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La Voce del Vangelo

La VOCE maggio 2022

Oggi, come mai prima, la guerra è davanti ai nostri occhi. I mass media la portano nelle nostre case con una crudezza e con un realismo scioccante. Ci si spezza il cuore nel vedere uomini, donne e bambini che muoiono senza avere colpa, se non quella di essere nati in una certa nazione.

Il Nuovo Testamento aveva predetto che il mondo sarebbe stato colpito da guerre, terremoti, carestie e catastrofi sempre più gravi. Se da un lato questo è per il credente un segno del glorioso ritorno di Cristo, dall’altro è chiaro che le guerre e i terremoti producono molto dolore per tutti gli esseri umani.

Il Signore Gesù ci ha comandato di essere pronti per il suo ritorno. Un aspetto importantissimo di questa prontezza nel mondo in cui regna il male è essere dei testimoni della grazia di Dio, del suo perdono, della sua salvezza e del suo giudizio .

Lui vuole anche che siamo il “sale della terra”, in pratica che la nostra vita serva ad arginare ogni sorta di male che si manifesta intorno a noi.

In questo numero della VOCE ristampiamo un articolo pubblicato nel 1971 che è ancora molto attuale per noi mentre seguiamo gli ultimi sviluppi degli eventi mondiali. 

Davide Standridge

I doveri del credente in uno Stato moderno

Gli scrittori del Nuovo Testamento indicarono quali fossero gli obblighi dei cristiani verso le autorità costituite del loro tempo, cioè sotto una dittatura. Ma i principi da essi dettati sono ugualmente validi anche per i cittadini di una moderna democrazia. 

Quali sono dunque, le nostre responsabilità oggi? 

1. Il rispetto 

Nella sua lettera ai credenti di Roma Paolo ha scritto: “Rendete a ciascuno quel che gli è dovuto: … l’onore a chi l’onore” (Romani 13:7). E Pietro ha scritto: “Onorate il re” (1 Pietro 2:17). Rispettare il governo e i suoi rappresentanti significa prenderli sul serio – di solito più sul serio di quanto essi stessi non si prendano – come ministri di Dio (Romani 13:1) che devono rendere conto a Lui della responsabilità solenne che Egli ha data loro, e che perciò li riveste di grande dignità. 

Il rispetto spesso significa trattare con stima uomini che in loro stessi non sono rispettabili, per via della loro carica, senza per questo diventare servili e ipocriti. 

Questo rispetto non impedirà l’uso di qualsiasi mezzo legale e diritto che i cittadini abbiano per opporsi al governo, come Paolo che non mostrò disprezzo verso le autorità di Filippi, ma piuttosto dimostrò di rispettarle veramente, insistendo che facessero osservare i suoi diritti e perciò usassero l’autorità che era stata loro conferita (Atti 16:35 e segg.). 

E quando i capi e i loro agenti si comportano indegnamente e commettono ingiustizie, il rispetto comporterà, da parte di chi ne abbia il diritto, il rimprovero. 

Un esempio di questo è il rimprovero fatto da Giovanni Battista a Erode (Marco 6:18; Luca 3:19) sul quale Calvino commenta: “Da questo passo comprendiamo di quale coraggio fermo debbano essere armati i servi di Dio quando hanno a che fare con re e principi; poiché in quasi ogni corte prevalgono l’ipocrisia e l’adulazione. E siccome le orecchie dei principi sono state abituate a sentire sempre discorsi lusinghieri, esse non riescono a tollerare una voce che riprenda con severità uno qualsiasi dei loro vizi […] Giovanni così, col suo esempio, ha fornito un modello chiarissimo per ogni predicatore timorato di Dio, affinché non chiuda un occhio davanti ai peccati dei principi, in modo da ingraziarsene il favore, per quanto vantaggioso ciò possa sembrare.” 

2. L’ubbidienza, a meno che non comporti la disubbidienza a Dio 

È importantissimo comprendere che la parola upostàsesthai, usata da Paolo, che di solito significa ubbidire, in alcuni pochi casi, non lo significa affatto. 

In Tito 3:1 le parole “che siano sottomessi ai magistrati” sono seguite da “siano ubbidienti” (peitharchein). 

