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La Voce del Vangelo

La VOCE maggio 2015

Così è sfumato il paradiso!

Sai qual è il peccato che Dio considera il più grave che ci sia? Sei sicuro di non commetterlo?
Per molti, sono domande strane, senza senso. Oggi le persone non pensano affatto al peccato. Per loro parlarne è morboso, può agitare soltanto le coscienze dei più semplici.
La parola “peccato” da tempo ha perso il suo vero significato e pochissimi ci pensano ormai.
Anche i credenti evangelici tendono a evitare di parlarne troppo. Sanno che Cristo è morto per pagare e perdonare tutte le loro colpe: perché preoccuparsi ancora? Dio si è impegnato a perdonare tutto, perciò è più o meno come se il peccato non esistesse più. O no?
No! Non è proprio così. O, almeno, non dovrebbe essere.
I peccati NON sono cosucce. Non sono delle sciocchezze che Dio si è inventato per poter dire ogni tanto qualche “No” ai suoi figli.
Dio, nella sua assoluta perfezione di sapienza, amore e giustizia, ha creato un mondo perfetto. Se le sue creature si fossero comportate sempre correttamente, per loro sarebbero esistiti soltanto la felicità, il benessere, l’amore e la comunione con Lui; insomma, il paradiso. E Dio non avrebbe mai dovuto dire “No” a qualcuno. Il peccato non sarebbe esistito. E tutti sarebbero vissuti sani e felici per l’eternità!
Ma, NON è andata così! E non va così neanche oggi! Sai perché?


Il peccato più grave

“Se vuoi, levati di torno, Dio. Non avrò più bisogno di te!”
Più o meno così sarà andata una delle prime conversazioni nel creato fresco di Dio. Ma chi è stato a pronunciare quelle parole? Il bellissimo angelo di nome Lucifero.
Non esiste una trascrizione di quella conversazione, ma c’è un passo biblico, nel libro di Isaia, che sembra descriverla. In un discorso poetico, Lucifero dice: “Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell’assemblea, nella parte estrema del settentrione; salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all’Altissimo” (Isaia 14:13,14).

È difficile immaginare un peccato più grande e più grave di quello: voler fare a meno di Dio.
Istigati da Satana (ex-Lucifero), prima Eva e poi Adamo, hanno commesso lo stesso peccato. Il Signore aveva detto loro come rimanere in comunione con Lui, ma essi, in pratica, hanno risposto: “Abbiamo capito, ci avevi avvertiti, ma le parole di Satana ci sembrano molto valide e abbiamo deciso di dare retta a lui!”.

Per certi versi è una fotografia del mondo in cui viviamo oggi. La gente non può fare a meno dello smartphone di ultima generazione o della vacanza al mare, ma non trova nessun motivo per avere Dio nella propria vita. Gli dà una spinta con un piede e non ci pensa più. “Ci siamo tolti un altro impiccio!”
Se non fosse che…

Se non fosse che dopo il peccato di Adamo ed Eva, e di tutti i loro discendenti, Dio è tornato alla carica. Ha deciso di mettere per iscritto i suoi comandamenti e di darli a Mosè, da consegnare al popolo che Egli aveva scelto come il suo tesoro particolare. Certamente, gli israeliti ne avrebbero tenuto conto!

Così, ha scritto di mano propria: “Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù”. Un piccolo promemoria nel caso avessero dimenticato chi Egli fosse, mentre giravano per il deserto. Poi, giù con il primo comandamento: “Non avere altri dèi oltre a me”. Chiaro e semplice, qualcosa che non avrebbero potuto fraintendere. Egli è il solo, l’Unico. Non esiste nessun dio oltre a Lui.

Ma, come fare per aiutarli a non dimenticarsi di Lui e a non confonderlo con una deità di qualche altro popolo? Ecco, allora, il secondo comandamento che avrebbe dovuto risolvere il problema per sempre. “Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire” (Esodo 20:4,5).

Anche questo, il secondo comandamento: breve, chiaro, indimenticabile. Egli è il vero Dio, Creatore onnipotente. Certamente non lo si può ritenere simile alle sue creature, tantomeno confonderlo con le loro immagini. E il popolo d’Israele non avrebbe mai e poi mai pensato a prostrarsi, piegarsi, né “servire” con feste, fiori, regali e preghiere quelle brutte statue come se fossero “dèi”, come se fossero migliori di Lui, più potenti di Lui!

Tanto per non rischiare che il suo popolo se lo scordasse, Egli ha avvertito loro: “Io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano” (Esodo 20:5) facendo capire che chi preferiva un idolo a Lui dimostrava, in sostanza, follemente, di non ubbidirgli e, perciò, di “odiarlo”!

Queste sono le parole di Dio! Chi fa idoli e si inginocchia davanti a loro, chi li onora, chi li “serve”, sta dichiarando con tutto se stesso: “Spostati, Dio! Ho qualcun altro di cui fidarmi, che può donarmi tutto ciò che desidero”.

Qual è il peccato più grave agli occhi di Dio? Quello di ignorare Lui, di dimenticarsi di Lui.

Come può essere che in Italia milioni di “fedeli” si piegano, s’inchinano e si prostrano davanti a statue di più di settemila uomini e donne morti?! Onorando e servendo le loro immagini e pregando loro al posto di Dio, trasgrediscono il secondo comandamento di Dio!

Nel tentativo di giustificare tale pratica, la Chiesa romana ha introdotto una distinzione tra adorare (latria=“culto”) Dio e venerare (dulia= “servitus”) la Madonna e i santi. Ma è una distinzione forzata che non trova alcuna conferma nella Bibbia. Anzi, il secondo comandamento la condanna inequivocabilmente: “Non farti scultura, né immagine alcuna ... Non ti prostrare davanti (=rendere culto) a loro e non li servire (=dulia)”.

Come credenti biblici, riconosciamo che la pratica cattolica è contro la Parola di Dio, ma è possibile che anche noi commettiamo il pecccato più grave? Continua a leggere.


Una questione intima

“Ma che scherzi?! In casa mia non ci sono idoli! Nessuna statua e niente immagini sacre! Sto a posto.”

Davvero? Certi idoli si tengono ben nascosti. Per scovarli bisogna guardare in fondo al tuo cuore.

In Romani 1, l’Apostolo Paolo descrive il peccato più grave, commesso da ogni essere umano: quello di aver sostituito il Creatore con la creatura. Tutti quanti ne sono colpevoli. E tutti saranno condannati eternamente, proprio per questo peccato, se non si pentono e non ricevono in dono la salvezza attraverso la fede in Cristo.

Ma, dopo la conversione, i credenti possono ricadere nel peccato di innalzare nuovi idoli nel loro cuore. Il popolo di Israele lo aveva fatto!

“Vennero da me alcuni anziani d’Israele e si sedettero davanti a me. La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: «Figlio d’uomo, questi uomini hanno innalzato idoli nel loro cuore e si sono messi davanti all’intoppo che li fa cadere nella loro iniquità; come potrei io essere consultato da costoro? Perciò parla e di’ loro: Così dice il Signore, DIO: “Chiunque della casa d’Israele innalza i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l’intoppo che lo fa cadere nella sua iniquità, e poi viene al profeta, io, il SIGNORE, gli risponderò come si merita per la moltitudine dei suoi idoli, allo scopo di toccare il cuore di quelli della casa d’Israele che si sono allontanati da me per i loro idoli”.
“Perciò di’ alla casa d’Israele: Così parla il Signore, DIO: “Tornate, allontanatevi dai vostri idoli, distogliete le vostre facce da tutte le vostre abominazioni. Poiché, a chiunque della casa d’Israele o degli stranieri che soggiornano in Israele si separa da me, innalza i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l’intoppo che lo fa cadere nella sua iniquità e poi viene al profeta per consultarmi per suo mezzo, risponderò io, il SIGNORE, proprio io. Io volgerò la mia faccia contro quell’uomo, ne farò un segno e un proverbio, e lo eliminerò dal mezzo del mio popolo; e voi conoscerete che io sono il SIGNORE” (Ezechiele 14:1-8).

