log in

Categories

La VOCE aprile 2018

Vai direttamente all'articolo successivo:  
Guglielmo risponde | Un pizzico di sale


Sii fedele fino alla morte

I telegiornali ne parlano pochissimo, ma la persecuzione è un’aspra realtà per molti cristiani nel mondo. Porte Aperte, la missione dedicata alla chiesa perseguitata, rivela che ogni mese 214 chiese o proprietà di credenti vengono distrutte, mentre 722 cristiani subiscono rapimenti, stupri, arresti o pestaggi e 322 vengono uccisi per la loro fede. Ogni mese!

La Corea del Nord ritiene il triste primato di 50.000 cristiani rinchiusi in prigione o in campi di lavoro. L’Afghanistan e il Pakistan la seguono nella durezza della persecuzione. Ma i paesi che praticano un qualche tipo di ostilità verso i cristiani sono almeno 609 (stima del Dipartimento dello Stato degli Stati Uniti).

The PewResearch Center afferma che oltre il 75% della popolazione mondiale vive in zone con severe restrizioni religiose.  

In 35 delle 50 nazioni più ostili al cristianesimo, la persecuzione è di stampo estremismo islamico.

Ovviamente, queste statistiche non fanno distinzione tra cristiani nominali e credenti biblici.

E benché non possiamo essere che raccapricciati e disturbati da qualsiasi violenza per qualunque motivo, dobbiamo constatare che morire non è sinonimo di fede genuina in Gesù Cristo. Nondimeno, non ci sono dubbi che molti nostri fratelli oggi soffrono a causa della loro fede, subendo ostilità e discriminazione a vari livelli, nella famiglia, nello studio, al lavoro.

Nel nostro paese la persecuzione è meno visibile, casomai prende forme più subdole: vessazioni psicologiche ed emotive e abusi verbali, ma ugualmente reali e dolorosi per chi li subisce. Pensare che la persecuzione non possa arrivare anche in Italia è rischioso.

Vivi con una prospettiva eterna

C’è un sentiero di sangue, tracciato dai martiri, che attraversa la storia. Ha visto il suo apice durante la Riforma, quando migliaia di migliaia di seguaci di Cristo sono strati trucidati per la loro fede. Oggi, se noi non stiamo soffrendo come loro, non vuol dire che Dio ci ami di più o che ci siamo meritati una protezione particolare. Questo nostro periodo di pace potrebbe finire anche presto.

Per quanto tempo ancora, la vera chiesa potrà denunciare il peccato e parlare apertamente contro l’aborto e contro l’omosessualità, senza essere perseguitata?

Il fatto che non viviamo in una di quelle aree mondiali dove essere cristiani vuol dire rischiare la vita, ci ha reso forse poco consapevoli di questa realtà e non ne parliamo abbastanza.

Anzi, in certi ambienti, il benessere generale che permea la nostra società ha prodotto un concetto distorto della fede evangelica.

Ci sono chiese che evitano qualsiasi argomento negativo, calcano sempre gli aspetti positivi della fede. La loro è una ricerca costante di buoni sentimenti. Pensano che il successo e la prosperità ci spettino di diritto in quanto figli di Dio. Ma predicare che la norma per il credente sia quella di vivere da un trionfo a un altro, è una falsa dottrina che nuoce alla chiesa perché trascura il ruolo biblico della difficoltà e della persecuzione nella vita del credente.

Soffrire per Cristo ha sempre fatto parte della vita cristiana. Sin dall’inizio.

Le parole di Gesù non lasciano dubbi: seguirlo non sarebbe stata una passeggiata, “Se uno vuole venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Troppo spesso, però, pensiamo che la croce di cui parlava Gesù siano quei piccoli disagi quotidiani o le seccature che dobbiamo sopportare. Minimizziamo e spiritualizziamo i concetti scomodi.

Ma per non essere frainteso, Gesù ha detto: “Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. Perché sono venuto a mettere l’uomo contro suo padre, la figlia contro sua madre e la nuora contro sua suocera; e i nemici dell’uomo saranno quelli stessi di casa sua. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me. Chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” (Matteo 10:34-39). “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato” (10:22). Più chiaro di così!

Un messaggio di salvezza che non prende in considerazione il costo del discepolato, non è affatto il vangelo predicato da Gesù.  Egli ha detto: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo ve lo faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato” (Giovanni 15:20b-21).

E l’apostolo Paolo avverte: “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Timoteo 3:12).

Beato te, se soffri

Le persecuzioni non avverranno mai per volontà d’uomini, movimenti religiosi o governi, ma sempre e solo per volontà di Dio. Infatti non ci sono governi o religioni che sorgano senza che Dio lo permetta. Sapere questo deve farci riflettere sui motivi per cui avvengono. Se Dio le permette, serviranno ai suoi scopi eterni e coopereranno al nostro bene (Romani 8:28;31-39).

Nella sua grazia, Dio permette alla chiesa di godere lunghi periodi di pace, ma quando siamo attaccati per la fede, è importante che esaminiamo noi stessi per escludere che siamo noi la causa delle nostre sofferenze, che non siamo di scandalo, che non provochiamo nessuno, che non ci comportiamo male, che non siamo arroganti né presuntuosi nei nostri modi di fare. I guai che ci attiriamo addosso da soli, portano sofferenze inutili.

Strano a dirsi, ma la persecuzione porta alcuni benefici speciali per il credente. Fanno parte degli scopi benefici ed eterni di Dio.

Pietro dice che se soffriamo per Cristo, siamo beati, perché lo Spirito riposa su di noi: “Carissimi, non vi stupite per l'incendio che divampa in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Anzi, rallegratevi in quanto partecipate alle sofferenze di Cristo, perché anche al momento della rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Se siete insultati per il nome di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida, o ladro, o malfattore, o perché si immischia nei fatti altrui; ma se uno soffre come cristiano, non se ne vergogni, anzi glorifichi Dio, portando questo nome” (1 Pietro 4:12-16).

  • Per cominciare, uno dei benefici della persecuzione è che il credente è identificato con Cristo: “Se il mondo vi odia, sapete bene che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe quello che è suo; poiché non siete del mondo, ma io ho scelto voi in mezzo al mondo, perciò il mondo vi odia” (Giovanni 15:18,19). Siamo curati da Cristo anche quando nessuno ci perseguita, ma lo siamo in modo particolare quando siamo odiati a causa sua.
  • In secondo luogo, la costanza e la fede dei credenti nelle persecuzioni sono la prova del giusto giudizio di Dio (2 Tessalonicesi 1:4b-10). Ci sarà una netta distinzione tra i figli di Dio e il mondo, in modo che nessuno potrà contestare il verdetto finale. D’altro canto, la costanza nelle prove perfeziona il credente (Giacomo 1:2-4). È l’opera santificatrice di Dio che ha come scopo ultimo quello di farci diventare simili a Cristo.
  • Poi, la persecuzione purifica la chiesa da falsi credenti (Matteo 13:20). Chi non ha messo le radici in Cristo è presto spazzato via. Alcuni alla più piccola opposizione ammutoliscono, altri smettono presto di frequentare la chiesa. Chi è più disposto a farsi in quattro per le cose del mondo che andare in chiesa, rinuncia all’occasione preziosa di maturare spiritualmente tra i fratelli in vista delle difficoltà future.
    Similmente, nella persecuzione, i falsi dottori si riveleranno dei mercenari che si danno alla fuga quando vedono avvicinarsi il lupo (Giovanni 10:12,13).
  • La persecuzione purifica anche il credente, in modo che porti più frutto per Cristo (Giovanni 15:2), a conferma che la sua fede è genuina. Si è meno attratti dalle distrazioni del peccato e più aggrappati a Cristo quando si è consapevoli di poter perdere la vita. Le cose più importanti acquistano priorità evidente.
  • Infine, ci sarà una gloriosa ricompensa per tutti coloro che avranno sofferto per Cristo (2 Timoteo 2:11,12). È difficile immaginare cosa voglia dire regnare con Cristo, ma è una sua promessa certa!

essere preparati

In tutto questo, è importante capire che il nostro nemico non è mai l’uomo, chiunque esso sia, ma sempre il diavolo. Gli uomini sono solo ignari agenti del diavolo. Per questo non dobbiamo contrastare il male, ma essere miti e amorevoli anche davanti ai soprusi, pregando che Dio conceda ai nostri persecutori di ravvedersi (Matteo 5:39-48).  