Il credente in Cristo ha l’obbligo di ubbidire al governo di cui è cittadino, ai suoi vari funzionari, e alle leggi finché queste non interferiscano con dei precisi ordini di Dio, come appare chiaro ad esempio dai passi di Atti 4:19 e 5:29 in cui gli apostoli e Pietro dissero chiaramente di dovere ubbidire a Dio anziché agli uomini. 

3. Il pagamento delle tasse 

Il testo base in cui è trattato il soggetto del tributo a Cesare è, ovviamente, Marco 12:13-17. 

In Romani 13:6 e segg. si legge: “È anche per questa ragione che voi pagate le imposte, perché essi, che sono costantemente dediti a questa funzione, sono ministri di Dio.” Il credente ha il dovere di pagare “l’imposta a chi è dovuta l’imposta, la tassa a chi la tassa; il timore a chi il timore, l’onore a chi l’onore.” Infatti, egli beneficia di certi privilegi che lo Stato gli offre, della sua protezione e di certe agevolazioni. Perciò le sue tasse non sono altro che un contraccambio per ciò che riceve. 

Bisogna pagare le tasse, perché nessuno Stato può funzionare senza finanze. Rifiutare di pagare le tasse equivale, in pratica, a dire “no” allo Stato in quanto tale. 

4. La preghiera per coloro che sono in autorità 

Ecco che cosa insegnava Paolo a Timoteo: “Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità. Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità” (1 Timoteo 2:1-4).  

Questa preghiera ardente, perseverante e fatta con fede è una parte essenziale del debito che ogni credente ha verso lo Stato, sia esso indifferente dal punto di vista religioso o antireligioso, giusto o ingiusto. 

5. La testimonianza per Cristo 

Una parte essenziale dei doveri di un cristiano verso lo Stato di cui è cittadino è quella di essere un buon testimone di Cristo, sia nella vita privata che in quella collettiva della chiesa. 

Spesso questa testimonianza comporterà sofferenza. A volte la morte. Cristo ha detto: “Badate a voi stessi! Vi consegneranno ai tribunali, sarete battuti nelle sinagoghe, sarete fatti comparire davanti a governatori e re, per causa mia, affinché ciò serva loro di testimonianza” (Marco 13:19). 

Questo è veramente il servizio essenziale che il credente deve allo Stato e ai suoi rappresentanti. Per mezzo di esso, egli testimonia di tre cose: la vera dignità dell’autorità conferita loro da Cristo, i limiti della loro autorità e le promesse alle quali sottostanno. 

Nei paragrafi precedenti sono stati elencati i cinque elementi che compongono la sottomissione del cristiano allo Stato e che sono chiaramente elencati nel Nuovo Testamento. Ma gli scrittori del Nuovo Testamento vivevano sotto una dittatura, durante la quale il cittadino non aveva alcuna possibilità di condividere le responsabilità del governo. Perciò è necessario trasferire ciò che essi hanno scritto nel nostro contesto moderno se vogliamo cercare di applicare le Scritture alla nostra esperienza senza torcerle. 

È chiaro da quanto detto sopra, che il cristiano che vive in una dittatura può solo cercare di mantenere lo Stato a un certo livello di giustizia. Il credente che vive sotto una democrazia può fare molto di più e ha l’obbligo di collaborare perché lo Stato sia giusto e sia mantenuto tale. Questa è una parte essenziale del suo dovere di essere soggetto alle autorità in carica. Se si rifiuta di farlo si rende colpevole di ribellione contro i principi dettati da Dio. 

Ecco, perciò, altri quattro obblighi che il credente sincero deve comprendere vivendo in uno Stato democratico.   

6. Una partecipazione seria e responsabile alle votazioni 

Il diritto di voto deve essere esercitato spinti dal timore di Cristo e dall’amore per il prossimo. Non votare significa rinunciare alla possibilità di mantenere uno Stato giusto o di migliorare uno Stato che possa essere governato meglio. Tuttavia, si potrebbero presentare delle circostanze in cui il credente dovrebbe astenersi dal voto. 

7. Uno sforzo attento e continuo di tenersi informato sulla politica e sugli avvenimenti del giorno 

Non si può votare in maniera coerente e consapevole senza una base di conoscenza adeguata. Naturalmente secondo il suo grado di cultura, ogni cittadino potrà informarsi più o meno. A volte alcuni si sentiranno addirittura costretti a seguire più canali d’informazioni aggiornandosi sui vari argomenti per mezzo di libri, di rapporti governativi ecc. 

