), ci sono verità eterne per le quali è giusto pensare che queste parole bellissime di Isaia si possano applicare anche ai credenti di oggi. 

Per esempio, all’inizio del capitolo 41 di Isaia, Dio afferma la sua sovrana onnipotenza sulle nazioni e su ogni cosa che accade nell’universo. 

Poi, nei versetti 8 e 9, rivolgendosi direttamente a Israele, dice che lo ha scelto e che questi è il suo servo. 

Sappiamo che il Signore, ancora oggi, ha il totale controllo su tutto. Non accade nulla che sia al di là del suo potere e della sua conoscenza. Gesù ha precisato che nemmeno un passero cade in terra senza che Dio lo sappia e che l’abbia permesso. Nulla è quindi cambiato dai giorni di Isaia fino ai giorni nostri: Dio rimane onnipotente e sovrano eternamente. 

Come per Israele, scelto da Dio come suo tesoro particolare tra le nazioni, ci sono tanti versetti nel Nuovo Testamento che affermano similmente che Dio sceglie i credenti di oggi, e che anche loro sono suoi.

Nel versetto di Isaia, Dio chiama Israele suo servo. È stato un servo tutt’altro che perfetto, perché spesso si è allontanato da Lui, ma un giorno, nel regno di mille anni di Cristo, Israele redento svolgerà di nuovo il suo ruolo glorioso di servo dell’Altissimo. 

Nel Nuovo Testamento i credenti sono chiamati servi di Cristo. Più precisamente, schiavi di Cristo.  A volte dimentichiamo che siamo stati comprati a caro prezzo, che siamo sua proprietà. 

Ma prima di pensare che l’essere proprietà di Cristo sia una cosa negativa, soffermiamoci a considerare il fatto che siamo stati comprati a caro prezzo. 

Paolo scrive: “Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più, dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira. Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita” (Romani 5:6-10).

Il prezzo altissimo che Dio ha pagato per la nostra salvezza dimostra il valore che abbiamo ai suoi occhi. Era ciò che Gesù ha voluto insegnare quando paragonò i discepoli all’uccellino che cade: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?” (Matteo 6:26).

Chiarito questo, non è affatto sbagliato che i figli di Dio siano incoraggiati dalle parole di Isaia a Israele; Dio rivolge la stessa esortazione anche a noi: “Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia” (Isaia 41:10).

Le affermazioni di questo versetto sono dei punti cardine che dovrebbero accompagnarci nell’affrontare i problemi e le vicissitudini di tutti i giorni.

Tu, non temere, perché io sono con te

La prima cosa che Dio vuole che tu capisca è che sei tu il destinatario del suo messaggio. “Tu” è un pronome personale, come se stesse dicendo queste cose direttamente a te.

La seconda cosa che Dio desidera che tu sappia è che Egli conosce e comprende le tue debolezze. “Non temere” implica che Lui sa che tendi a temere. È una tendenza umana, e abbiamo visto che a volte ci sono motivi validi per provare timore. 

La domanda che ci dobbiamo porre, però, è quanto tempo permettiamo che duri la nostra paura. Forse troppo a lungo?

Ogni preoccupazione nasce da circostanze avverse, e se non sappiamo affrontare i problemi, non ci vorrà molto prima che il sentirci sempre in ansia diventi un’abitudine, vivendolo alla fine come uno stato emotivo normale. La consapevolezza della presenza di Dio nella nostra vita – “io sono con te” – deve prendere il posto della nostra abitudine all’ansia, e dissolvere questo debilitante stato emotivo. O quantomeno ridimensionarlo.

Il Signore, infatti, non dice “non avere paura quando sono con te”, ma “non avere paura perché io sono con te.” 

È un’affermazione che ha dell’incredibile. Dio non è come un’ambulanza che viene solo se chiamata in soccorso. Lui è sempre con noi!

È la stessa verità che troviamo nel Salmo 23 al versetto 4: “Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza.”

Perfino davanti alla morte la presenza di Dio mi dà tutto ciò di cui ho bisogno per dissolvere ogni mia paura.