A questo punto, la domanda che ci dobbiamo fare è: cosa farei io, se la persecuzione arrivasse anche qui, se essere un cristiano mi costasse la vita? Come cambierebbe il mio comportamento, la mia testimonianza?

È una domanda seria dato che la Bibbia parla di tribolazioni e il Signore non vuole che ci colgano di sorpresa.

Dio ci ha promesso la grazia necessaria per affrontarle nel momento opportuno, non prima (Ebrei 4:16). Come quando Gesù aveva avvisato gli apostoli di non preoccuparsi di ciò che avrebbero detto ai loro persecutori, perché nel momento stesso gli sarebbero state date le parole da dire (Matteo 10:19).

Questo però non significa che, nel frattempo, non dobbiamo fare niente. Gesù aveva detto loro anche: “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (Matteo 10:16). Non siamo chiamati ad essere spericolati, ma saggi e preparati.

In realtà, tutta la crescita spirituale, il progresso nella fede, ha un unico scopo: formare Cristo in ogni credente. Ogni cosa che la Bibbia dice su come comportarci e come piacere a Dio, serve a perfezionarci e prepararci anche in vista di un eventuale martirio.

E la preparazione comincia proprio oggi. È troppo tardi prendere lezioni di nuoto quando si sta per annegare!

Ma come ci si prepara?

Ammettiamolo: umanamente, la prospettiva del martirio spaventa. Ma Dio non vuole che ne siamo dominati. Volta dopo volta, attraverso tutta la Bibbia Egli ci assicura che la sua cura perfetta e il suo amore paterno non ci lasceranno mai.   

“Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire l’anima e il corpo nella geenna. Due passeri non si vendono per un soldo? Eppure non ne cade uno solo in terra senza il volere del Padre vostro. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi valete più di molti passeri. Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io riconoscerò lui davanti al Padre mio che è nei cieli. Ma chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io rinnegherò lui davanti al Padre mio che è nei cieli” (Matteo 10:28-33).

Ecco 9 consigli pratici

  1. Non perdere di vista Dio e il suo carattere. Imparare a conoscere gli attributi di Dio (onnipotenza, onniscienza, onnipotenza…) e le sue perfezioni (perfetto amore, perfetta giustizia, perfetta santità…) aiuta ad affrontare con serenità e fiducia qualsiasi problema. Egli non ha promesso di tenerci lontani dalle difficoltà ma di prendersi cura di noi in ogni circostanza.
  2. Tieni presente la prospettiva eterna. Non viviamo per essere comodi oggi sulla terra ma in vista dell’eternità. Paolo, mentre aspettava la sua sentenza di morte, rassicurava i credenti di Filippi preoccupati per lui, che morire era un guadagno. Il peggio che ci può succedere è di andare col Signore. Ed è la miglior cosa!
  3. Studia la Parola. Verrà un giorno in cui studiare la Bibbia sarà difficile o impossibile (e non ci vuole una persecuzione per questo: basterebbe un letto di ospedale). Contatti con altri credenti saranno troppo pericolosi. Tutto ciò che avrai a disposizione sarà quello che hai imparato prima! Ti sembrerà assurdo di aver sprecato tante ore a fare cose inutili.
  4. Sviluppa una vita di preghiera. La preghiera è uno dei mezzi più belli che Dio ci dà per consolidare la nostra dipendenza da Lui e per spingerci ad essere sottomessi. Aver imparato ad essere aggrappati e ubbidienti a Dio è una gran cosa nelle avversità
  5. Impara a memoria dei versetti. Dio non può riportare alla tua mente cose che non vi sono mai entrate! Durante la persecuzione comunista in Cina, alcuni detenuti hanno potuto ricostruire larghe porzioni della Bibbia proprio perché l’avevano imparate a memoria. Si dice che con l’età diventa sempre più difficile memorizzare nuove cose: meglio farlo subito. Esistono diversi metodi efficaci di imparare versetti, addirittura capitoli interi, a memoria. Ci vuole impegno, ma ne vale la pena: la mente permeata dalla Parola di Dio è una gran protezione contro il peccato (Deuteronomio 6:6; Giosuè 1:8; Proverbi 2).
  6. Impara ad amare. Amare Dio con tutto il nostro essere è il più grande comandamento. Ma Dio ci comanda di amare anche il prossimo come noi stessi. Come farai ad amare un tuo nemico se non hai imparato ad amare i tuoi fratelli in Cristo (Matteo 5:43-48)? Quando mai potrai perdonare, benedire e fare del bene a chi ti perseguita se non l’hai fatto con la tua famiglia spirituale? Anche in questo, il nostro esempio è il Signore Gesù. Vedere i nemici come persone bisognose d’amore ci aiuterà a reagire nel modo giusto a ogni provocazione.
  7. Canta le verità bibliche la domenica. Il canto, proprio grazie alle rime e alla melodia, è un ottimo modo per imparare delle verità bibliche che saranno di grande sollievo durante i momenti bui. Perciò bisogna fare attenzione a cosa si canta in chiesa e prediligere inni con un contenuto chiaro, biblicamente sano e solido.
  8. Non pensare solo a te stesso. Sei membro di un corpo ed è compito tuo curare la crescita e la preparazione anche di coloro che Dio ha messo nella tua sfera di influenza. Se sei genitore, parlane con i figli; se sei credente da più tempo, aiuta i nuovi credenti.
  9. Scorte di Scritture ovunque. Alcuni credenti, in diverse parti del mondo, quando il governo pensava di aver confiscato tutte le Bibbia, hanno potuto continuare a studiarla proprio perché qualcuno preventivamente ne aveva nascosto delle copie in posti strategici. Può sembrare una misura esagerata nel nostro contesto, ma chi lo sa che non si dimostri provvidenziale per tempi futuri?

Oggi le nostre chiese si sono adagiate a una vita cristiana facile, senza pesi. Per molti, essere credenti si riduce a un evento domenicale (e forse neanche ogni settimana!). Ma i veri credenti e le chiese sane devono essere pronti a soffrire a causa del Vangelo.
La chiesa di Cristo nei secoli è sempre stata purificata dalla persecuzione, forse è il tempo che anche noi lo siamo.


—Guglielmo Risponde—

Posso dirglielo a parole mie?

Caro Guglielmo,
Come sono contento di vedere che hai ripreso a rispondere, come molti anni fa, alle domande di noi lettori della Voce del Vangelo! Infatti, vorrei chiederti un tuo parere su quanto segue.
Oramai ci sono in commercio sempre più edizioni e traduzioni della Bibbia. Quando ci troviamo a parlare della nostra fede agli amici, o ai non-credenti, o anche tra di noi credenti, alcuni sostengono che bisogna citare i passi biblici, così come sono scritti, parola per parola, per evitare una certa confusione. Considerano un pericolo di infedeltà citarli solo con parole nostre. Altri invece pensano che il gergo troppo pio rappresenti un ostacolo alla comunicazione.
Tu cosa ne pensi? È lecito parafrasare le Scritture per renderle più comprensibili?
Come è bene comportarci?   —R.S.


È vero, come dici tu: di traduzioni della Bibbia ne spuntano sempre nuove. Per di più, alcune sette ne fanno addirittura una versione ad hoc, che pretendono sia l’unica “fedele”.

D’altra parte, i credenti e lettori della Bibbia in tutto il mondo sono milioni; parlano e leggono in migliaia di lingue diverse. Sarebbe assurdo pretendere che tutti leggessero la Bibbia in una sola lingua “originale”.

Perciò, le “traduzioni” ci sono e sono necessarie. 

Ma è anche importante che siano fedeli a ciò che, all’origine, Dio aveva guidato gli autori dei libri della Bibbia a scrivere, cosicché il lettore odierno possa avere la certezza che ciò che legge è davvero “Parola di Dio”.

Non è possibile nominare qui tutti i problemi e le soluzioni che riguardano l’accertamento, per quanto possibile, dei testi originali delle Sacre Scritture. Basti dire che, nei secoli, migliaia di fratelli studiosi, autorevoli e ben preparati, hanno consacrato la loro vita a questo scopo, raggiungendo conclusioni che sono state riconosciute e approvate dalla maggioranza di quelli che ritengono la Sacra Bibbia essere autentica Parola di Dio, di cui il testo è effettivamente ispirato e garantito da Dio stesso.

Benché non esista nessuna traduzione che sia formalmente o ufficialmente riconosciuta come l’unica e perfetta, abbiamo in italiano, e in moltissime lingue, delle traduzioni che sono largamente riconosciute come Parola di Dio da credenti di chiese fedeli alla Bibbia, e quindi degne di fiducia e di diffusione. Siamo pienamente convinti che Dio abbia protetto i testi antichi da contaminazioni e che abbia guidato i traduttori fedeli nel realizzare queste versioni che usiamo.