8. Critica del governo, delle sue leggi e delle sue decisioni alla luce del vangelo e della legge di Dio 

Si è visto che, perfino sotto una dittatura, il cittadino non deve ubbidire ciecamente, ma deve usare discernimento. In uno Stato democratico questa possibilità è accresciuta e facilitata poiché è uno dei diritti precisi del cittadino. Perciò il credente dovrà continuamente valutare le azioni del governo alla luce della Parola di Dio. Per fare ciò, naturalmente avrà bisogno di una buona conoscenza della Bibbia e dei principi spirituali contenuti nelle Scritture. 

9. Per questo cercherà sempre di approvare e sostenere le decisioni giuste e umane del governo e si opporrà a quelle che non lo sono 

Per questo il credente farà bene a servirsi di ogni mezzo legale messo a sua disposizione dallo Stato per appoggiare certe decisioni o opporsi a esse. 

Si devono poi ricordare a questo punto due altri possibili elementi della sottomissione dovuta dal cristiano allo Stato, elementi molto discussi e fortemente controversi. Essi non possono essere esauriti in un breve paragrafo, perciò mi dovrò limitare a esprimere la mia personale opinione, comprendendo che ognuno deve seguire la propria coscienza senza però contravvenire ai chiari mandati biblici. 

10. Partecipare a azioni militari, in certe circostanze e entro certi limiti, in ubbidienza alle decisioni del governo 

Il Nuovo Testamento non fornisce in nessun punto una risposta precisa alla domanda che tormenta oggi tanti credenti: “Il vero credente deve rifiutare di partecipare a azioni militari?” 

Questo non deve sorprendere, perché i giudei del primo secolo non avevano alcun obbligo militare nell’Impero romano e perché, sebbene a volte le autorità dovessero ricorrere alla coscrizione obbligatoria, di solito avevano adeguate scorte di volontari per formare i loro eserciti. Tocca a noi, perciò, il compito di scoprire le risposte implicite date dal Nuovo Testamento, e questo è notoriamente molto difficile. 

Mi sembra – per quello che ora posso capire – che il fatto che il Nuovo Testamento descriva lo Stato come un’istituzione divina implichi anche l’ubbidienza nel servizio militare. Un “no” categorico mi sembra implicare anche categoricamente un “no” all’istituzione del governo. 

In Romani 13:4 Paolo dice chiaramente che l’uso della forza è una parte delle funzioni del governo. D’altra parte, nessun passo del Nuovo Testamento indica che si debba considerare la guerra come una normale attività dello Stato, e non vi è nessuna base biblica per accettare indiscriminatamente l’ordine di combattere e uccidere solo perché il governo ha preso la decisione di dichiarare una guerra. 

Il credente deve rifiutare di partecipare a azioni militari quando è convinto di essere usato per una causa ingiusta, o quando la sua coscienza glielo vieta.

11. Essere pronto, in certe circostanze, a partecipare a una ribellione armata per sopprimere un governo che sia intollerabilmente ingiusto 

Anche su questo punto il Nuovo Testamento non dice nulla di preciso. E neppure l’atteggiamento del nostro Signore riguardo agli zeloti, né Romani 13:2 risolvono la questione. 

L’opposizione del Signore agli zeloti non esclude la ribellione in qualsiasi possibile circostanza. 

È abbastanza facile comprendere perché gli zeloti non furono approvati: prima di tutto il governo romano non era così insopportabilmente ingiusto e, in secondo luogo, essi volevano stabilire il regno di Dio sulla terra. In terzo luogo, era facile prevedere che la rivolta sarebbe stata senza speranza di riuscita. 

Alla luce di Romani 13:2 dovremmo chiederci: “Sarebbe possibile che un governo diventi così ingiusto e così cattivo da non poter essere più considerato come un’autorità? Sarebbe giustificabile l’uso della forza per reprimere un tale governo?” 

Personalmente, e sottolineo la parola personalmente, non riesco a disapprovare l’azione di quei credenti tedeschi nel 1944 che attentarono alla vita di Hitler. Mi pare che un credente non prenda sul serio il suo governo e che venga meno ai suoi doveri di sottomissione presentati nel Nuovo Testamento, se non è pronto anche a usare la forza come estremo rimedio a un male estremo. 