A parole, tutti affermavano che Yahweh era il loro Dio, ma le loro azioni li hanno smentiti dimostrando che era vero il contrario. Il loro cuore li aveva ingannati.
È un pericolo reale che riguarda tutti.

“Figlioli, guardatevi dagl’idoli!” esclama Giovanni nella conclusione della sua lettera. Ecco cosa dobbiamo cercare nel nostro cuore! Idoli e intoppi che ci ostacolano dall’avere Dio come nostro unico Signore!
Solo Dio vede nell’intimo e può rivelare cosa c’è nel tuo cuore. Valutare e esaminare i cuori degli altri è un compito suo, non spetta a noi. Noi siamo tenuti a fermarci e verificare se nel tempo abbiamo costruito degli idoli personali.

Per alcuni la preparazione accademica prende il sopravvento su tutto e tutti, per altri il proprio corpo, per altri ancora la carriera, oppure la famiglia. Ma ci sono anche idoli più subdoli e difficili da individuare: il tempo libero, le vacanze, la comodità o lo spazio personale, o addirittura le preferenze!

Hai notato che non sono necessariamente cose peccaminose in sé? Lo diventano quando si intromettono tra noi e la signoria che Dio deve avere della nostra vita.

Dio esige di essere al primo posto e di non essere sostituito da altro. Dobbiamo amarlo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze.
Se coviamo idoli nascosti, lo studio della Parola, il nostro servizio nella chiesa locale e la nostra evangelizzazione ne risentiranno inevitabilmente. Il cuore va sondato costantemente e tenuto pulito!

È una responsabilità, un dovere e una necessità tua e mia analizzare il proprio cuore e, quando serve, fare pulizia!

Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore.
Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri.
Vedi se c’è in me qualche via iniqua
e guidami per la via eterna. —Salmo 139:23,24

 

La VOCE aprile 2015

MAI LETTO?

Hai mai letto i libri scritti dall’uomo più intelligente che sia mai vissuto sulla terra? Sai chi è?
Ne ha scritti diversi, pieni di buon senso e anche di riflessioni di grande valore su Dio, le sue opere, e come avere una giusta relazione con Lui.

Parlo di re Salomone. Tre dei suoi libri fanno parte della Bibbia. In uno di essi, Ecclesiaste, spiega con sincerità e chiarezza il suo tentativo di capire quale fosse il valore dell’esistenza umana, e in che cosa consiste la vera felicità. Le sue conclusioni sono non solo interessanti, ma soprattutto vere. Se applicate e messe in pratica, sono la chiave per una vita equilibrata e di grandi soddisfazioni. Eppure, molte persone trascurano questo libro perché lo trovano strano, non lo capiscono e non hanno la pazienza o la certezza del suo valore, qualità necessarie per leggerlo con cura.

Maria Teresa era venuta a sapere che molte donne non avevano mai nemmeno provato a leggerlo (e come loro, forse, neanche i loro mariti). Lei, al contrario, l’aveva trovato un libro interessantissimo e utile, pieno di scoperte diametralmente opposte alle opinioni moderne. Perciò, ha scritto il libro che ti vorrei presentare meglio e raccomandarti nelle pagine che seguono.


Una vera sorpresa non affatto sorprendente!

Prima di ogni altra cosa, è assolutamente necessario un avvertimento: il libro di Maria Teresa de Giustina “L’Ecclesiaste – Dalla vanità alla verità, le confessioni di un edonista” è una vera sorpresa per chi conosce gli altri suoi libri. In quei testi, scritti su argomenti terra-terra e pieni di racconti e osservazioni di natura molto pratica, qualunque lettore o lettrice riconosce facilmente la persona e il carattere dell’autrice.
Il titolo di quest’opera, invece, sembra presupporre che si tratti di un libro di studio biblico e di spiegazione del testo, e potrebbe far pensare che questa volta Maria Teresa, purtroppo, sia uscita dal seminato volendo forse diventare professoressa di teologia. Niente di più sbagliato! 

Lo snodarsi dei dodici brevi capitoli, divisi per argomenti, e delle inaspettate undici brevi “Appendici”, rivelerà che questo libro è pura “Maria Teresa”. Le sue osservazioni e applicazioni su ogni pagina sono più che praticabili oggi, e inducono a un esame onesto della propria vita, tanto che la “sorpresa” del titolo porta ad un contenuto non per niente sorprendente. Ma sempre degno di attenta e gioiosa lettura.

E c’è molto di più! La vera sorpresa è che chi non comprerà e seguirà il libretto di Maria Teresa, “Guida allo studio di Ecclesiaste”, preparato da lei per accompagnare, ampliare e approfondire la lettura del libro, perderà un preziosissimo tesoro di riferimenti al Nuovo Testamento sugli insegnamenti di Gesù e degli Apostoli che illuminano in modo pratico il testo, apparentemente complicato, dell’antico Predicatore Salomone.

Come tutti sanno ormai, i libri di Maria Teresa possono essere letti, studiati e meditati con grande profitto sia da soli nella propria “cameretta”, sia con altre persone in gruppo, dove rispondere alle domande per la discussione rivela la vera potenzialità della guida allo studio. Sono stati apprezzati da centinaia di donne che li hanno usati nei loro incontri, di credenti e non, e hanno acquisito nuovi tesori di verità studiandoli insieme.


i «meglio» di salomone

Il rimprovero
“Meglio il rimprovero di un saggio che la canzone di uno sciocco, che dura come un focherello sotto la pentola” (Ecclesiaste 7:5,6). Qualcuno mi ha chiesto di quale canzone si poteva trattare. Una satira? Una lode? Una canzone d’amore? Onestamente non ne ho la minima idea. Forse i cantautori del tempo di Salomone assomigliavano a quelli di oggi e, allora, si capisce la valutazione negativa.

Le false speranze
“Vale meglio la fine di una cosa che il suo principio e la pazienza vale meglio dell’orgoglio” (v. 8). Quando un avvenimento o un episodio è concluso è più facile farne una valutazione equilibrata. A volte, qualcosa sembra molto buono e promettente e poi finisce in una deludente bolla di sapone. A questo proposito, i politici fanno testo. Promettono e non mantengono e troppo spesso sono spinti dall’orgoglio e dal desiderio di potere. Oppure dall’illusione di riuscire a cambiare la società. Salomone stesso ha scritto: “Molta gente vanta la propria bontà, ma un uomo fedele chi lo troverà?” (Proverbi 20:6). No comment.
In questi “meglio” c’è molta saggezza e anche molto realismo malinconico. Specialmente l’affermazione che la pazienza vale meglio dell’orgoglio, se fosse creduta e applicata, ci sarebbero meno problemi, meno liti, meno dissapori e tristezze nelle famiglie e nelle chiese (questo soggetto è esaminato più a fondo nella “Guida allo studio”).
Nel capitolo 9 ci sono altri “meglio”, molto significativi, che riguardano le qualità della saggezza.

“La saggezza val meglio della forza” (v. 16). Una persona saggia, di solito sa controllarsi e dominare i suoi impulsi. Sempre Salomone ha scritto: “Chi è lento all’ira vale più del prode guerriero e chi ha autocontrollo vale più di chi espugna città”; per contro, “L’uomo che non ha autocontrollo è una città smantellata, priva di mura” (Proverbi 16:32 e 25:28).
Un genitore che guida la sua famiglia con fermezza amorevole vedrà grossi risultati nella condotta dei suoi figli. Che rispetto potrebbero avere dei figli per un padre che urla e sgrida tutto il tempo e sembra incapace di dire loro una parola di lode e incoraggiamento? “Le parole dei saggi ascoltate con tranquillità, valgono meglio degli strepiti di chi domina gli stolti” (v. 17). Spesso si pensa che chi grida di più abbia ragione. Non è vero. Chi grida, di solito è arrogante e orgoglioso.
Anche ascoltare con tranquillità è difficile (guardate una tavola rotonda in TV, se non ci credete!).
Mettiamoci una mano sulla coscienza: una caratteristica femminile, poco apprezzata anche da mio marito quando la nota in me, è proprio quella di interrompere chi parla per esprimere opinioni, contraddire e ribattere. Amiche care, facciamoci attenzione!