Perciò, è giusto che, come tu hai accennato, chi predica o insegna oggi consideri e tratti la sua Bibbia come Parola di Dio e proponga quelle precise parole come rivelazione di Dio per l’uomo. E che respinga ed escluda l’uso di traduzioni personali, o di gruppi e movimenti non ritenuti dottrinalmente sani e fedeli alle Scritture.

Per concludere, però, ti devo avvertire che la sola lettura o recitazione pubblica della Bibbia non può essere considerata un ministero completo. “Predicare” o “insegnare” la Bibbia, nelle riunioni della chiesa o in gruppi di studio biblico, significa spiegare il senso del testo biblico, chiarendo il significato delle parole, delle frasi, delle usanze, della storia e delle dottrine contenute nel testo biblico.

Più leggi, mediti e impari, anche a memoria, le parole stesse della Bibbia, più le amerai e praticherai, meglio le spiegherai e più felice sarai a farlo.

Perciò, che sia negli studi biblici, nell’evangelizzazione o nelle conversazioni personali, le tue parole, pesate e conformi alla verità biblica, espresse con semplicità e umiltà, saranno importanti e convincenti. Che Dio ti benedica. n
—Guglielmo


 
Ristampa dal marzo 1964

Un pizzico di sale

“Questa storia mi fa piangere” disse Davide con gli occhi lucidi. Anche Deborah e Daniele erano terribilmente seri dopo che Mamma aveva finito di raccontare la storia, successa almeno cento anni fa, di una ragazza di sedici anni, morta nella bufera di neve, per salvare i suoi due fratellini, sperduti con lei nella tormenta.
“Ma è proprio una storia successa davvero?” chiese Deborah. “Janet è proprio morta?” “Sì.”
“Ma lei amava Gesù?” chiese Daniele. “Sì” rispose Mamma. “Non ti ricordi che lei e i fratelli avevano pregato che qualcuno li venisse a trovare?”
“Ma, allora, perché Dio fa succedere le cose tristi anche a quelli che vogliono bene a Gesù?”
“Dio sa quello che fa” spiegò Mamma. “Probabilmente Lui sapeva che la cosa migliore per Janet era andare in cielo in quel momento, e così l’ha presa con sé.”
“Ma la sua mamma e il suo papà avranno pianto...” disse Davide. “E i suoi fratellini saranno dovuti andare a scuola da soli” continuò Deborah.
“Io sarei molto triste se Stefanino morisse... Ma i bambini piccoli non muoiono, vero Mamma?” disse Daniele.
Mamma attirò a sé i suoi piccolini, ingolfati in pensieri più grandi di loro e si mise a parlare piano piano: “Adesso ascoltatemi bene perché sono cose un po’ difficili. Quando papà vi dice di fare certe cose, come fare il pisolino o mangiare le lenticchie, vi piace?” “No” fu la risposta unanime.
“E voi piangete?” “Deborah e Davide sì!” esclamò Daniele. “Anche tu!” accusarono gli altri due.
“Beh” continuò Mamma, “papà sa che il pisolino vi fa diventare più felici e che le lenticchie vi fanno diventare più forti. Però voi non lo capite e piangete. È un po’ lo stesso fra Dio e noi. Certe volte Egli fa succedere delle cose che ci fanno diventare tristi, ma Egli sa che ci fanno del bene. Anche quando fa morire qualcuno che amiamo... La morte è una cosa un po’ triste, ma Dio dice nella Bibbia che è bella per quelli che amano Gesù. Perché Egli li viene a prendere in braccio e li porta nella città di luce, con le porte di perle e le strade d’oro.”
“E poi quando saremo tutti morti, saremo di nuovo tutti insieme e avremo finito di morire!” concluse trionfante Daniele.
E non c’era più niente da spiegare. Nessuno poteva dire qualche cosa di più vero e di più completo.

 

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59

 

La VOCE marzo 2018

Vivere di debiti non piace a nessuno.

Ti logora come uno stress muto nell’angolo recondito della mente, finché non avrai pagato tutto il dovuto. Come credenti, Dio vuole che siamo liberi da ogni ansia. In Romani 13:8 Egli dice: “Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri”.

Il nostro debito più grosso, l’ha pagato Lui stesso. Gesù, sulla croce ha dichiarato di aver compiuto tutto il necessario per la nostra eterna salvezza. “È compiuto!” (Giovanni 19:30) vuol dire che non c’è più nulla da pagare. Nessun conto in sospeso con Dio.

Ma abbiamo un debito ancora da assolvere!

È quel debito di cui parla Paolo nella sua lettera ai Romani, nei confronti di tutti gli uomini, indipendentemente della loro nazionalità, religione o cultura: “Io sono debitore verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti; così, per quanto dipende da me, sono pronto ad annunciare il vangelo anche a voi che siete a Roma” (Romani 1:14).

Pensavi che fosse un debito solo suo? Dio non aveva forse comandato a tutti i credenti di predicare l’evangelo ad ogni creatura?

Cosa ne è del nostro debito verso i parenti, amici e colleghi? Come lo stiamo assolvendo?

Come crederanno se non hanno mai sentito parlare di Cristo?

L’amore di Dio che abbiamo conosciuto, ci costringe, come Paolo, a supplicare la gente intorno a noi di essere riconciliati con Dio (2 Corinzi 5:14,20)? Noi siamo gli strumenti di Dio per la salvezza della gente. Ma, se siamo onesti, dobbiamo ammettere che abbiamo ampio margine di miglioramento.

Alcuni puntano sulla loro testimonianza silenziosa: si limitano a condurre una vita moralmente corretta e onesta, sperando che qualcuno osservandoli scopra che sono credenti. Altri vedono il loro coinvolgimento nel sociale come una sorta di evangelizzazione. Altri ancora raccontano la storia della loro conversione, “danno la loro testimonianza”, pensando che quella possa attirare le persone a Cristo.

Non c’è dubbio che Dio si serve di tutte queste cose per destare le coscienze dei non credenti verso il messaggio del vangelo.

Paolo infatti esorta: “…siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita…” (Filippesi 2:15,16a). Il salmista invita: “Venite e ascoltate, voi tutti che temete Dio! Io vi racconterò quel che ha fatto per l’anima mia” (Salmo 66:16). E Giacomo fa notare che dire di aver fede, ma non agire di conseguenza è una contraddizione: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? ... Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi, uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le [tue] opere, e io con le mie opere ti mostrerò la [mia] fede»” (Giacomo 2:14-18).

La nostra condotta irreprensibile, il servizio altruista e la testimonianza personale di vita vissuta sono necessari, ma non possono sostituire l’esposizione chiara del messaggio del vangelo.

Può darsi che, avendo visto il vangelo presentato in modi sbagliati, siamo intimiditi dalle possibili reazioni delle persone, che possano pensare che cerchiamo solo di imporre le nostre idee. Ricordiamoci allora che solamente Dio può toccare i cuori e aprire gli occhi, non noi. Il più grande evangelista di tutti i tempi lo sapeva bene quando ha detto: “Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!” (1 Corinzi 3:6,7).

La mancanza dei risultati immediati potrebbe scoraggiarci e indurci a pensare di non essere capaci di presentare bene il vangelo. Ma non spetta a noi convertire qualcuno: quello lo fa Dio. E il mezzo che Egli usa è la predicazione del vangelo. Non c’è nulla di più importante, di più bello o che abbia più valore del predicare il vangelo ai non credenti.

Allora, come migliorare?

Prima di tutto dobbiamo essere consapevoli che tutto dipende da Dio. Non saranno le nostre belle parole, neanche le più azzeccate, a cambiare il cuore delle persone. Come non lo farà nemmeno la nostra buona condotta. Le parole di Gesù erano sempre giuste, la sua vita irreprensibile e Lui era spinto dall’amore più puro. Eppure moltissimi non si sono convertiti. Perciò, in preghiera, mettiamo nelle mani di Dio ogni opportunità, le parole e l’atteggiamento con cui presentiamo il vangelo. E prendiamo esempio di Paolo che chiedeva ai credenti di pregare per lui (Colossesi 3:2-6), che diventi una nostra abitudine intercedere gli
uni per gli altri.

Secondo: il messaggio è potente solo quando è presentato nel modo più accurato possibile. Non ammorbidirlo! Non cambiarlo! Sii biblico! Paolo lo dice chiaro: “Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, ... poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com’è scritto: «Il giusto per fede vivrà»” (Romani 1:16,17).