Allora, che cosa insegna il Nuovo Testamento sull’atteggiamento che il credente deve avere nel cercare di adempiere alle sue responsabilità di cittadino? 

Mi pare che si debbano dire essenzialmente tre cose: 

  • l) Il credente deve cercare di adempiere i suoi doveri con serietà e impegno in quanto doveri impostigli direttamente da Dio. Essi sono una parte del suo obbligo di amare Dio e il suo prossimo e perciò non sono facoltativi, ma categorici. 
  • 2) Egli deve anche cercare di adempiere i suoi doveri di cittadino con sobrietà e realismo. 

Per questo dovrà tenere conto di ciò che il Nuovo Testamento insegna. Infatti dovrà sempre tenere presente che lo Stato è passeggero e temporaneo. Perciò non dovrà attribuire a esso un valore maggiore di quello che ha. 

Dovrà ricordare anche che la chiesa non potrà mai stabilire il regno di Dio sulla terra con i suoi sforzi morali e neanche con quelli spirituali. 

Non dovrà mai dimenticare neppure la realtà tragica del peccato che investe ogni uomo e che spinge ognuno ad approfittarsi e a sfruttare il suo simile. Il credente, perciò, dovrà sempre ricordare che governanti, funzionari, impiegati, amministratori sono peccatori in qualsiasi nazione si trovino. Perciò sarà pronto a riconoscere e a valutare ogni abuso e cercherà di vedere la realtà dietro agli slogan altisonanti. Egli poi farà attenzione a non sostenere mai un partito che, andando al potere, finirebbe con l’opprimere e impedire l’espressione dei propri diritti a un segmento della popolazione.

Conoscendo il Nuovo Testamento e ciò che esso predice, il credente sarà conscio delle limitazioni di ogni sforzo politico umano. Perciò potrà rallegrarsi anche quando scopi limitati saranno stati raggiunti. Spesso, al cristiano, rimarrà solo la scelta fra il minore di due mali. Ma a volte è molto importante che il minore di essi si avveri anziché il maggiore. 

Con lo stesso realismo, il credente saprà che non potrà mai vedere stabilirsi sulla terra una società perfetta, ma contribuirà affinché almeno una società limitatamente giusta venga stabilita nel suo paese. 

Infine, con lo stesso realismo, comprenderà che ogni governo ha lo scopo di proteggere una sua popolazione composta di uomini, donne e bambini per i quali 

Cristo è morto. Sentirà la responsabilità di interessarsi di coloro che sono oppressi in altri paesi e di coloro che soffrono nel suo. Terrà sempre conto che la vita umana è sacra e, in tempo di guerra, non dimenticherà che anche le vite dei nemici hanno grande valore. 

  • 3) Infine, il credente dovrà adempiere ai suoi doveri di cittadino con fiducia e speranza. 

Sapendo che Dio ha stabilito e istituito le autorità, saprà anche che esse sono controllate, in ultima analisi, da Dio. Esse perciò, volenti o nolenti, consciamente o inconsciamente, direttamente o indirettamente saranno usate da Dio per adempiere i suoi piani. Il credente terrà sempre presente l’esempio biblico di Pilato, il quale pure essendo pagano e indifferente alla volontà di Dio, con la sua decisione collaborò allo svolgimento del piano di Dio per la redenzione dell’umanità. 

Il credente comprenderà poi che, passando dal piano religioso a quello politico, non cambia Signore. Cristo è tanto Signore della chiesa quanto del mondo sebbene la sua signoria si manifesti in maniera diversa in queste due sfere. Perciò servendo Dio sia nell’una che nell’altra, sentirà tutto il peso della sua responsabilità di testimone di Cristo. 

Infine il vero credente saprà che il fine verso il quale si muove la storia è la venuta del Signore Gesù Cristo, il quale un giorno stabilirà in maniera decisiva, assoluta e senza compromessi il Regno di Dio e il suo ordine. In questo avvenimento egli vede non solo i limiti dei governi umani, ma anche le promesse che li riguardano. 

Infatti verrà il momento in cui “la voce di una gran folla e come il fragore di grandi acque e come il rombo di forti tuoni” dirà: “«Alleluia! Perché il Signore, Dio, l’Onnipotente, ha stabilito il suo regno… Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra vi porteranno la loro gloria” (Apocalisse 19:6, 21:24).

—C.B.C.

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