“La saggezza vale più degli strumenti da guerra” (v. 18). Le armi impongono. La sapienza ragiona.
Io trovo interessante, nel libro degli Atti, osservare il buon senso di alcuni funzionari romani. Nella città di Efeso, per esempio, in seguito alla predicazione del Vangelo, che aveva portato risultati evidenti di ravvedimento e conversioni, scoppiò un grosso tumulto fra i pagani.
Alcun artigiani che fabbricavano statuette e immagini della dea Diana, patrona della città, e che ci guadagnavano non poco, sobillarono i loro compagni e la folla contro i cristiani, in nome della loro devozione alla dea (e spinti, soprattutto, dalla paura di perdere i proventi del loro commercio). Il disordine stava rischiando di trasformarsi in una grave sommossa.
Ecco come un “segretario”, certamente un funzionario romano, calmò la situazione.
Disse da abile politico, che nessuno dubitava dell’importanza dell’immagine della dea Diana, caduta dal cielo, ma esortò gli artigiani a darsi una calmata e non fare niente di precipitoso.
Affermò che c’erano tribunali e proconsoli che potevano risolvere ogni situazione, assemblee regolari a cui rivolgersi, senza rischiare di essere accusati di sedizione. Poi, con la calma, sciolse l’assemblea e l’ordine fu ristabilito. Bello! (Il racconto completo si trova nel capitolo 19 del libro degli Atti).
Tratto da L’Ecclesiaste, pagg. 68-70

L'Ecclesiaste

 L'Ecclesiaste GUIDA ALLO STUDIO













L'ECCLESIASTE - Dalla vanità alla verità
Le confessioni di un edonista

di Maria Teresa Standridge de Giustina
ISBN: 978-88-96129-19-7
Pagine 128
Euro 10,50 + spese postali

GUIDA ALLO STUDIO L'Ecclesiaste - Dalla vanità alla verità

di Maria Teresa Standridge de Giustina
ISBN 978-88-96129-20-3
Pagine 72
€ 6,00 + spese postali

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La VOCE marzo 2015

GUAI A ME!

L’ha detto una persona molto nota. Chi? Totò? Hitler? Forse Matteo Renzi? Il Papa?
No, l’ha detto nientemeno che l’Apostolo Paolo nella sua prima lettera ai cristiani della città di Corinto. Però, quel “guai” si riferiva a una situazione molto particolare, e sarebbe potuto capitargli in un solo caso: “Guai a me, se non evangelizzo!” (1 Corinzi 9:16).

Paolo aveva capito bene il compito preciso affidatogli da Dio: evangelizzare, evangelizzare, evangelizzare! L’avrebbe fatto anche a costo di mettere in pericolo la propria vita. Avvertire tutti, senza rimandare, senza avere paura, senza girarci intorno, che erano dei peccatori avviati inevitabilmente all’inferno eterno a causa dei loro peccati. Ma anche di proclamare loro la buona notizia dell’Evangelo come uno che grida da un’alta torre: “Sentite questo! Sentitelo tutti! Gesù è morto al posto vostro e vi offre gratuitamente il perdono di ogni male fatto, di ogni peccato commesso, di ogni mancanza. Avete capito? Tutto perdonato!”.

Ma guai a te! E a me!  Anche noi siamo in pericolo della condanna di Dio. Non solo per tutti i peccati che abbiamo fatto, ma anche, come l’Apostolo Paolo, per quello che NON abbiamo fatto. Ti spiegherò perché alla prossima pagina.


 VERGOGNA! VERGOGNA! VERGOGNA!

L’apostolo Paolo non si dimenticò, neppure per un momento, la vergogna che l’avrebbe turbato per sempre se non avesse, per quanto possibile, evangelizzato il suo mondo. Perciò scrisse: “Se evangelizzo, non debbo vantarmi, poiché necessità me n’è imposta; e guai a me se non evangelizzo!” (1 Corinzi 9:16).

Ma, dimmi: tu e io, che ne facciamo di questo grido di impegno di Paolo di duemila anni fa? Ci lascia indifferenti? Pensiamo: “Peggio per lui”?
O siamo anche noi davanti alla stessa “necessità” di evangelizzare?

Sono sicuro che ricordi le parole di Gesù dette con tanta serietà agli undici apostoli che gli erano rimasti fedeli. Egli aveva ordinato loro: “Andate per tutto il mondo, predicate il vange-lo a ogni creatura” (Marco 16:15).

Sono passati duemila anni! Secolo dopo secolo, altri credenti in Cristo hanno accolto questo comandamento di evangelizzare che Egli rinnova ad ogni nuova generazione. Se i nuovi credenti non rispondessero così, la chiesa da tempo sarebbe fallita e morta.

Hai mai gridato come Paolo: “Se evangelizzo, non debbo vantarmi, poiché necessità me n’è imposta; e guai a me se non evangelizzo!”? È un pensiero che fa riflettere. Sono adatto?
Ne sarei capace?... Non ho tempo! Dove dovrei andare? Sono timido! Non so parlare! Avrei paura!...

Molti credenti hanno fatto le stesse domande e obbiezioni. Ma poi hanno scoperto che non erano soltanto capaci. Una volta avviati e ubbidienti al grande mandato, hanno cominciato a godere del parlare di Cristo e a riceverne i benefici nella loro vita spirituale. L’ubbidienza al Signore porta sempre gioia e benedizione.

Ma come faccio in pratica?

Gesù aveva comandato ai discepoli di andare per tutto il mondo. Nessuno, però, può andare dappertutto e sono pochi quelli che possono andare molto lontano.
Lo sai che il mondo comincia all’altro lato della tua porta? Quando esci di casa, hai già davanti a te il mondo: i tuoi vicini, i tuoi amici, i tuoi parenti. Potresti cominciare procurandoti un pacco di stampati, foglietti di evangelizzazione, cartoline e inviti da offrire loro con un sorriso gentile e una frase semplice: “Posso regalarti qualcosa interessante da leggere?”.

Potresti anche inserire uno stampato nelle cassette delle lettere del tuo palazzo o quartiere. In questo modo, entro poco, potresti raggiungere tutte le case della tua zona.
Non bisogna essere dei patentati venditori di saponette per distribuire dei foglietti in un parco, alla gente seduta per riposarsi. Quasi senza renderti conto, potresti trovarti a conversare con una persona gentile.

Potresti anche metterti d’accordo con un altro credente, o con alcuni, e distribuire degli inviti in tutte le vie vicine alla vostra sala. In un’ora si possono far fuori una grossa quantità di stampati lungo una strada pubblica o sulla spiaggia affollata.

Quando la prima chiesa si stava formando a Gerusalemme, un’ondata di persecuzione ha forzato molti credenti a lasciare la città e andare nei paesi circostanti. Un versetto del libro degli Atti degli Apostoli, racconta questo fatto con una parola interessante. “Allora quelli che erano dispersi se ne andarono di luogo in luogo, portando il lieto messaggio della Parola” (Atti 8:4). Alcuni commentatori ne propongono una lettura più terra terra: “andarono in giro, portando appresso il Vangelo” o anche, “andarono da casa in casa chiacchierando il Vangelo”.

“Chiacchierando il Vangelo” vuol dire che non erano predicatori o apostoli. Non si alzavano in piazza a predicare, ma parlarono con la gente a tu per tu. Raccontavano le cose sorprendenti successe a Gerusalemme, la morte e la risurrezione di Gesù. Spiegavano l’incredibile notizia che, per mezzo della fede in Lui, Dio offriva in dono la salvezza da ogni peccato. Ne parlarono per strada, nei negozi, nelle case, dovunque. Non potevano smettere di parlarne, spontaneamente e in prima persona, perché la loro mente era piena della meraviglia che stavano vivendo.