Da fede a fede, Dio la trasmette, dal credente al non credente. Molti deridono e si ribellano all’idea di una verità assoluta. Lo sappiamo e questo non ci spaventa. E non ci vergognamo di proclamare l’assoluta verità di Dio. Per il loro bene.

Terzo: il messaggio non è il nostro, ne siamo solo umili ambasciatori. Riconosciamo che non siamo affatto migliori degli altri, ma che anche noi avevamo un bisogno disperato di ascoltare il vangelo (rileggiti Efesini 2). Se la gente respinge quello che diciamo, non rigetta noi, ma Cristo. Non ne facciamo una battaglia personale, come per vincere un dibattito, e non roviniamo la buona notizia con la nostra arroganza.

Quarto: la notizia che abbiamo è buona! Se ce lo terremo in mente, influenzerà il modo in cui lo presentiamo.

Ho sentito alcuni “evangelizzare” senza mai menzionare il peccato. Parlavano della paura della morte, di volersi sentire amati da Dio, di come vincere le paure e sentirsi meglio… Hanno parlato di tutto tranne che del punto principale del messaggio. È quello che fa del vangelo una buona notizia!

Se non si parla del peccato, non si sta evangelizzando! È il punto cruciale del nostro messaggio. Cristo non è morto per farci stare meglio o per essere un esempio di chissà che. No! La sua morte era l’unico modo per donarci il perdono e la vita eterna. Quando parliamo di Lui a un non credente, bisogna che sia chiaro che Gesù deve divenire il suo Salvatore e Signore.

Servendoci dei versetti tratti dalla Parola di Dio, spieghiamo con parole chiare la realtà del peccato, la soluzione offerta da Dio e la responsabilità individuale di chi ci ascolta. Solo le parole bibliche – non le nostre opinioni, non i nostri pensieri – hanno un valore eterno.

Quinto: chiediamo a Dio di poter avere la stessa compassione di Gesù verso gli altri. “Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Matteo 9:36-38).

Se non riusciamo a vedere le persone come le vede Gesù, difficilmente saremo spinti ad andare oltre la nostra zona di comfort. Portare il vangelo richiede sacrificio.

Abbiamo un compito difficile, ma non impossibile. Lo possiamo fare. Si tratta di prendere sul serio la Parola di Dio ed essere ubbidienti.

Abbiamo anche tanti mezzi per aprirci la strada: calendari, volantini, libretti, opuscoli e inviti a riunioni speciali. La chiesa stessa, come l’insieme dei credenti, è un mezzo che Dio vuole usare per raggiungere i non credenti: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35). Allora impegniamoci tutti insieme per assolvere il nostro debito verso un mondo di pecore smarrite senza pastore.

Un ottimo strumento per "sdebitarti"

Il foglio evangelistico "DICIAMOCELA TUTTA" è una presentazione chiara e semplice del problema più grave dell'uomo e la soluzione di Dio. Come tutti i nostri opuscoli evangelistici, anche questo può essere personalizzato con un tuo messaggio che inseriamo nello spazio predisposto.

Diciamocela tuttaDICIAMOCELA TUTTA

Opuscolo di evangelizzazione personalizzabile

Tu sai che siamo tutti uguali agli occhi di Dio. Siamo tutti peccatori. Ma il fatto che tutti peccano non ci scagiona. Come pure che non eviteremo il giusto giudizio di Dio per i nostri peccati solo perché qualcun altro ha commesso un peccato più grave del nostro.

Che dobbiamo fare allora? Possiamo provare a fare il meno male possibile? Oppure trovare un modo per scontare la pena delle nostre azioni? Forse attraverso le sofferenze che sopportiamo nella nostra vita? Forse facendo dei scarifici? Oppure speriamo di espiare il peccato con una punizione temporanea dopo la morte?

Clicca sulla copertina qui a sinistra per leggere tutto il contenuto, oppure aprilo cliccando QUI.

I prezzi includono la stampa di un messaggio personalizzato nello spazio predisposto sulla quarta pagina.

PREZZI A COPIA PER IL NUMERO SPECIALE di evangelizzazione “DICIAMOCELA TUTTA”
1.000 copie € 120,00
2.500 copie € 200,00
5.000 copie € 300,00
Per tirature diverse chiamare allo 06-700.25.59

N.B.: I costi del trasporto sono a carico del committente

Tempi di consegna 10 giorni lavorativi dall'ordine

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59

 

La VOCE febbraio 2018

Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT in Italia ci si sposa sempre meno mentre aumentano le convivenze, così come aumentano anche le unioni civili tra i gay. È un triste quadro della società, a conferma di quello che la Bibbia dice riguardo la natura umana.

Conoscendo le Scritture, è una tendenza che non ci sorprende affatto, ma d’altra parte questa statistica dovrebbe spingerci, sia individualmente che come chiese, ad avere le idee chiare sull’importanza del matrimonio cristiano e della famiglia.

La società, con le sue teorie antibibliche e i ragionamenti che non tengono conto di Dio, cerca in tutti i modi di imporsi sulla nostra morale. C’è da domandarsi se le guide delle nostre chiese stiano all’erta facendo tutto il possibile. Il possibile per istruire e preparare i credenti a essere un punto di riferimento di eccellenza morale e di coerenza di fede per un mondo in cui le relazioni basilari vanno sempre più alla deriva a causa dei valori tradizionali messi in discussione.

Come sono i matrimoni oggi? Funzionano davvero come dovrebbero?
In che modo stiamo aiutando i nostri giovani a essere preparati a cercarsi un marito o una moglie?

A che età dovremmo cominciare a istruire i ragazzi sul matrimonio, il rapporto più importante e duraturo della loro vita? Ci stiamo pensando? Stiamo adempiendo il nostro dovere adeguatamente?

Vai direttamente all'articolo successivo:

I privilegiati | Lezioni d'amore | Il peccato imperdonabile



Adorare chi?

Ogni credente adori il Signore! È un comando che suscita diverse reazioni.

Gesù ha detto: “Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori” (Giovanni 4:23).

Ovviamente adoriamo Dio quando ci riuniamo come chiesa. Alcuni pensano che sia il momento del canto. Altri dicono che l’adorazione comprende anche la cena del Signore. Ma allora l’offerta non ne farebbe parte? E la predicazione?

A guardare bene, l’affermazione di Gesù va ben oltre questi momenti speciali durante il culto.
L’adorazione, infatti, non è solo un singolo atto. Agli occhi di Dio, lo si fa per tutta l’eternità. L’uomo è stato creato per adorare Dio ogni momento della sua esistenza.

Adorare, in essenza, significa prostrarsi davanti a Dio, in senso proprio o figurativo, riconoscendo che Egli è il sovrano a cui dobbiamo la nostra gioiosa sottomissione e che siamo tenuti a onorare con ogni cosa che facciamo.

Il primo capitolo della lettera ai Romani descrive lo stato naturale di ogni persona non convertita. L’uomo ha mutato l’oggetto della sua adorazione: invece del suo Creatore, adora le cose create. Per questo, tutta l’umanità è sotto la condanna di Dio. Adorare cose sbagliate porta l’uomo a pervertire l’ordine divino delle relazioni tra uomo e donna: non solo abbraccia l’omosessualità come un comportamento naturale, ma travia anche il concetto del matrimonio stesso.

Dio ci avverte di non essere il punto di riferimento a noi stessi: “Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo” (1 Giovanni 2:15,16).

Per chi ama il mondo, appagare i propri desideri, lottare per avere quello che non si ha e inseguire posizioni prestigiose è il tutto della vita. Ogni sua scelta rispecchia queste priorità. È il modus operandi che guida il non credente.

Tuttavia è un atteggiamento che troppo spesso si insinua anche nelle scelte dei credenti. Certo, sappiamo impacchettare bene le nostre intenzioni con una bella parvenza di spiritualità; preghiamo di essere guidati dal Signore, ma poi prendiamo le decisioni seguendo le concupiscenze umane.

I credenti, però, non possono e non devono adorare se stessi, ma solo Dio!

HAI MAI PENSATO CHE DEVI ADORARE DIO NEL TUO MATRIMONIO?

La delusione nella vita coniugale, in molti casi, nasce proprio dall’idea sbagliata che dev’essere il coniuge a soddisfare i nostri desideri. Così, nel migliore dei casi, finiremo per piangerci addosso, e, nel peggiore, diventeremo amareggiati e pieni di rabbia. In ogni caso è adorare se stessi.