Egli ha tutti gli strumenti necessari per proteggermi e accompagnarmi nelle difficoltà reali della vita. Infatti, il primo punto cardine che dobbiamo ricordare è che la presenza e la cura attenta di Dio sono l’antidoto alle mie paure.

Non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio

Nel versetto 10, il Signore mostra altre ragioni per non permettere che le nostre paure ci condizionino la vita. 

Non a caso ci comanda di non smarrirci, perché la paura produce disorientamento. Perdiamo di vista i nostri punti di riferimento, e non siamo più capaci di discernere dove andare o cosa fare.

Ci riflettiamo, ci documentiamo, ma spesso le scelte sembrano troppo difficili, lasciandoci frustrati e confusi. 

Ecco, allora, la chiave per uscire dalla confusione: Dio deve essere continuamente il nostro punto fermo. Infatti, proprio perché è immutabile Lui è l’unico punto di riferimento sicuro. 

Ma in pratica, che devo fare per avere Dio come mio punto di riferimento?

Ce lo spiega Giacomo nel suo discorso su come reagire alle prove: “Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore, perché è di animo doppio, instabile in tutte le sue vie” (Giacomo 1:5-7).

Quando cominciamo sentirci smarriti abbiamo un secondo punto di riferimento infallibile che è la Parola scritta di Dio. 

Chiedere con fede vuol dire avere completa fiducia nelle Sacre Scritture, come Giacomo specifica poi: “Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era” (Giacomo 1:22-24).

Sembra assurdo, ma ci sono credenti che reagiscono male a qualunque cosa affermi la Bibbia. “Si è vero, ma la mia situazione è difficile… ma le mie circostanze sono diverse… Sì, Dio, lo so che devo avere fede, ma…!” Rifiutano in partenza la soluzione ai loro problemi.

Ma allora il Creatore di ogni cosa, l’IO SONO, è veramente il nostro Dio? Purtroppo per molte persone (troppe!) non è così, e hanno tanti altri dèi, fallibili, instabili, falsi. E può succedere anche ai credenti di essere tentati di seguire i propri desideri, restare ancorati alle proprie opinioni e preferire autorità diverse da Dio. 

La Bibbia insegna che è giusto che la nostra fede sia messa alla prova, il che serve per dimostrarne la genuinità. 

Se Dio non è davvero il mio pastore, le parole “Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca” si riducono solo una bellissima frase, senza nessun riscontro reale. Al contrario, se mi fido di Lui, se continuo a seguirlo pur non capendo tutto, sarò disposto a ubbidirgli anche quando voci contrarie mi spingeranno a non farlo.

Io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia

Ecco di cosa ho bisogno quando ho paura, quando ho esaurito le mie forze e non ce la faccio più!

Ho bisogno di essere soccorso, tirato fuori dai guai in cui mi sono messo o dalle situazioni che, per colpa di altri, mi stanno sopraffacendo. Ho bisogno di essere fortificato e guidato.

Riconosco che in parte le mie paure nascono dal fatto che vivo in un mondo ingiusto, che si comporta male nei miei confronti, che mi chiede cose sbagliate che Dio non approva. La società è pervasa dall’ingiustizia a tal punto che è molto facile restarne coinvolti, ed è proprio questo che mi atterra e mi spaventa.

Non è un caso che il Signore dica per bocca di Isaia che non devo temere, perché Lui mi sosterrà con la sua giustizia.

La giustizia di Dio trionferà sempre! Quindi, a pensarci bene noi non siamo vittime, perché la potenza di Dio non ha rivali, la sua saggezza non ha limiti e il suo amore per noi non conosce confini, e tutto ciò fa sì che non gli sfugga nulla.

Il problema è piuttosto il fatto che spesso perdiamo di vista il ruolo attivo di Dio nella nostra vita. Attivo, non passivo, né sorpreso dagli eventi o dalle nostre reazioni.