Questo è, certamente, il minimo che Dio si aspetta da ogni credente. Altrimenti, che credenti siamo? Non sentiamo noi la stessa responsabilità? “Guai a noi, se non…”

Per questo motivo, anche quest’anno, abbiamo preparato un nuovo opuscolo di evangelizzazione dal titolo “LE BUGIE PIÙ AMATE” che puoi leggere cliccando QUI. Ti invitiamo a leggerlo e a farlo conoscere ai responsabili della tua chiesa, in modo che possiate ordinarne in tempo, ENTRO IL 30 APRILE 2015, le copie da distribuire.

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Che il Signore possa aprirci molte occasioni per parlare di Lui, senza vergogna, a chi non lo conosce ancora!

— Guglielmo Standridge

La VOCE febbraio BIS 2015

Anello aperto

“Jason, vuoi tu prendere in sposa la qui presente Courtney…?” “Sì!”
“Courtney, vuoi prendere in sposo Jason?” “Sì!”

È successo l’estate scorsa negli Stati Uniti in un programma televisivo “Married at first sight” (sposati a prima vista). Come Jason e Courtney, altre due coppie si sono incontrate per la prima volta all’altare per sposarsi a tutti gli effetti con una persona fino ad allora sconosciuta. Sei mesi più tardi una delle tre coppie ha divorziato, le altre due si stanno sforzando a rimanere sposate.

L’ennesima pazzia dagli Stati Uniti? No, è un programma originato in Danimarca, che ora viene esportato anche in altri paesi europei.

Si aggiunge alla lunga serie di programmi in cui uomini e donne vengono incoraggiati a scegliere il compagno o la compagna davanti ai telespettatori come se fosse un gioco. La triste realtà è che dopo ben 18 stagioni televisive di uno di questi programmi, solo due di tutte le coppie formatesi durante le trasmissioni sono ancora sposate.

L’attacco implacabile da parte dei media contro le coscienze del pubblico va avanti da decenni e se ne vedono i risultati ovunque: matrimoni sempre più brevi, famiglie sfasciate, nuove generazioni senza un modello di famiglia tradizionale da seguire.
Quanti di quelli che hanno partecipato a queste trasmissioni erano consapevoli della portata delle conseguenze della loro decisione? Quanti ne avevano valutato con attenzione tutte le implicazioni?
E quanti credenti hanno abboccato la bugia del matrimonio senza vincoli? Quanti ancora si rendono conto di essere parte attiva o passiva di questo smembramento del matrimonio e della famiglia?

La sacralità del matrimonio, nonostante tutto, è stabilito da Dio.


Con questo anello...

La mano tremante di Simona scompariva vicino alla mano di Marco. La mano forte di lui, irrobustita e temprata da tanti anni di lavoro duro come meccanico, era lì pronta a ricevere l’anello. Marco guardava con dolcezza le dita che spingevano l’anello nel suo dito. Le unghie e i calli puliti da 30 minuti di immersione nella candeggina, erano adornati ora dal luccichio dell’anello nuovo.
“Con questo anello confermo la mia promessa.”

Cosa aveva promesso Simona? Con quali parole si potevano riassumere tutte le promesse fatte in anni di amicizia e poi, più ufficialmente, in un anno di fidanzamento in casa?
“Marco, io mi sottometto a te!” Ecco la parola che in un film disperderebbe quella nebbiolina che raffigura i sogni.
Da ora in avanti, dimenticando ogni altro, nella buona e nella cattiva sorte, in povertà e in ricchezza, in malattia e salute, per amarti, ubbidirti e curarti, mi sottometto a te.

Sottomissione. Ecco la parola che descrive l’unico accettabile atteggiamento di una donna che si offre in sposa a un uomo. Nella nostra società di oggi la maggior parte, o quasi la totalità, delle donne si sposa per scelta. È lei che sceglie l’uomo e decide con chi vuole passare la sua vita. La Bibbia specifica che uno degli ingredienti basilari e essenziali di questa scelta è la prontezza a sottomettersi.

Non è una merce di scambio nel baratto giornaliero della convivenza di due persone, ma è un ingrediente fondamentale nel matrimonio.
Sottomissione è molto di più di ubbidienza, molto di più di prontezza di ascoltare o di cedere quando si arriva a casi estremi.

La sottomissione comincia nel momento in cui si fa con gioia qualcosa che non si vuoi fare.
La sottomissione non prevede l’opera di convincimento del compagno, ma parla di un atteggiamento costante e positivo nel rapporto tra marito e moglie.
La risposta normale a una definizione cosi dura è che non è possibile realizzarla e che si sta parlando di atteggiamenti più consoni a coloro che abitavano nelle caverne o sulle palafitte e il cui rapporto era guidato dalla forza della clava.

È impossibile essere coerenti con la Bibbia e dimenticare o omettere questo ingrediente fondamentale per la riuscita di un matrimonio.
La sottomissione è la decisione di mettersi sotto qualcuno. Non è un qualcosa di imposto o forzato, ma è il risultato di una decisione presa con attenzione e con responsabilità nei confronti di un solo uomo, davanti a Dio.

La mano di Marco era abituata a fare lavori duri e pesanti, ora teneva la mano curata e piccolina di Simona ... “Con questo anello confermo la mia promessa.”

Marco da anni amava profondamente Simona. Ora, nel giorno fatidico, quell’anello luccicante confermava e riassumeva anni di promesse.

Quell’anello le diceva: “Simona, da ora in poi, puoi contare sul fatto che io mi sacrificherò per te.
“Io prendo te come mia legittima sposa e, infatti, tu sei la persona per la quale io mi sacrificherò.”

L’esempio di Cristo è chiaro nel Vangelo. Lui si è sacrificato per la sua sposa, la chiesa. Il sacrificio comincia nel momento in cui faccio con gioia quello che mi costa qualche cosa.
Nel matrimonio c’è un costo da pagare e l’idea del sacrificio esprime il fatto che non è piccola la decisione che si prende. Sull’altare del matrimonio l’uomo sacrifica se stesso mettendo al primo posto i desideri della propria moglie.
Si dona per la cura spirituale della sua famiglia, promettendo di esserne la guida morale e spirituale.

La parola sacrificio può sembrare grossa. Ma anche per l’uomo è una scelta consapevole. Non deve sposarsi a tutti i costi! Però deve essere pronto a sacrificarsi, se si sposa.

Le due mani unite nella gioia del matrimonio esigono anche una separazione!

La sottomissione e il sacrificio non sono merci di scambio tra i due coniugi, sono la promessa fatta l’uno all’altro senza ripensamenti di alcun tipo.

E adesso la nuova famiglia si separa da mamma e papà, e da chiunque altro, senza interferenze e senza condizionamenti.

Dio ha detto chiaramente che la nuova coppia deve lasciare padre e madre. La separazione diventa evidente e operante nel momento in cui non si permette ad altri di intromettersi nella nuova real-tà. È compito della moglie proteggere la sua unione dai propri genitori e è compito del marito proteggerla dai suoi.

La sottomissione, il sacrificio e la separazione sono ingredienti necessari per un matrimonio che funziona! Capirlo e praticarlo da subito previene molti problemi evitabili.

Marco e Simona stavano sposandosi forse neanche troppo consapevoli delle implicazioni delle loro promesse. Prima o poi, la vita insieme li porterà a confrontarsi con queste verità bibliche e, con l’aiuto del Signore, potranno riconsiderare gli aspetti che dovranno essere cambiati. Il matrimonio è uno stato meraviglioso, ma dura nel tempo solo se consiste in due persone che si sono sposate con gli occhi aperti e sono attente a non chiuderli neanche dopo.