Adorare Dio, invece, vuol dire riconoscerlo in ogni cosa (vedi Proverbi 3:5-8), arrendersi a Lui e sottomettergli ogni aspetto della propria esperienza matrimoniale.

Ecco cinque verità da tener sempre presenti se vogliamo adorare Dio, anziché noi stessi, nel nostro matrimonio.

1.    Il marito o la moglie che abbiamo è il dono personale di Dio
“Chi ha trovato moglie ha trovato un bene e ha ottenuto un favore dal Signore” (Proverbi 18:22). Dio non aveva creato l’uomo per vivere da solo. Gli ha dato la donna per essere la sua compagna e l’aiuto ideale.

2.    Tutto ciò che Dio dona è buono
“Ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione né ombra di mutamento” (Giacomo 1:17). Dio è intrinsecamente buono, perciò tutto ciò che fa e permette è sempre per il nostro bene e per la sua gloria.

3.    Dio ha promesso di provvedere a tutto quello di cui abbiamo bisogno
“Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa ricchezza, in Cristo Gesù” (Filippesi 4:19). Vuol dire che lo farà anche nei momenti più bui del nostro matrimonio. Ma ricordiamoci che è Lui a definire di che cosa abbiamo bisogno, non noi con i nostri desideri e concupiscenze.

4.    Essere governati dai nostri desideri umani condurrà sempre al peccato
“…ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte” (Giacomo 1:14,15). Vivere da frustrati fa diventare lamentosi, rende la vita amara e produrrà sempre il peccato, mai l’adorazione a Dio.

5.    La gratitudine produce soddisfazione e sottomissione
“…in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1 Tessalonicesi 5:18).
Accettare la nostra posizione di totale dipendenza da Dio, riconoscendogli l’assoluta signoria sulla nostra vita, produce un benefico frutto di pace, gioia e amore nei confronti suoi e del nostro coniuge.

La vita coniugale cristiana non sarà mai perfetta, perché siamo sempre peccatori. Dio desidera, però, che nel matrimonio, la nostra adorazione per Lui sia completa, ininterrotta e visibile agli altri. La nostra testimonianza sarà influenzata dal modo in cui conduciamo il nostro matrimonio.


 

I PRIVILEGIATI

C’è un gruppo particolare di persone nella chiesa che non sappiamo sempre come prendere.

I bambini saranno difficili, ma a loro ci pensano i genitori. Le giovani coppie forse arrancano nell’educare i figli, ma glielo stiamo insegnando negli incontri mirati per loro. Le persone anziane sono degli enigmi, specialmente se vedove, ma trovano la loro nicchia nella vita della chiesa.

I single, però, arrivati a una certa età, sono difficili da collocare.

Ad un certo punto, continuare a far parte del gruppo dei giovani diventa senza senso per loro. Hanno interessi e esigenze diversi, poco conciliabili con quelli dei giovani ancora immaturi e spensierati. Il problema più grande per un adolescente è la scuola o la ricerca del primo lavoro. Gli adulti non sposati vivono ormai realtà diverse.

I loro coetanei sposati sono presi dalle mille responsabilità di famiglia. Hanno le mani piene con i figli. I single rimangono un po’ in una terra di nessuno se non hanno parenti vicino. E nelle chiese non ce ne sono molti così. Vorrebbero pure sposarsi, ma manca la materia prima. Sono pesci fuor d’acqua e faticano a integrarsi con il resto della comunità.

Rosa, durante le feste, si offre sempre volontaria al lavoro, tanto rimanere da sola a casa è una malinconia infinita. Così almeno dà l’opportunità ai suoi colleghi di festeggiare in famiglia. Beati loro!
Carlo è deluso. Avrebbe potuto frequentare delle amiche al lavoro e iniziare una relazione con loro, ma non l’ha fatto. Sapeva come sarebbe andato a finire e non voleva rischiare. I loro princìpi e i modi di fare sono contrari a Dio. Sapeva che fidanzarsi con una non credente allo scopo di evangelizzarla è una trappola bella e buona.
Tina ormai ha la reputazione di essere una zitella senza speranza. Non è più “da sposare”. Ma se c’è qualcosa da fare in chiesa si può sempre contare su di lei; il tempo ne ha. Ne ha sempre avuto. È sempre stato così.
Marco non lo ammette, ma si sente tremendamente solo. E ne soffre. Ma questa sua solitudine lo ha fatto diventare sempre più egoista e meno socievole, al punto che chi lo conosce non lo augurerebbe come marito neanche alla peggiore nemica.

Rosa, Carlo, Tina e Marco non sono casi limite. Nel silenzio, molti credenti vivono con difficoltà il loro essere single e faticano a trovare il loro posto, il loro ruolo nella chiesa.

Sembra scontato, ma dovremmo pregare per le persone sole. Non soffermiamoci a considerarle in modo superficiale. Preghiamo per la loro solitudine, per la tentazione che hanno di intraprendere relazioni sbagliate, per il loro scoraggiamento e per la loro ricerca di un marito o una moglie.

Coinvolgiamoli nelle nostre famiglie, invitiamoli a pranzo, specialmente la domenica, e facciamoli partecipi nelle feste di famiglia.

Pietro descrive il bellissimo modo in cui dobbiamo amarci: “Avendo purificato le anime vostre con l’ubbidienza alla verità per giungere a un sincero amore fraterno, amatevi intensamente a vicenda di cuore” (1 Pietro 1:22)

Proprio perché Dio ci ha trasformati dobbiamo amarci intensamente. La parola intensamente contiene l’idea di una mano tesa, di andare incontro a coloro che hanno bisogno di essere amati.

Questo non vuol dire che tutte le persone sole siano facili da amare. Alcuni, forse per protezione, sembrano essersi costruiti un’armatura addosso per dimostrare che non hanno bisogno di nessuno. Per molti versi sono autosufficienti – lo sono dovuti diventare – ma hanno bisogno di essere amati! E vanno protetti dal diventare persone “difficili da sposare”.

È fondamentale che la chiesa sia un posto dove i nostri single, anche con l’avanzare degli anni, possano continuare a sviluppare quelle qualità che faranno di loro mariti e mogli secondo il cuore di Dio.

Se come chiesa dobbiamo essere un posto di gioia e progresso spirituale per i single, anche loro hanno cose a cui fare attenzione. Paolo diceva che i credenti single avrebbero avuto più tempo per servire il Signore. Che spreco allora se, essendo soli, diventano sempre più concentrati su se stessi, gelosi del loro tempo e meno disponibili verso gli altri. Così non solo servono meno il Signore, ma diventano anche meno adatti a una vita in coppia.

Se sei single, valuta la tua vita, forse con l’aiuto di un credente maturo, per vedere se non stai diventando troppo possessivo del tuo tempo libero. Perché vivere per se stessi produce anche un altro effetto negativo. Quello di essere poco flessibili e poco pronti a confrontarsi con gli altri. Zitellona o zitellone non descrivono solo uno stato civile, ma connotano purtroppo degli atteggiamenti tristi.

Voglia il Signore portare persone sole nelle nostre chiese! E possano loro trovare la chiesa un posto dove essere amate e dove servire. E dove, presto o tardi, poter trovare un marito o una moglie credenti. È la chiesa il luogo dove godere i privilegi dell’essere single e affrontare le difficoltà da non sposati. È dove il Signore si prende cura dei suoi e dove si sviluppano le qualità che faranno diventare credenti maturi che, a loro volta, aiuteranno i single che li seguiranno.

Essere single è un’opportunità per tutti, preghiamo che il Signore benedica ognuno.


 

Lezioni d'amore

Mi ricordo quando mio figlio più grande è tornato a casa dicendo che suo fratello si era sposato. Avevano 8 anni l’uno e 6 l’altro. Tutto gasato raccontava che era stato lui a sposarli, officiando al matrimonio con tanto di promesse, ma senza il bacio della sposa.

Oggi Giordano è sposato per davvero con una bravissima donna ed è padre di quattro figli. Chissà quando uno di loro un giorno si “sposerà” per gioco...

Quando sono ancora piccoli, i bambini giocano a genitori e figli. Poi, a scuola, vengono ben presto esposti ad altri tipi di relazioni: tra ragazzi e ragazze. L’età in cui gli adolescenti cominciano ad avere rapporti sessuali si è oramai abbassata tanto dai tempi dei nostri genitori. Grazie anche ai telefonini e computer, i bambini di oggi sono facilmente esposti a pornografia e relazioni impensabili solo pochi anni fa.