Paolo, che conosceva bene questo problema, pregava che i credenti fossero potentemente fortificati nell’uomo interiore, attraverso una comprensione sempre più grande dell’amore di Dio: “Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell’amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Efesini 3:14-19).

La cura di Dio per noi ha come motore e spinta il suo amore, che va oltre quello che possiamo immaginare. Ecco perché, davanti a ciò che sappiamo dalle Scritture, dovremmo imparare a frenare l’impulso di reagire con un MA, e dire piuttosto: Dio mi aMA!

Affronterò, per grazia di Dio, le incognite del nuovo anno con la certezza che Dio è con me. Supererò situazioni che non ho mai affrontato prima, convinto dell’aiuto concreto di Dio, che è sufficiente per ogni giorno. Prenderò decisioni più grandi di me, affidandomi alla saggezza che il Signore ha messo a mia disposizione nelle Scritture. 

Non dovrò farmi la strada da solo né appoggiarmi sulla mia intelligenza o forza, perché ho preso sul serio il mio rapporto con Dio: Egli è davvero il mio SIGNORE. Io lo servo senza “se” e senza “ma”, lasciandomi correggere, guidare e incoraggiare dalla sua Parola, in modo che la mia comprensione del suo amore sia più grande e consapevole ogni giorno di più.

Sarà un 2022 “da paura”!                 

Davide Standridge

 


Cani ai guinzagli divini

Era una sirena di pompieri, una macchina che portava qualcuno all’ospedale a che cosa? 

Mamma si svegliò. 

No, era Daniele che urlava. 

Mamma corse a vedere che cosa stesse succedendo. Ci mancava solo che con quelle grida facesse svegliare anche gli altri tre! 

Danielino stava seduto sul letto singhiozzando. La sua era paura. Paura selvaggia. 

Mamma cercò di calmarlo. “Hai male di pancia?” No. “Era un brutto sogno?” Le urla ricominciarono. Chiaro: era un brutto sogno. 

“Ma che c’era nel sogno?” 

“Lì sotto... i cani!”

“Ma va là, sotto il letto non ci sono cani. Non c’è niente!”

Mamma prese Daniele in braccio e gli fece vedere che sotto il letto non c’era nulla. 

“Sono andati via, adesso, mamma?” 

“Non ci sono mai stati. Ora mettiti tranquillo.” 

La sera dopo, prima di coricarsi, Daniele mise sotto il suo letto un bastone con una testa di cavallo in cima. 

“Questo si mette nell’angolo, nella scuderia” disse Mamma. 

“No” protestò Daniele, “lui tiene via i cani.” 

L’idea era decisamente pagana, ma la quiete piace a tutti e Mamma pensò che certe sottigliezze teologiche, in ogni modo, non possono essere afferrate da un bambino di quattro anni. La cosa importante era che tutti dormissero in pace. 

“Va bene, per stasera, ma soprattutto non ci pensare. Vedrai che dormirai bene.” 

Invece i cani, puntualmente, ritornarono per varie notti. 

Di giorno Daniele entrava in camera con fare sospettoso, guardava sotto il letto, parlava di cani. Davide e Deborah un po’ lo ammiravano, un po’ si spaventavano anche loro. 

Una sera, Mamma andò accanto al letto di Daniele (il cavallo era in scuderia, sconfitto) e disse: “Ora chiediamo a Gesù di tenere lontano tutti i cani.” 

“Tutti, mamma?” 

“Tutti.” 

Mamma e Daniele pregarono: “Gesù, per piacere tieni lontano tutti i cani da Daniele e aiutalo a dormire bene. Grazie. Amen.” 

Daniele si mise giù con un sorriso di beatitudine completa e di perfetta tranquillità. 

Mamma, mentre spegneva la luce, chiese a Dio di aiutarla a non dimenticare quel sorriso e quella lezione di fiducia. “La fede è certezza di cose che si sperano...” dice la Bibbia. 

E i cani sono tornati? No. “Gesù li tiene legati”, dice Daniele.

M.T. Standridge, "Un pizzico di sale" ristampa del luglio 1962

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