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La Voce del Vangelo

La VOCE luglio 2022

Cercasi tesoro

La maggior parte degli americani abitano nei quartieri residenziali, in case unifamiliari con giardino privato e garage. Ogni tanto, specialmente durante il week-end, si leggono cartelli con la scritta “garage sale” o “yard sale”. Sono i mercatini privati dell’usato, molto popolari negli Stati Uniti.

Chiunque, per un motivo o per l’altro, voglia disfarsi di quello che non serve più, può organizzare un garage sale mettendo gli oggetti in vendita in bella vista sul prato o nel garage che apre al pubblico.

Questi mercatini privati sono molto popolari, e certa gente ha l’abitudine di alzarsi presto il sabato per andare alla ricerca dell’affare. Per questo il famoso detto “One man’s trash is another man’s treasure” (la spazzatura di uno è il tesoro di un altro) è molto azzeccato. Questo ricorda un fatto recentemente accaduto...

La scoperta

Ecco il fatto a cui mi riferivo nella pagina precedente, così com’è riportato dal quotidiano La Stampa. 

Vincenzo Di Mauro, un trentatrenne titolare dell’officina torinese “Il ricambio”, ha trovato la bellezza di quasi centomila euro in buoni fruttiferi postali, abbandonati nell’isola ecologica di via Como a Settimo Torinese. La straordinaria scoperta è stata fatta domenica mattina, e il tesoro è stato consegnato ai carabinieri.
I buoni fruttiferi erano in una cartellina nascosta in un mobile che una certa signora di 68 anni, proprietaria di quel vecchio comò, aveva abbandonato vicino ai bidoni della spazzatura. Il mobile aveva fatto gola a Vincenzo e a suo zio Vito, e avevano intenzione di restaurarlo, ma non avrebbero mai immaginato che al suo interno fosse custodito un vero e proprio tesoro. 

Fin qui la cronaca.

C’è una morale in tutto questo: viviamo in un mondo dove certe cose sono considerate inutili o addirittura spazzatura, quando in realtà sono dei tesori.

Quando si parla di soldi, si presume che tutti ne conosciamo il valore, ma non ci viene sempre facile riconoscere quanto valgano le persone e le cose, concrete o astratte che siano. 

Il valore che diamo a qualcosa dipende dal bisogno che ne abbiamo, ma questo potrebbe anche cambiare nel tempo. Per esempio, si può dare poco valore a un farmaco fino a quando non ne avremo effettivamente bisogno.

Pensiamo alla chemioterapia con tutti i suoi effetti collaterali: perdita dei capelli, anemia, stanchezza, nausea e vomito, diarrea, infezioni e formazione di lividi o piccole emorragie, talvolta anche problemi cognitivi. Nessuno si sognerebbe di iniziare un ciclo di chemioterapia se non fosse sicuro di averne assolutamente bisogno o senza la certezza che i benefici sorpassano gli effetti negativi.

Un Gesù che non serve

Durante la vita terrena di Gesù l’Impero romano aveva occupato Israele, e gli Ebrei, oppressi e tassati pesantemente, cercavano un liberatore nazionale, un re che li guidasse in un’insurrezione, liberandoli dagli invasori. 

Gesù, però, non sembrava corrispondere al tipo di personaggio che i capi del popolo avevano in mente. Era un Galileo di umili origini, figlio di un falegname. È vero che discendeva dal lignaggio del re Davide, ma era un dettaglio che forse gli uomini al potere ignoravano di proposito. Più che altro vedevano in lui un rivale.

Ma tutti erano rimasti meravigliati dai suoi miracoli, come per esempio guarire la gente da ogni malattia, moltiplicare il cibo per sfamare migliaia di persone usando pochi pani e alcuni pesci. 

In fin dei conti si sarebbero potuti accontentare di lui; avrebbe risolto il problema dei loro bisogni quotidiani. Ma Gesù non era venuto per organizzare una insurrezione né tanto meno per provvedere a tutte le necessità del popolo.