Pur sapendo questo, molti genitori sembrano avere paura di cominciare a parlare ai loro figli delle relazioni tra ragazzi e ragazze. Temono che sia troppo presto, che li incoraggerebbero solo a esplorare le relazioni prematuramente.

Sicuramente bisogna tener conto di ogni fase di sviluppo del bambino per educarlo in modo appropriato, ma nascondere la testa sotto la sabbia è controproducente, se non dannoso.

Il miglior modo per i genitori di cominciare a preparare i figli al matrimonio è predicando loro il vangelo. Non è mai troppo presto! Anzi, prima lo cominci, meglio è.

Quando insegni al tuo bambino cosa è giusto e cosa è sbagliato, e che le sue azioni sbagliate hanno delle conseguenze, lo stai già preparando a comprendere il peccato e il vangelo.

“Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (Proverbi 22:6). La condotta giusta, anche nel matrimonio, si impara dalla Parola di Dio. Devi insegnare a tuo figlio la Bibbia.

Bisogna cominciare da subito a insegnare loro quali siano i comportamenti dei maschi e quali delle femmine, previsti da Dio. Oggi la società sta facendo tutto il possibile per confondere e sopprimere le distinzioni e i ruoli naturali che Dio ha creato facendoci uomini e donne.

Ovviamente, preparare i nostri figli per un matrimonio felice richiede anche molto altro. Insegnare a svolgere coscienziosamente i compiti in casa, a servire con gioia, a sacrificarsi, a sottomettersi di buon grado, a cedere per andare d’accordo, a chiedere perdono e perdonare, sono tutti atteggiamenti fondamentali per un matrimonio che funzioni davvero.

Non servirà a molto dire che il futuro coniuge di tuo figlio deve essere credente (cosa fondamentale e imprescindibile!) se trascuri tutto questo. Sin da piccolissimo, hai bisogno di inculcargli tutti gli aspetti che lo prepareranno per una vita sana. Ed è qui che l’esempio dei genitori diventa insostituibile. Come vi trattate in coppia? Come vi parlate?

In che modo dimostrate di essere una moglie e un marito cristiani?

Giocare al matrimonio o al fidanzamento all’asilo può essere buffo e carino da raccontare, ma un giorno il tuo bambino si sposerà davvero. State facendo come genitori tutto il possibile per prepararlo? Pregate per i vostri figli e poi agite di conseguenza.


 

Il peccato imperdonabile

– Guglilelmo risponde, 2018

Caro Guglielmo,
ti scrivo per conto di una mia cara sorella che desidera sapere cos'è la bestemmia contro lo Spirito Santo. Lei teme di aver commesso questo peccato e non si dà pace, questo pensiero la tormenta.
Ti ringrazio per una tua risposta, che Dio ti benedica,  
(C.R.)

Hai forse commesso, coscientemente o no, un peccato che non potrà mai essere perdonato? È possibile essere respinti da Dio, anche se si prega sinceramente per il suo perdono? Sei tu, senza volerlo, destinato immancabilmente all’inferno?

A volte, certe affermazioni bibliche sembrano difficili da capire. Ma tre semplici domande possono rivelare il vero significato di un passo apparentemente oscuro e aprire il nostro cuore alla gioia del perdono divino e alla sua incommensurabile grazia.

1.    Chi, per l’esattezza, ha fatto l’affermazione in questione?
2.    A chi di preciso è rivolta l’affermazione?
3.    Qual era l’argomento di cui si parlava, a cui la dichiarazione si riferisce?

Nel vangelo di Matteo 12:31, Gesù, il Figlio di Dio, colui che ha dichiarato di essere “la via, la verità e la vita”, affermava con massima serietà: “Ogni peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini; ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata.”

L’ha detto Gesù! Ciò che Gesù dice deve essere creduto come verità.

A chi, precisamente, Gesù fece questa sua affermazione?

Sempre in Matteo 12, cominciando dal versetto 23, vediamo Gesù coinvolto in una lunga conversazione con i farisei che comprende anche il versetto 31. Egli ha fatto la sua dichiarazione riguardo alla bestemmia contro lo Spirito dopo che questi, le autorità religiose, avevano attribuito i suoi miracoli non a Dio ma alla figura di “Belzebù, principe dei demòni”, cioè a Satana (v. 24).

Gesù attestò con molta chiarezza che quelle autorità religiose, invece di riconoscere l’indubbia opera di Dio, agivano perversamente e che deliberatamente, contrario a ogni evidenza, insistevano nel dire che Gesù lavorava per conto di Satana. Egli dichiarava quindi che questa falsità dei farisei era una vera bestemmia contro Dio stesso, perché travisava l’opera dello Spirito di Dio.

Questa affermazione che qualcuno forse trova complicata è, invece, chiarissima. Gesù dichiarava ai farisei ciò che era vero nel loro caso: attribuendo l’opera di guarigione e salvezza di cui erano stati testimoni oculari a Satana piuttosto che a Dio, non gli restava nessun altro a cui rivolgersi per la salvezza o il perdono. Rifiutando e bestemmiando Dio, hanno peccato contro la grazia, contro il perdono stesso, rendendo impossibile trovare alcun perdono.

Concludiamo il discorso. Il credente in Cristo che teme di avere commesso “il peccato imperdonabile” si sbaglia, forse ingannato da Satana stesso così che non osi chiedere il perdono dei suoi peccati e dubiti che Dio voglia o possa perdonarlo.

Gesù quella sua dichiarazione, così chiara e secca, l’ha fatta agli uomini che lo contraddicevano pubblicamente e lo offendevano, ma non a te che credi in Lui, né alla gente che ti circonda.

A tutti gli altri Egli ha detto, come riportato nel Vangelo di Matteo 11:28: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo.” Chiunque abbia problemi, che affronti il dolore, che non sappia dove cercare aiuto, è invitato calorosamente dal Salvatore stesso a venire a Lui.

Non ti senti degno? Non sei della “sua religione”? Ti sei comportato male? Gesù stesso ha promesso: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete” e “Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:35,37).

Ti risulta che Gesù abbia mai cercato scuse per respingere qualcuno che lo voleva conoscere e vivere vicino a Lui? No di certo. Piuttosto, invitava le grandi folle a venire a Lui, ad ascoltarlo e a credere in Lui. E quando avevano fame, provvedeva Lui stesso cibo per migliaia di affamati.

Chi desidera davvero conoscere Dio, il suo perdono e la sua grazia nelle prove della vita, non deve nascondersi per paura, ma correre subito verso di Lui e il suo amore. Come ha scritto l’apostolo Giovanni: “Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che vi annunciamo: Dio è luce, e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che abbiamo comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, abbiamo comunione l’uno con l’altro, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato” (1 Giovanni 1:5-7).

Chi mai vorrebbe, per scelta propria, evitare Dio e perciò patire i dolori, i pesi, le sconfitte della vita quotidiana da solo?! Sarebbe una scelta assurda, basata su informazioni sbagliate, dettata casomai dall’essere delusi dalla religione o dai religiosi, certamente dovuta a una confusione accecante e assordante.

Se non conosci l’amore, la potenza, il conforto di Dio nella tua vita, non indugiare! Non rimanere bloccato dalla paura di sbagliare o dalla convinzione malinformata che “la fede” non fa per te. La religione, di sicuro no, ma Dio, sì!

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59

 

La VOCE gennaio 2018

Il 2017 è passato ormai e non tornerà. È stato un anno da dimenticare o da ricordare?

Se siamo onesti, dobbiamo ammettere che ci sono stati momenti e aspetti dell’anno che preferiremmo dimenticare. E si spera che le difficoltà finanziarie, fisiche, nel lavoro e nei nostri rapporti con le persone non si ripetano più. Non è forse questo il motivo di tante usanze che fanno parte delle festività di fine anno?

I “botti”, i fuochi d’artificio, oltre a salutare e festeggiare il nuovo anno, in origine avevano anche il significato di cacciare via tutte le vecchie influenze negative.

Un tempo, in alcune città, camminare per le strade a mezzanotte del 31 era pericoloso a causa dell’abitudine diffusa di buttare dalle finestre cose di cui ci si voleva disfare. A Roma, per esempio, lasciando l’automobile parcheggiata fuori, rischiavi di ritrovarla “incastonata” da una poltrona gettata giù da un balcone.

Anche la cena del capodanno è piena di tradizioni che si crede portino fortuna ai commensali, tipo le lenticchie che, come simbolo di soldi, auspicano copiosi guadagni durante l’anno. E allo scoccare della mezzanotte tutti pronti a brindare per un futuro migliore.