— Davide Standridge

La VOCE gennaio-febbraio 2015

2015

L’anno nuovo è cominciato da un bel pezzo, i brindisi per fortuna e prosperità sono solo un ricordo sbiadito ormai. Per molti, oggi ci si risveglia con gli stessi problemi e preoccupazioni del giorno prima. Forse anche tu ti trovi in una situazione difficile che non comprendi? Forse non hai ricevuto ancora le risposte che aspettavi alle tue preghiere? E se ti dicessi che ho da darti le migliori notizie possibile? Leggi e gioisci.

Dio governa e controlla ogni cosa. “Il Signore ha stabilito il suo trono nei cieli, e il suo dominio si estende su tutto” (Salmo 103:19). Nell’Anno Nuovo non abbiamo alcun bisogno di temere le notizie che sentiremo e leggeremo!
E poi senti questa: “Il nostro Dio è nei cieli; egli fa tutto ciò che gli piace” (Salmo 115:3).

Che effetto hanno su di te queste due verità assolute? Ti incoraggiano? Potrebbero essere la roccia su cui basare le tue preghiere e speranze per il 2015?

Il versetto 3 del Salmo 115 parla di ciò che fa il “nostro” Dio, non un dio qualunque che molti seguono. Quel “nostro” si riferisce a un rapporto stretto, personale con Lui ed esprime una relazione senza ostacoli fra noi e il “nostro Dio”. Continua a leggere a ti spiegherò ciò che voglio dire.
Ma, prima, un’altra buona notizia. Sarà forse in quest’anno che “il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore” (1 Tessalonicesi 4:16,17)?

È certo che “Per sempre, Signore, la tua parola è stabile nei cieli” (Salmo 119:89). Di questo possiamo essere assolutamente sicuri.


Nel 2015, “Salute e Soldi” che desideri?

Milioni di persone sono convinte che il Signore abbia promesso a tutti i “veri credenti” “salute e soldi” e che Dio sia obbligato a rispondere positivamente alle preghiere di coloro che hanno “abbastanza fede”.
Quando poi, inevitabilmente, rimangono delusi, si convincono che Dio non vuole loro bene e gli si rivoltano contro. Se la prendono con i predicatori del vangelo di “Salute e Soldi” che li hanno ingannati con l’intento di riscuotere delle offerte più abbondanti. È vero che alcuni di questi vivono in palazzi principeschi e girano il mondo nei jet privati, ma il segreto della loro dottrina pare funzionare meglio per loro che non per i loro seguaci!

Tanto per cominciare, sembrerebbe un po’ contraddittorio che i seguaci o i  promotori di questo falso vangelo ostentino il diritto di vivere a livelli stratosferici, mentre il Signore che predicano e professano di seguire, girava la Palestina a piedi senza neanche un posto “dove posare il capo”. Neppure gli apostoli riuscivano a vivere nel lusso privi di dolori e mali e con la pancia sempre piena. Sarà perché non avevano “abbastanza fede”?
No, purtroppo, il vangelo di “Salute e Soldi” è un vangelo falso e ingannevole, che porta soldi solo a chi lo promuove, lasciando migliaia o milioni a bocca asciutta.

Gli apostoli Pietro e Paolo hanno pregato per alcuni malati che Dio ha sanato, ma non hanno mai fatto illazioni che fosse il loro “mestiere” guarire tutti, e mai hanno detto che possedere “Salute e Soldi” fosse il risultato né del predicare il Vangelo né del crederlo. Al contrario, le sofferenze facevano parte della vita normale di Paolo: “in ogni cosa raccomandiamo noi stessi come servitori di Dio, con grande costanza nelle afflizioni, nelle necessità, nelle angustie, nelle percosse, nelle prigionie, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con conoscenza, con pazienza, con bontà, con lo Spirito Santo, con amore sincero; con un parlare veritiero, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra” (2 Corinzi 6:4-7). Non sembra aver avuto troppe esperienze di “Salute e Soldi” da raccontare, né vissuto una vita da principe!
Ad un certo punto uno dei suoi apprezzati collaboratori si era ammalato e, non potendo aiutarlo, Paolo l’ha dovuto lasciare indietro: “Erasto è rimasto a Corinto; Trofimo l’ho lasciato ammalato a Mileto” (2 Timoteo 4:20).

“Dio governa e controlla ogni cosa” e “può fare tutto ciò che gli piace”, ma il suo piano è che i suoi figli ubbidiscano, lo seguano e vivano nella fede e la pace, ma non nella ricchezza o sempre in salute.

Il segreto di una fede autentica

Se Dio non esaudisce una preghiera di un suo figlio, il motivo non è perché non si ha “abbastanza” fede per essere ascoltati o guariti. Tra le condizioni che Dio ha posto per rispondere alle nostre preghiere non c’è la clausola di una “quantità sufficiente di fede”. La fede non basta mai, perché non è la fede, da sola, che possa aiutare o risolvere alcunché, ma è Dio che esaudisce. Dio, non la fede.

La fede, sia chiaro, è necessaria (Ebrei 11:6) e dev’essere posta in Dio sovrano e onnipotente. È questo il segreto di una fede che porta la salvezza, che porta una guarigione.

Gesù ha detto: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo sicomoro: «Sradicati e trapiantati nel mare», e vi ubbidirebbe” (Luca17:6).
L’espressione “un granello di senape” era un modo di dire per indicare la misura minima possibile. Perciò, il problema non è di avere una certa quantità di fede, ma proprio di averne.

Avere fede in Dio, fede in ciò che ha rivelato nella Bibbia, è il fatto discriminante per ricevere o meno ciò che Egli promette nella sua Parola. Avere tantissima fede in chiunque altro o qualunque altra cosa non vale nulla. Fede in te stesso, fede nelle promesse umane, fede negli idoli o in santi morti non può raggiungere nessun risultato.

A pensarci bene, però, “avere fede” in Dio non è affatto nelle possibilità umane perché, come spiega la Bibbia, tutti gli esseri umani sono totalmente separati da Dio a motivo del loro peccato.

La fede autentica nasce dall’udire la Parola di Dio (Romani 10:17) e spinge l’uomo o a voler nascondersi da Dio o a implorare il perdono per tutto il peccato che lo separa da Lui. Soltanto chi si umilia e chiede perdono a Dio, potrà di seguito, e a motivo di quell’atto di fede, fargli una richiesta con fede e sapere che sarà esaudita, se è secondo la sua volontà. Dio risponde alle nostre preghiere per il nostro bene. Se le rifiuta, non è quindi per la nostra mancanza di fede, ma perché Lui, sovrano e onnisciente Dio, ha un piano per benedirci più completamente, in un altro modo.

Nell’Anno Nuovo, Dio ci benedirà oltre ogni limite se siamo in comunione con Lui e  impariamo a pregare per le cose che sono nel suo cuore per noi e per i nostri cari.

— Guglielmo Standridge

La VOCE dicembre 2014

Migliorare è possibile!

Il 2014 sta per finire in fretta e molto presto cominceremo un Anno Nuovo. Un anno che nessuno di noi può prevedere come sarà. Ci sono, però, alcune frasi precise che l’apostolo Paolo ha scritto, che dovremmo tenere in considerazione mentre chiediamo al Signore di darci più chiarezza e di renderci fedeli nel 2015.

Ai Romani ha scritto: “È ora ormai che vi svegliate dal sonno; perché adesso la salvezza ci è più vicina di quando credemmo” (Romani 13:11).
Agli Ateniesi aveva detto che Dio “ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell’uomo ch’egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti” (Atti 17:31).
Ai Corinzi ha scritto: “Eccolo ora il tempo favorevole; eccolo ora il giorno della salvezza!” (2 Corinzi 6:2).
E agli Efesini: “Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi” (Efesini 5:15,16).

Noi, lo staff dell’Associazione Verità Evangelica, stiamo chiedendo al Signore di permetterci di fare tutto ciò che è in nostro potere per collaborare all’evangelizzazione dell’Italia e all’edificazione della sua Chiesa nel 2015.
Siamo sicuri che vorrai fare anche tu questa preghiera e questo augurio. Perciò ti invitiamo ad agire immediatamente, telefonandoci e ordinando quante copie potrai distribuire in questi tempi di festa, del libretto “UN FIGLIO CI È NATO” della collana “Una settimana con Maria Teresa” (segui questo LINK per più informazioni). Potranno servire per parlare del vangelo ai tuoi famigliari e amici con amore e chiarezza.


Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo.
—Efesini 1:3

Carissimo fratello, carissima sorella in Cristo, che da tanto tempo preghi e sostieni l’opera del nosto ufficio

Guglielmo Standridge 2014Eccoci insieme quasi alla soglia di un altro anno. Come dice il versetto in cima a questa pagina, il 2014 è stato un anno in cui il Signore ci ha accompagnati, guidati, protetti e benedetti. Ed è giunto il momento di meditarlo insieme e di ricordare i tanti benefici ricevuti. Benedizioni soprattutto spirituali: fiducia nella potenza di Dio che non ci ha mai abbandonati, pace interiore, speranza in mezzo ai problemi, gioia per il futuro che ci attende.
Quanto vorrei incontrarmi con te, e con tutti i nostri fratelli e sorelle dell’Italia, per cantare insieme l’inno che piaceva tanto a Maria Teresa: “A Te la gloria, risorto Signor! A Te la vittoria, o Liberator!”. Un giorno non lontano, ci incontreremo davvero, con tutti i redenti, a cantare davanti al trono la gloria dell’Agnello immolato per noi. Nel frattempo, continuiamo a servire Dio secondo la grazia che ci dà.
Il nostro ufficio, fondato da Maria Teresa e da me per la gloria del Signore, s’adopera da oltre 50 anni per la costante diffusione della Parola di Dio in Italia. La sola Parola che ci rivela la verità eterna, la grazia infinita, la gioia ineffabile, la salvezza per grazia e le promesse eterne.

  • Nel 2014 abbiamo stampato il numero speciale evangelistico “Pronti, si cambia!” della VOCE del VANGELO, di cui avete distribuito più di 32.000 copie!
  • Al principio dell’anno abbiamo fatto la prima ristampa del libro A CHE SERVO SE NON SERVO? di Maria Teresa, scritto dal suo cuore nei mesi prima della sua partenza per stare per sempre col Signore. La prima edizione del libro si era esaurita in poche settimane.
  • Abbiamo stampato e distribuito anche il mio ultimo libro, I MIEI BAMBINI IN CHIESA? SÌ, MA... per aiutare i genitori di bambini piccoli a educarli e gestirli nel contesto del culto.
  • Abbiamo continuato a stampare e distribuire i corsi per corrispondenza dell’Istituto Biblico Bereano. Solo nel 2014 ne abbiamo prodotte 500 copie.
  • Abbiamo scritto, stampato e spedito oltre 16.000 copie della VOCE del VANGELO.
  • E ogni settimana abbiamo continuato a spedire tutte le ordinazioni degli altri nostri libri e pubblicazioni. Tutto questo e molto altro è stato fatto per la gloria del Signore e soltanto con la tua preziosa collaborazione, con il sostegno finanziario e le tue preghiere.


La fine dell’anno, però, è anche l’inizio di uno nuovo

Ti chiediamo di unirti a noi nel chiedere al Signore di guidarci nei prossimi progetti futuri. Vogliamo continuare a mettere a disposizione delle Chiese italiane della buona letteratura, fedele alle Sacre Scritture, sia come materiale da distribuire sia come ristampa di alcuni libri, molto richiesti e utili.
Stiamo già pensando alla nuova edizione evangelistica della VOCE che ti arriverà nel numero di marzo. Preghiamo che sia di nuovo uno strumento efficace nelle mani dei credenti che lo distribuiranno.

Continueremo a seguire i nostri studenti iscritti all’Istituto Biblico Bereano, correggendo i loro questionari d’esame e rispondendo alle varie domande che ci invieranno. Diverse Chiese hanno trovato utili i nostri corsi e li usano negli incontri di studio biblico.

Vogliamo raggiungere gli italiani anche all’estero e offrirgli gratuitamente, attraverso il nostro sito, dei testi di approfondimento, articoli su argomenti importanti e guide giornaliere per la lettura personale della Bibbia.
Con l’aiuto del Signore, ognuno di questi progetti richiede tempo, impegno e attenzione da parte nostra. E tu potrai farne parte sostenendoci con le tue preghiere.

— Guglielmo Standridge

La VOCE novembre 2014

Troppi giovani in pericolo. Troppi genitori impreparati

“Hai visto al telegiornale di un ragazzo romano che si è suicidato? Beh, era un compagno di scuola di mio figlio Alfredo…”

Chi mi parlava al telefono, con la voce spezzata dall’emozione, era un padre preoccupato in cerca di risposte concrete: “Ma perché commettono queste sciocchezze? Cosa dobbiamo fare per aiutare i nostri figli a ragionare bene?”.
Domanda giustissima.

Genitori di figli adolescenti ben presto si rendono conto che, arrivati ad una certa età, è difficile ragionare con loro, non ti si filano neanche quando li avverti di un pericolo reale da evitare. Come fare perché ti diano retta e ti ascoltino?
Le notizie di cronaca di giovani che provano la droga e si ammazzano, si sprecano. Come di altri che, con la patente fresca fresca e il primo permesso strappato di usare la macchina di papà, si mettono a fare gare spericolate con altri neo-patentati con risultati devastanti.

E che dire di ragazzi e ragazzine che “provano” il sesso quando sono ancora giovanissimi?
I genitori credenti non sanno più cosa fare.

Gli avvertimenti sembrano entrare in un orecchio e uscire dall’altro: i figli non vogliono sentire raccomandazioni e divieti. Sono oramai emancipati, ribelli e incorreggibili prima ancora che papà e mamma si rendano conto che non sono più “bambini”.
Alcuni genitori cedono su tutto perché hanno paura di pretendere l’ubbidienza. Si nascondono dietro l’illusione che i loro bambini sono bravi e educati.

Leggi il seguente estratto di un articolo sugli adolescenti, e, poi, ti dirò quello che dobbiamo fare.

I segreti del cervello degli adolescenti

[...] Il progetto del Dott. Jay Giedd, [...] del National Institute of Mental Health di Bethesda, Maryland ha lo scopo di determinare come si sviluppa il cervello dall’infanzia all’adolescenza e fino alla prima età adulta. Giedd [...] ha dedicato gli ultimi tredici anni ad esplorare la testa di 1800 bambini ed adolescenti usando la Risonanza Magnetica ad alto potenziale (RMI).
[...] Prima degli studi fatti da Giedd e collaboratori all’UCLA di Harvard, dal Neurological Institute di Montreal e da una dozzina di altri istituti, la maggior parte degli scienziati riteneva che il cervello fosse un prodotto praticamente finito dal momento in cui un ragazzo raggiunge i 12 anni. Non solo sembrava che il cervello raggiungesse la sua dimensione completa, spiega Giedd, ma “in molta letteratura psicologica, tornando indietro fino allo psicologo Jean Piaget, lo stadio più alto sulla scala dello sviluppo cognitivo, quello delle operazioni formali, si verifica a 12 anni”.
 Gli studi di Giedd hanno dimostrato ciò che ogni genitore di un teenager sa: non solo il cervello dell’adolescente è lontano dall’essere maturo, ma sia la sostanza grigia che quella bianca sono sottoposte ad estesi cambiamenti strutturali ben oltre la pubertà. [...]
L’ultima parte del cervello a subire la recisione sinaptica e ad essere conformata alle sue dimensioni adulte è la corteccia prefrontale, sede delle cosiddette funzioni esecutive-pianificazione, individuazione delle priorità, organizzazione del pensiero, soppressione degli impulsi, valutazione delle conseguenze delle proprie azioni. In altre parole, l’ultima parte del cervello a crescere è la parte capace di decidere.
“Gli scienziati ed il senso comune generale avevano attribuito ai cambiamenti ormonali le cattive decisioni prese dagli adolescenti” dice Elisabeth Sowell, una neuroscienziata UCLA che ha condotto un’esemplare indagine RMI sullo sviluppo del cervello. “Ma una volta che abbiamo iniziato a mappare dove e quando avvengono i cambiamenti del cervello abbiamo potuto dire: aha, la parte del cervello che rende i teen-ager più responsabili non ha ancora finito di maturare”.
Giedd dice che la miglior stima di quando il cervello è veramente maturo è 25 anni, l’età in cui negli USA si può noleggiare un’auto”. [...] 
Estratto dall’articolo “What makes teens tick” di Claudia Wallis, pubblicato sulla rivista Time del 7 giugno ’04 - www.isisromero.it

Il principio chiave

Non basterà dire a nostri figli che non possono fare  questo o quello perché non avranno il cervello tutto sviluppato prima del 25° compleanno. Non gli importa e non ci crederebbero.
Ma, possiamo dire loro: “Figli, ubbidite ai vostri genitori in ogni cosa, poiché questo è gradito al Signore” (Colossesi 3:20). Purtroppo, può capitare che anche quello non gli importi e non ci credano! 