A quelli che gli correvano dietro dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù disse chiaramente: “In verità, in verità vi dico che voi mi cercate, non perché avete visto dei segni miracolosi, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà; poiché su di lui il Padre, cioè Dio, ha apposto il proprio sigillo” (Giovanni 6:26,27).

Ovunque andava, il Signore faceva tanti miracoli e la sua fama si spandeva sempre di più, ma il suo obiettivo non era curare il corpo, bensì la condizione spirituale delle persone. Ai capi religiosi, che si sentivano a posto davanti a Dio, rimproverava l’ipocrisia, motivo per cui continuavano a respingere lui e il suo messaggio. “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori” (Marco 2:17) affermava Gesù.

Gli Ebrei non avevano capito chi fosse Gesù realmente, e non sentivano il bisogno di lui. Non era il “tesoro” che cercavano, perché non si consideravano malati. Al contrario, erano fieri di appartenere all’etnia privilegiata, di professare la religione giusta e di apparire giusti agli occhi del popolo. Quindi, se Gesù non era disposto a soddisfare i loro bisogni materiali, allora a che altro poteva servire?

Non ho mai fatto male a nessuno!

Dio aveva mandato Giovanni Battista a preparare la gente per l’arrivo di Gesù. Il suo compito era quello di predicare e di convincere tutti che erano dei peccatori. Aveva un messaggio duro da proclamare alle folle che andavano da lui per essere battezzate: “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira futura? Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento, e non cominciate a dire in voi stessi: «Noi abbiamo Abraamo per padre!» Perché vi dico che Dio può da queste pietre far sorgere dei figli ad Abraamo. Ormai la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero dunque che non fa buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco” (Luca 3:7-9).

Di certo non usava le tecniche persuasive degli influencer per conquistarsi il pubblico.

Similmente, Gesù non era venuto nel mondo per mettere a proprio agio le persone o per diventare l’amicone di tutti. Non si proponeva come colui che ti rende la vita perfetta, migliorando le condizioni economiche, matrimonio e relazioni. Era venuto per risolvere il problema principale dell’uomo: la condanna a trascorrere l’eternità all’inferno a causa del peccato, una condanna che pende sulla testa di ogni essere umano. 

La soluzione garantita c’era, ma avrebbe richiesto il sacrificio più grande: dare la sua vita. È questo ciò che ha portato Gesù a morire sulla croce! Lui ha aperto la via del cielo a chiunque crede in lui.

Eppure, oggi, come duemila anni fa, non è questo il Gesù che il mondo cerca. 

Le persone continuano a ignorare la gravità e le conseguenze del loro peccato. La religione “nazionale” stessa ha contribuito a sminuire il peccato nelle menti e nelle coscienze delle persone. Sembra che quasi tutti i peccati siano considerati solo degli sbagli veniali, e che le eventuali conseguenze si potranno risolvere patteggiando con Dio. Pensano di poter compensare le loro mancanze con delle buone opere, e contano sulla comprensione di Dio. I nostri sbagli non sono mica tanto gravi, e poi Dio lo sa che siamo fondamentalmente buoni. Lo slogan che mette a posto la coscienza è “Non ho mai fatto male a nessuno!”

È ora di farsi una domanda

È naturale che chi non conosce Dio ragioni così, ma quando i credenti non fanno più una chiara distinzione tra il bene e il male, allora dobbiamo preoccuparci.

Oggi la tendenza dei predicatori non è sicuramente quella di emulare Giovanni Battista. Nessuno infatti direbbe mai: “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l’ira futura?” Sarebbe controproducente stizzire la gente con espressioni troppo severe e dure. Bisogna conquistare le persone, accattivarsele e non alienarle.

Stranamente, però, anche le intenzioni di Giovanni Battista erano quelle di avvicinare le persone a Gesù. È possibile che fosse un Gesù diverso da quello che vogliamo presentare noi oggi?

Secondo te, di quale tipo di Gesù hanno bisogno i tuoi amici e parenti non credenti? Un amicone che fa felici tutti o uno che ci mostra la nostra vera miseria spirituale per poterci salvare? 