Come credenti, abbiamo la libertà di festeggiare o meno il nuovo anno, sapendo che il nostro futuro non è condizionato da tradizioni scaramantiche, ma è nelle mani del nostro Padre celeste. Ma Dio vuole che ricordiamo o dimentichiamo quello che è passato?

Pensiero sbalorditivo

“Benedici, anima mia, il SIGNORE e non dimenticare nessuno dei suoi benefici” (Salmo 103:2). 

Ecco, non importa cosa ci sia successo durante l’anno, Dio si aspetta che non dimentichiamo quello che Lui ha fatto per noi.

Se lo conosciamo, se Egli è il nostro Salvatore, desidera che la nostra vita sia vissuta alla luce dell’immensa grazia che abbiamo ricevuto. Il punto di partenza è che, come peccatori, non meritiamo nulla di buono da parte di Dio, santo e perfetto. Anzi, il nostro comportamento richiedeva la giusta, severa condanna.

Non dobbiamo dimenticare, allora, che ogni momento vissuto nella realtà della sua grazia infallibile è una benedizione sbalorditiva.

È un pensiero assolutamente sbalorditivo: “Che cos'è l'uomo perché tu ti ricordi di lui o il figlio dell'uomo perché tu ti curi di lui?” (Ebrei 6:2).

Ti è sembrato che Dio si fosse dimenticato di te? Che non ti abbia curato come ti saresti aspettato? Hai pensato che avresti meritato di meglio? Carissimo amico, Dio non si dimentica dei suoi!

Egli non può rinnegare se stesso: in piena coerenza col suo carattere, tutto quello permetterà sarà per il nostro bene.

Ascolta queste parole: “Il SIGNORE è pietoso e clemente, lento all'ira e ricco di bontà. Egli non contesta in eterno, né serba la sua ira per sempre. Egli non ci tratta secondo i nostri peccati, e non ci castiga in proporzione alle nostre colpe. Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così è grande la sua bontà verso quelli che lo temono” (Salmo 103:8-11).

Non mi stancherò mai di ripetere queste verità: Dio è perfetto e la sua saggezza è senza limiti. È anche onnipotente, capace perciò di mettere in atto il suo proposito benevolo. Nessuna prova dura un minuto in più di quello che possiamo sopportare o di quello che serve per adempiere in noi i suoi scopi eterni. Infatti, il salmo 103 dice anche che Dio sa bene che siamo deboli, nient’altro che polvere. Perciò ogni evento nella nostra vita è attutito attraverso l’imbottitura del suo amore immutabile e eterno.

Questo è senz’altro qualcosa che non dobbiamo mai dimenticare. Ci aiuterà a cominciare l’anno con una pace e una fiducia che ci sorprenderanno, meravigliando anche le persone intorno a noi. Infatti, è proprio questo ciò che significa vivere alla gloria di Dio: le persone vedono la sua opera in noi mentre ci osservano lodarlo anche nelle circostanze avverse.

PERÒ DIMENTICA…

Se hai fatto qualcosa di buono, non ti fermare. Anzi, dimenticalo, come se non l’avessi fatto!

Paolo scrive: “Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù” (Filippesi 3:13,14).

Se c’è una parola che descrive bene cosa desidera Dio da noi in questo nuovo hanno, è la parola progresso. Dio vuole che, dimenticando tutto ciò che ci vuole frenare, protendiamo verso la mèta eterna. Se abbiamo avuto dei successi, Egli non vuole che ci adagiamo su di essi, come se fossimo già arrivati al traguardo.

Anzi, per sapere con certezza che non siamo ancora arrivati, basta controllare se siamo vivi. Sei vivo? Allora hai altra strada da fare. È meglio che tu ti metta a correre senza perdere tempo pensando di essere ormai giunto alla mèta.
L’idea del correre dovrebbe darci anche un senso d’urgenza: non c’è molto tempo ma c’è molto da fare. Ci sono altri che hanno bisogno di te!

Se sei ancora vivo è perché Dio ti vuole usare nella vita di altre persone.

Forse pensi di non essere degno che Dio si serva di te per aiutare gli altri, perché hai fallito. Anche quello devi dimenticare. Dio vuole che ti rialzi e che continui a servirlo con fedeltà nonostante la tua caduta. Non sarà tutto come prima, ma ci sarà del progresso  e Dio ti userà come vuole Lui.

PROMESSE DA RICORDARE

  • “Egli dà forza allo stanco e accresce il vigore a colui che è spossato.” Isaia 40:29
  • “Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia.” Isaia 41:10
  • “Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data.” Giacomo 1:5
  • “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità.” 1 Giovanni 1:9
  • “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi.” Giovanni 8:36
  • “Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa ricchezza, in Cristo Gesù.” Filippesi 4:19
  • “Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza.” Salmo 23:4
  • “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno.” Romani 8:28

Mutevolmente al passo coi tempi

Sotto le feste, a casa nostra si fanno sempre tante foto di gruppo. Adesso più che mai, con tutti i cellulari ognuno scatta un suo ricordo personale della serata. Guardando le vecchie foto salta all’occhio quanto siamo cambiati negli anni: quel taglio di capelli o il modo di vestire che andava tanto all’epoca… Oggi sarebbe impensabile.

Ogni anno nascono nuove tendenze e quello che un tempo era un must, oggi è appeso nell’angolo più remoto dell’armadio. L’industria della moda sa quello che fa: ci spinge a spendere soldi. Cambia la punta delle scarpe, la larghezza delle cravatte, i colori dei vestiti, l’orlo dei pantaloni… E se non aggiorni il tuo guardaroba, rischi di sentirti fuori posto, fuori moda. Almeno è quello che vorrebbero loro.

Nella sfera spirituale, è possibile sentirsi fuori moda? Le tendenze cambiano. Guardandoti intorno, ti senti fuori posto o al passo coi tempi?

Forse, come credenti, siamo più restii degli altri a seguire i mutevoli usi e costumi della società, ma anche noi corriamo il pericolo di venir risucchiati in questo costante bisogno di aggiornamenti indispensabili.

Non è un fenomeno nuovo, anche se adesso è più esasperato. Era previsto sin dall’inizio che, nel tempo, la chiesa sarebbe stata tentata a cedere al cambiamento per assecondare la mentalità della società.

Per questo Dio ha ispirato l’apostolo Paolo a scrivere a Timoteo di stare in guardia da questo pericolo: “Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi e i morti, per la sua apparizione e il suo regno: predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza. Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole. Ma tu sii vigilante in ogni cosa, sopporta le sofferenze, svolgi il compito di evangelista, adempi fedelmente il tuo ministero” (2 Timoteo 4:1-5).

Se c’è una cosa che è diventata assolutamente fuori moda è quella di parlare di peccato.

Mai dire che il peccato porta delle conseguenze serie. Mai accennare al giudizio o all’inferno, se no, la gente si stranisce. Meglio parlare di alienazione, difficoltà, sbagli... Senza offendere. Senza colpevolizzare nessuno.

È già successo in Svezia e negli Stati Uniti, e presto potrebbe succedere anche da noi di passare guai giudiziari se si parla di omosessualità come peccato. O se facciamo sentire male qualcuno dicendogli la verità sul gender che ha scelto.

Oltre al peccato, sulla lista sempre più lunga delle dottrine obsolete c’è anche l’inferno, i sei giorni letterali della creazione, la nascita di Gesù da una vergine, la signoria di Cristo, l’inerranza delle Sacre Scritture… Infatti la parola “dottrina” stessa è sempre più demodé. Adesso bisogna accogliere tutte le opinioni, anche le più discrepanti: nessuno deve sentirsi fuori posto. Accettare tutti anche a costo di compromettere la verità.

Ma l’apostolo Paolo scrive con tono grave e autorevole: “Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù… predica… insisti.. convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza.”

Sì, ci vuole pazienza. Soltanto non a scapito delle verità eterne che, al contrario della moda, non passeranno mai.

Ci sono alcuni motivi per cui noi credenti siamo tentati di adeguarci al tenore spirituale del mondo e di adottarne i modi di ragionare, parlare e agire. Uno è che non ci piace essere tacciati come quelli attaccati a realtà ormai passate. L’uomo contemporaneo dev’essere aperto ad altre opinioni e realtà. Deve accettare che la morale non è statica, ma cambia insieme alla società. Dio, però, non ci ha chiesto di essere popolari ma fedeli! (cfr. Romani 12:2; Colossesi 2:8; Ebrei 13:9; Apocalisse 2:25)

Un altro motivo può essere che vorremmo sentirci in qualche modo più rilevanti nella società, più approvati. Essere in pochi ci fa sentire emarginati. Ma i veri credenti erano emarginati e perseguitati già duemila anni fa. Seguire Cristo non andava certo di moda ai tempi della prima chiesa. E come noi, anche i primi credenti subivano delle pressioni da i non credenti per scendere a compromessi nella fede.