“Correggi tuo figlio; egli ti darà conforto, e procurerà gioia al tuo cuore” consiglia Proverbi 29:17. “Sì, ma se non mi ascolta?” dirai tu.

Allora, proviamo questo: “Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (Proverbi 22:6). La parola “insegna”, nell’originale Ebraico, viene dalla parola “stretto”, e assume qui il significato “indicagli la via stretta”! A chi, però? Non all’adolescente (perché sarebbe già parecchio troppo tardi!), ma al “bimbo”, sin dai suoi primi mesi di vita.

Ovviamente, la “via stretta” non vuol dire una dura o crudele, ma la strada corretta. È “stretta” perché esclude ogni altra via laterale.

Troppi genitori lasciano i loro piccoli liberi di seguire non la via stretta e corretta, ma quella che gli pare! È contro ogni logica, allora, aspettarsi poi che da adolescenti questi ad un tratto si mettano a ubbidirgli, che capiscano finalmente che è il loro dovere e che gli fa realmente bene sottomettersi ai genitori. I genitori dovevano insegnarlo e esigerlo da loro quando era possibile e necessario, cioè da bambini.

Se è vero che il cervello umano, fino a dopo i vent’anni, non ha sviluppato quell’area in cui si giudicano le decisioni e le scelte alla luce del loro effetto futuro, bisogna tenerne conto con cura. È chiaramente compito dei genitori continuare a istruire e guidare i loro figli attraverso i tanti possibili disastri di scelte sbagliate nell’adolescenza. E di pretendere che, come insegna la Bibbia, i figli ubbidiscano!
La Bibbia afferma (ed io lo credo), che i figli, in questo caso, “onoreranno” i genitori. Ogni giovane ha bisogno di genitori che lo amano e lo guidano fino alla maturità!

Ma non basterà insegnare ai bambini (o ai giovani quasi adulti), “cosa fare”. E neanche “come fare”!

Esiste un principio chiave, un insegnamento che molti genitori non conoscono o non insegnano, ma che è decisamente più importante d’ogni altro principio, regola o abitudine che potrai mai insegnare a chi è più giovane di te.
Trascurare questo principio maestro è una garanzia sicura del tuo fallimento come educatore. Un fallimento con delle ripercussioni serie anche sui tuoi figli, nipoti e nipotini.

È un principio che dev’essere insegnato ripetutamente neii vari stadi di crescita dei figli, dall’infanzia fino all’età adulta quando sono ormai pronti a impegnarsi nel loro lavoro, nella professione e nella famiglia.
È il segreto di un’ubbidienza crescente, sana, non imposta ma praticata con gioia. Non è il “cosa fare” né il “come fare” (che sono, ovviamente, da non trascurare). Il principio principe del comportamento, il re di tutti gli altri è il “perché fare”!
Tu sai perché è importante, essenziale e fondamentale che tu e i tuoi vi comportiate in un certo modo? È perché Dio ha fatto noi esseri umani perché raggiungessimo il massimo della potenzialità per cui siamo stati creati. E ciò può avvenire solo quando si è sottomessi alle leggi che Egli stesso ha stabilito.

Ecco ciò che Dio ha detto: “Tu amerai dunque il Signore, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Deuteronomio 6:5-7).

Il compito di ogni genitore è di far capire che Dio ha il diritto di stabilire le leggi giuste perché la nostra vita sia vissuta in perfetta armonia con Lui e con le leggi dell’universo. È nostro dovere guidare i nostri figli nella sottomissione. Prima nell’infanzia, insegnandoli di essere soggetti ai genitori perché ciò è la volontà di Dio. Poi, via via che crescono in conoscenza e maturità, aiutarli a imparare a ubbidire a Dio per conto loro, come suoi figli. Così, i nostri figli e nipoti, rigenerati per la potenza dello Spirito Santo, avranno raggiunto la vera saggezza e lo scopo per cui esistono.

Genitore, non trascurare questo compito importantissimo che Dio ti affida!

— Guglielmo Standridge


Lo devono vedere in te!

Dio ordinò a Mosè: “Lavora sei giorni e fa tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo” (Esodo 20:9). Ecco, allora, la regola: sei giorno di lavoro e uno di riposo (e non viceversa!). Perciò proprio perché Dio vuole che lavoriamo, dobbiamo abituare i nostri figli a farlo e a farlo con piacere, come un servizio per il Signore.

Come si fa? Col nostro esempio, prima di tutto. Ho detto che il lavoro di solito è considerato una galera. Perché non abbiano questo atteggiamento anche loro, bisogna che i bambini vedano una mamma che si alza contenta di affrontare una giornata operosa, che non sbuffa quando deve lavare i piatti, che non fa storie quando c’è da pulire a fondo l’armadio o da lucidare oggetti di rame o ottone.

Bisognerà che vedano un padre che va a lavorare con piacere, che non parla sempre contro il suo datore di lavoro e che ringrazia Dio per la forza di lavorare, per la salute e la capacità di provvedere ai bisogni della sua famiglia. Devono vedere i genitori che godono nell’osservare i risultati del loro lavoro, qualunque esso sia: una torta ben riuscita, un rubinetto che non sgocciola più, un filare di fagioli che vengono su dritti e sani nell’orto, un articolo ben scritto e ben stampato.

L’esempio è qualcosa che ti si attacca. Tempo fa, ho visto un bambino di tre anni lavorare nell’orto con suo padre e raccogliere da solo venti chili di pomodori. Ho visto anche delle giovani spose stare per ore davanti alla TV, mentre il loro lavandino era stracolmo di piatti da lavare. Esattamente come avevano visto fare dalle loro madri.

— Dal capitolo “Chi non lavora non mangia” del libro “Figli piccoli, Gioie grandi” di  Maria Teresa Standridge de Giustina
Vedi la scheda del libro e ordinalo da QUI.