Serve un Gesù che risolve i problemi sulla terra o uno che risolve il destino eterno che ci siamo meritati offendendo Dio con il nostro abominevole peccato? Pensiamo bene a quale dei due vogliamo avvicinare le persone.

È veramente necessario farlo?

L’apostolo Paolo ha detto ai credenti di Efeso: “Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele; perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. Ma tutte le cose, quando sono denunciate dalla luce, diventano manifeste; poiché tutto ciò che è manifesto, è luce. Per questo è detto: «Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di luce»” (5:11-14).

Guardiamoci intorno: ormai la società non solo accetta il peccato, ma addirittura approva ed elogia le persone che lo commettono (Romani 1:32).

Noi di certo non lo approviamo. Ma non è che stiamo diventando sempre più muti e meno pronti a reagire a ciò che è definito peccato nella Bibbia?

Ciò che era scandalo alcuni anni fa, oggi è normale. Si convive, si fanno figli senza il vincolo del matrimonio, si tradisce il partner e nessuno inarca le sopracciglia. 

La società è influenzata da uomini e donne malvagi che vogliono forzare tutti ad accettare come naturale e giusto quello che non lo è, particolarmente nella sfera sessuale. Ma Paolo avverte i credenti: “Come si addice ai santi, né fornicazione, né alcuna impurità, né avarizia, sia neppure nominata tra di voi” (Efesini 5:3).

I tempi sono cambiati, ma lo standard di santità e di purezza che Dio esige è sempre lo stesso.

Paolo scrive agli Efesini ancora: “Non siate dunque loro compagni; perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce – poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità – esaminando che cosa sia gradito al Signore” (5:7-10). 

I figli di Dio devono essere luce. Ma cosa vuol dire praticamente? 

Una responsabilità che fa paura

Temo che ci siano cristiani per i quali è sufficiente vivere una vita morale, riempita ogni tanto da esclamazioni tipo “Se Dio vuole!” Nessun credente e nessuna chiesa si accontenti di questo!

Sicuramente un cristiano si comporta in modo diverso dal resto del mondo, separandosi da ogni sorta di male, ed esamina continuamente la propria vita alla luce delle Scritture per vivere in modo che onori Dio.

Ma Paolo ha scritto: “Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele.”

 “Non partecipate”, “non siate loro compagni” sono dei comandi chiari e, in generale, i credenti li mettono in pratica per essere luce. Infatti, che tipo di credibilità può avere un credente se non si comporta come si addice a un figlio di Dio? Ma è la fine della frase di Paolo che ci lascia perplessi e ci spaventa, perché potremmo restare emarginati e subire l’opposizione degli altri.

Sia come sia, è un imperativo inequivocabile: “Denunciatele!”

Denunciare significa dire, rivelare, smascherare, parlare ad alta voce, mettere in evidenza, e questo fa arrabbiare o provare vergogna al “denunciato”. 

Ecco che l’essere luce diventa un fatto serio. Il comando in pratica è di non far finta di niente, non partecipare infatti è un’azione passiva, mentre il denunciare è certamente attiva.

Forse ti domandi perché denunciare ed esporsi in questo modo. Ci sono tre motivi validi per farlo. Ma prima di esaminarli, ricordiamoci che questo compito, la denuncia, non va fatto con arroganza o senso di superiorità. 

Nella prima parte della sua lettera Paolo aveva già ricordato ai suoi lettori credenti che ognuno di loro, inclusi noi che leggiamo oggi, in precedenza viveva nel peccato cercando di soddisfare i propri desideri, seguendo il diavolo e le persone intorno a lui, esattamente come oggi fanno tutti (Efesini 2:1-3). 

Ecco perché bisogna fare attenzione a non essere arroganti e senza umiltà o misericordia! 

Il primo motivo per denunciare il peccato è perché è vergognoso: “è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto” (Efesini 5:12).

L’uomo che giustifica il proprio peccato ha perso di vista la sua gravità. 

“Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente; ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di contesa, di frode, di malignità; calunniatori, maldicenti, abominevoli a Dio, insolenti, superbi, vanagloriosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza affetti naturali, spietati. Essi, pur conoscendo che secondo i decreti di Dio quelli che fanno tali cose sono degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le commette” (Romani 1:28-32).

L’uomo vive in ribellione a Dio, commette peccati, li giustifica e li approva. Agli occhi del Signore ciò è vergognoso, e l’uomo deve saperlo e sottomettersi a Lui. Se non lo diciamo chiaramente l’uomo non capirà la gravità del suo peccato, e non si renderà conto del suo bisogno del Salvatore, il Gesù che è rivelato nella Bibbia.

Farlo è diventato difficile perché l’umanità sta perdendo il comune senso del pudore, non sapendo più distinguere tra il giusto e l’errore. Le persone soffocano la propria coscienza ostentando azioni e comportamenti vergognosi, e attaccano chi denuncia il peccato, affibbiandogli l’etichetta di bigotto, ignorante e incapace di amare, come se fosse quest’ultimo a doversi vergognare.

Il secondo motivo per denunciare il peccato all’altro è perché il colpevole deve essere smascherato. “Ma tutte le cose, quando sono denunciate dalla luce, diventano manifeste; poiché tutto ciò che è manifesto, è luce” (Efesini 5:13,14).

Quello che dobbiamo fare non è solo parlare in modo generico del peccato, ma è importante collegare la persona alla sua colpa e specificarla.

La denuncia deve impedire all’altra persona di dire:

• Non ho mai fatto male a nessuno
• Sono una brava persona
• Quello che faccio non è mica peccato
• Alla fine, Dio deve salvare tutti
• Nessuno va all’inferno

Infatti, Dio è stato molto categorico facendo scrivere da Paolo: “Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio” (Galati 5:19-21).

Le parole di Paolo ai Romani “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” e “Il salario del peccato è la morte” (3:23; 6:23a) hanno senso e possono colpire al cuore solo dopo una denuncia personale e chiara.

Hanno veramente bisogno del tuo Gesù?

Con queste dichiarazioni dirette faremo senza dubbio arrabbiare alcune persone. Infatti a Giovanni Battista è costata la vita parlare così.

Forse temiamo che farlo ci precluderà la possibilità di fare amicizia con le persone a cui vogliamo parlare. Allora ecco: 

il terzo motivo da ricordare: la denuncia è la premessa alla salvezza: “Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di luce” (Efesini 5:14).

È il presupposto per un invito altrettanto chiaro e personale alla salvezza.

Molti avevano seguito Gesù per i motivi sbagliati. Altri si erano illusi, immaginando che lui fosse diverso da quello che realmente era. Lo avevano seguito per un po’ di tempo, sembravano essere sinceri. Ma Gesù li aveva smascherati:

“«Tra di voi ci sono alcuni che non credono.» Gesù sapeva infatti fin dal principio chi erano quelli che non credevano, e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre»Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Perciò Gesù disse ai dodici: «Non volete andarvene anche voi?» Simon Pietro gli rispose: «Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio»” (Giovanni 6:64-68).

I veri discepoli non cercavano Gesù perché fosse il loro nuovo leader politico, per risolvere i loro problemi quotidiani o per essere guariti fisicamente. Lo cercavano perché aveva parole di vita eterna.

Denunciare all’altro il suo peccato, è un modo biblico per essere la vera luce ed è un segno d’amore. Non possiamo proporre a una persona in piena salute di fare la chemioterapia. Ed è ugualmente inutile invitare a credere in un Gesù che salva dalla condanna eterna chi non si riconosce un peccatore, perché costui non crede di meritare alcuna condanna.

Non sia mai che le persone a cui parliamo vedano il Salvatore come inutile come gli oggetti dei garage sales, o peggio ancora diventino, per causa nostra, seguaci del Gesù sbagliato!

Gesù non diventerà mai il tesoro inestimabile di chi non si confronta con il proprio peccato e capisce di meritare la condanna, e che non si riconcilia con Dio.

—Davide Standridge

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