La VOCE ottobre 2014

Nuvole, trombe, grida e addormentati

“Scusami, Tonino, hai un momento libero?”
“Sicuro, Tito, cosa ti succede?”
I due si sono conosciuti a casa di Tonino, dove alcuni credenti appassionati della lettura della Bibbia s’incontrano per uno studio biblico settimanale.
Tito li frequentava da poco quando Tonino l’aveva incoraggiato a leggere il Nuovo Testamento per conto suo.
“Forse sono solo un po’ tonto,” dice Tito, “ma mi trovo in mezzo a nuvole, trombe, grida… e anche addormentati e morti e mi sembra un po’ troppo!”
“Sembra troppo pure a me” lo assicura Tonino, ridendo di gusto. “Spiegami come mai sei capitato da quelle parti.”
“Non voglio farti perdere tempo, ma, siccome la settimana scorsa a casa tua abbiamo letto il terzo capitolo del libro che si chiama «Prima epistola dell’apostolo Paolo ai Tessalonicesi», ho avuto l’idea di leggere il capitolo quattro per conto mio prima di venire allo studio di questa sera.”
“Hai pensato proprio bene!” esclama Tonino.
“Sì, ma mi sono confuso. Verso la fine del capitolo, l’apostolo ha cominciato a scrivere: «Non voglio che siate in ignoranza» e poi parla di addormentati che li fanno essere tristi e della tromba di Dio che fa risuscitare i morti. A me sembra più logico che la tromba di Dio faccia svegliare chi dorme, ma, per carità, lo so che a volte non capisco niente!”
“Ma, va’, non c’è niente di male se vuoi capire ciò che leggi. Anzi è molto più grave che alcuni leggono senza capirci nulla, e vanno avanti a leggere lo stesso perché pensano che tanto nessuno capisce la Bibbia. La Bibbia si può capire! La Bibbia si deve capire!
“Hai fatto benissimo a telefonarmi subito. La tua confusione non è nulla di sorprendente e, tanto meno, grave. Guarda, sto chiudendo l’ufficio per andare a casa, così, se avrai un po’ di pazienza, chiariremo tutto stasera, leggendo il capitolo insieme. O.K.?”
“Certo, voglio proprio capire queste frasi e mi serve un po’ di aiuto. A presto!”

Incoraggiati e avvertiti

Sono circa le otto e mezzo. 
Tonino e Pina, sua moglie, hanno sistemato una decina dei loro amici e amiche, arrivati per lo studio, sul divano, le poltrone e le sedie della camera da pranzo. Tutti hanno una loro Bibbia, un quaderno e una penna in mano e sono pronti a cominciare la lettura del quarto capitolo della Prima lettera dell’apostolo Paolo ai credenti della città di Tessalonica.
“Prima di cominciare la lettura” esordisce Tonino, “vorrei chiarire una cosa. Non è un’impresa molto comune, che un gruppo di amici, per niente studiosi di lingue antiche, si incontrino per leggere e cercare di capire un testo scritto duemila anni fa in una lingua che non conoscono. È chiaro che devono avere un bel po’ di coraggio e d’interesse per farlo.”
“E anche un bel po’ di pazienza e perseveranza!” interviene Tito, e tutti ridono.
“Hai ragione, Tito! Però, dal momento che è un Libro ispirato da Dio per farsi conoscere, Egli ha dato a noi credenti la sua presenza, lo Spirito Santo, per aiutarci a capirlo. Perciò andiamo avanti, come hai detto tu, con pazienza e perseveranza!”
Per le dieci e mezzo la lettura si conclude, e tutti discutono su ciò che hanno imparato, mentre gustano i biscotti deliziosi di Pina e una tazza di tè.

Dallo studio di quei versetti che dapprima avevano confuso Tito, tutti hanno ricevuto sia un grande incoraggiamento sia un avvertimento importante. In fondo, l’apostolo Paolo aveva scritto di alcune verità molto trascurate (1 Tessalonicesi 4:13-18). I parenti di diversi credenti di quella città, dopo aver creduto nel Vangelo e nella salvezza acquistata da
Gesù, erano morti. Gesù non era tornato per prenderli, come aveva promesso di fare. I familiari rimasti in vita temevano che i loro cari, morendo prima che Gesù fosse ritornato sulla terra, non avrebbero più goduto della vita eterna promessa ai credenti, e n’erano stati profondamente delusi e disturbati.

Sapendo ciò, Paolo aveva scritto questa lettera per incoraggiarli: i credenti che morivano prima del ritorno di Gesù non erano affatto separati eternamente da Dio. In realtà, solo il loro corpo era morto e
aspettava la risurrezione. La vera persona, il vero “io”, era già alla presenza di Dio, in quello stato di beatitudine che Gesù, parlando al malfattore sulla croce, aveva definito “il Paradiso”. Per descrivere questo stacco dal corpo, Paolo aveva usato la parola “dormire” anche se quei credenti, secondo la descrizione dell’apostolo stesso in Filippesi 1:21-23, erano già “con Cristo”, “cosa di gran lunga migliore” della vita attuale nel corpo.

E Dio farà in modo che tutti quelli che “dormono” saranno svegliati e risuscitati “prima” dei credenti ancora in vita al ritorno di Gesù, quando verrà “sulle nuvole” per accompagnare tutti i suoi alla loro casa eterna. E non ci sarà alcuna parzialità, perché come Egli risusciterà i credenti morti, così “trasformerà” anche il corpo di quelli ancora viventi. Essi saranno raccolti e portati insieme con tutti i credenti risorti a dimorare eternamente col Signore nel cielo.

Comprendere questo piano perfetto del Signore è stata una gioia immensa per Tito e gli altri amici di Tonino e Pina, che si erano messi a leggere la Bibbia da poco. Sono tornati a casa con due pensieri principali.
Primo: la promessa di vita eterna in uno stato di perfetta gioia, con il Signore e tutta la sua immensa famiglia, sarà mantenuta non solo alla lettera ma in un modo che oltrepasserà ogni immaginazione o pensiero umano. Tutti i credenti di ogni popolo, di ogni nazione e di ogni tempo ne faranno parte.
Il secondo pensiero, più impegnativo, è questo: quando il Signore tornerà per prendere con sé la sua Chiesa, tutti i non credenti saranno lasciati indietro, per affrontare i terribili giudizi e sofferenze descritti nell’Apocalisse. Perciò, chi ha ricevuto la grazia di Dio e la certezza della propria salvezza, ha soltanto il periodo attuale, di cui nessuno conosce la durata (ma la Bibbia avverte ripetutamente che è breve!), per evangelizzare i suoi familiari e amici, e tutto il mondo incredulo che resta sotto il giudizio di Dio.

Conosciamo questi fatti?
E ne teniamo conto?

— Guglielmo Standridge


RECENSIONE; Comprendere il futuro importa

Lo studio delle profezie della Bibbia diventa spesso un motivo di divisioni e litigi fra fratelli, di fantasie e inganni, di confusione e di rigetto. Sarebbe meglio non leggerle o non cercare di capirle?
Ovviamente, la risposta è un enfatico “No!”. Le profezie non esistono per soddisfare la nostra curiosità, né per offrirci un programma dettagliato dei piani futuri di Dio. Sono invece essenziali nello studio della Chiesa per due motivi.
Primo, dimostrano con quanta precisione Dio aveva rivelato molti eventi importantissimi già avvenuti, a prova del suo controllo sulla storia, della sua potenza e del suo amore e cura verso il suo popolo.
Secondo, da esse otteniamo sicurezza, gioia e entusiasmo nel nostro servizio per Dio e nell’attesa di ciò che potrà avvenire prossimamente.

Il mio libro preferito per lo studio generale delle profezie sul futuro è Il ritorno di Gesù Cristo di René Pache, edito dall’Uceb. È sintetico, chiaro e molto pratico nella sua serietà.
Pache non fa voli di immaginazione azzardati, né pretende di comprendere e saper spiegare tutti i dettagli di ogni profezia. Questo è un grande vantaggio per il lettore, perché il suo libro non diventa datato e sorpassato, come molti altri che cercano di abbagliare il credente con interpretazioni spettacolari e eclatanti.

L’autore prende una posizione chiara e equilibrata quando la profezia tratta eventi menzionati in più passi della Bibbia, mentre laddove il contesto lo permette (o impone), Pache  espone delle interpretazioni che aiutano il credente a comprendere, in grandi linee, il futuro e le promesse specifiche di Dio sia alla vera Chiesa sia al popolo d’Israele. Fornisce anche delucidazioni riguardo al giudizio finale del male e dei malfattori.

È un libro fedele all’origine divina della Bibbia, completo nel trattamento delle profezie riguardo al futuro, essenziale e comprensibile, degno dello studio impegnato del credente.
La quinta edizione, in forma leggibile e ben impaginata, è disponibile nelle librerie evangeliche.

IL RITORNO DI GESù CRISTO di René Pache. Associazione Unione Cristiana Edizioni Bibliche, Fondi (LT). 2011, Pagg. 384.

— Guglielmo Standridge

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