Le novità spirituali si insinuano nelle chiese subdolamente, piano piano. I cambiamenti non vengono mai in modo eclatante, ma graduale. Cercando di essere più attenti e accomodanti alle esigenze e preferenze delle persone che non conoscono Dio, si finisce prima o poi per compromettere anche le verità bibliche.

Come si salveranno, se nessuno gli dice che sono sotto l’ira di Dio per il loro peccato? Basteranno un’atmosfera accogliente e le musiche orecchiabili a convincerli!? Ecco perché Paolo scongiura i credenti a essere vigilanti. Tanto più, perché a  volte questi attacchi provengono proprio dall’interno della chiesa stessa.

È facile capire a cosa si riferiva Paolo quando scriveva ai credenti del suo tempo di essere pazienti e di sopportare le sofferenze, ma che cosa ha a che fare con noi? Che bisogno c’è di soffrire? Forse è proprio la nostra voglia di evitare ogni tipo di sofferenza che ci rende propensi a non essere troppo attaccati alla dottrina. Ma se Gesù ha detto che avremmo avuto tribolazione, ce la dobbiamo aspettare e dobbiamo essere pronti ad affrontarla nel modo che onori Dio.

Con quali propositi stai cominciando il nuovo anno? Il bisogno di evangelizzare non è certo diminuito negli anni. Milioni di persone intorno a noi sono dirette verso una morte eterna senza speranza. Saranno alla moda, ma la loro fine sarà terribile.

Paolo termina questo passo con le parole solenni: “Adempi fedelmente il tuo servizio.” La mia sarà una domanda superflua, ma te la faccio lo stesso: Ce l’hai un sevizio preciso in chiesa? Cosa stai facendo? Come lo stai adempiendo? La mia preghiera è che tu possa avere lo zelo necessario per svolgerlo fedelmente, senza mai compromettere l’integrità del Vangelo seguendo le tendenze “alla moda” ma non bibliche.

Quale chiesa è meglio?

– Guglilelmo risponde, ristampa dal 1992

Caro Guglielmo,
Indipendentemente dalla presenza o meno nella propria città di una chiesa evangelica, in base a quali criteri il credente deve scegliere una determinata denominazione confessionale a cui appartenere?
Dato che la fedeltà al messaggio biblico dovrebbe essere la cosa in comune tra tutte le chiese evangeliche, a chi rivolgere la propria adesione?
Alla Chiesa del Nazareno, ai battisti, alle Assemblee di Dio, ai pentecostali, ai metodisti, ai fratelli, alle chiese di Cristo? Siccome tutti predicano il Vangelo, e anche se differiscono di particolari osservanze comunitarie, nessuno dovrebbe essere emarginato nella scelta.
Naturalmente, penso che lei sia orientato a consigliare la sua chiesa, ma vorrei delle motivazioni più esaurienti.
(Lettera firmata)

La tua lettera sembrerebbe un bel rompicapo. Consigliare una chiesa piuttosto che un’altra potrebbe rinnovare le guerre di religione!

Ma, forse, il problema sembra più complicato di quanto non sia. È vero che le differenze fra la maggior parte delle chiese evangeliche vanno scomparendo, con gli anni. Alcune sono nate per dare importanza ad una certa dottrina o pratica, ma spesso, col tempo, questa particolarità perde una parte o tutto il suo significato. Altre volte, le diverse denominazioni sono nate in precisi momenti storici, in una nazione o regione particolare, e anche queste particolarità perdono il loro significato con il passare degli anni (o dei secoli).

D’altra parte, sarebbe un errore credere che tutte le chiese evangeliche siano ugualmente preferibili. E questa non è un’affermazione di partigianeria. Chi legge con cura gli scritti del Nuovo Testamento si rende subito conto che una delle preoccupazioni costanti degli apostoli era combattere gli errori, e addirittura le eresie, che si intrufolavano nelle chiese (vedi Galati, 2 Pietro e le tre lettere di Giovanni per degli esempi più eclatanti). Perciò è più che probabile, se gli uomini e le astuzie di Satana non sono cambiate dai tempi apostolici, che degli errori gravi possano esistere in una o l’altra delle chiese da te nominate.

Dimostri uno scetticismo più che giustificato nei tempi attuali, di confusione e di adescamento interessato, nel temere che io ti indichi la “mia” chiesa come quella preferibile, o come l’unica giusta. Ma, si dà il caso che io non abbia nessuna posizione o titolo ecclesiastico da difendere e che nessuno dei nomi da te citati (né altri che si potrebbero citare) possono, a mio avviso, essere approvati acriticamente.

Per ridurre il succo della questione ai due elementi assolutamente essenziali, ogni chiesa deve essere giudicata su due basi. Primo, la dottrina biblica a cui effettivamente crede e che insegna e difende (non le “confessioni di fede” solo formalmente accettate). Non posso farti qui un elenco delle dottrine, sostenute biblicamente, che mi sembrano fondamentali. Però, un libro come Teologia elementare potrebbe servirti come base di ricerca.

Secondo, oltre alla sua dottrina, ogni chiesa deve essere giudicata sulla base della sua effettiva vitalità spirituale. Questa vitalità parte dall’esperienza della nuova nascita, come base per appartenervi, e continua con una vita coerente di crescita, di ubbidienza agli insegnamenti morali o etici della Bibbia, di amore e di servizio da parte dei suoi membri.

Se tu sei veramente nato di nuovo e hai ricevuto nella tua vita la presenza dello Spirito Santo, credo che tu possa usare queste indicazioni, senza pretendere di trovare la chiesa perfetta, per orientarti nel trovare un gruppo di credenti con cui adorare il Signore e crescere spiritualmente.

Un pizzico di sale

– Ristampa dal 1963

“Che cosa volete per il vostro pranzo di compleanno?” chiese Mamma.
I gemelli si consultarono, poi la guardarono increduli... “Possiamo dire noi quello che vogliamo?”

“Sì, domenica sarà il vostro compleanno e potete scegliere.” Le consultazioni furono varie, laboriose e infruttuose. Finalmente Mamma venne in soccorso dei due piccoli uomini indecisi.

“Vi piacerebbero, per esempio... per esempio... le ‘farfalle’ col sugo di pomodoro?”
“E formaggio sopra” specificò Davide. “ E poi... cotolette e insalata?” “Va bene” approvò Daniele.
“E la torta” dissero i due unanimi. Su quel punto non c’erano divergenze fondamentali.

“E come vi piacerebbe la torta?”
“Io la voglio gialla e verde” disse Daniele.
“E io rossa e rosa” soggiunse Davide. Sui colori non ci fu modo di intendersi. I due erano più cocciuti di due muli.

“E quante candele ci metterai, Mamma?”
“Cinque per Davide e cinque per Daniele.”
“E quante per me?” chiese Deborah. “Beh, tu ne hai avute tre, quando era caldo, in giugno. Adesso devi aspettare che faccia caldo di nuovo.”
“E quante per Stefanino?”
“Bisogna aspettare il caldo pure per lui...”

“Sì, ma non sono per niente contenta, perché Davide e Daniele hanno il compleanno e io no.”
“Ti lasceremo spegnere una delle nostre candele” disse Daniele. “Sei contenta che siamo così gentili?” “Però una sola” replicò Davide. Deborah accettò con condiscendenza.

Due giorni più tardi, Mamma si alzò presto per decorare la torta per non essere né vista né disturbata. E non era un problema da poco cercare di accostare quei quattro famigerati colori senza fare perdere l’appetito a nessuno... A opera finita, mentre disponeva le candeline, immaginava gli occhi lucenti dei bambini quando avrebbero visto le piccole fiammelle accese e avrebbero ascoltato con un largo sorriso un po’ imbarazzato, la canzoncina di augurio.

Mamma ricordò la gioia perfetta che lei e Papà avevano provato ogni volta che Dio (aveva affidato loro un nuovo piccolo tesoro da educare per Lui. Ma una sola nascita nella vita non basta. Cristo ha detto: “Se uno non è nato di nuovo non può vedere il Regno di Dio...” e tutti gli sforzi dei genitori devono essere tesi per condurre a Cristo i loro figli, affinché per mezzo di una fede personale e sincera “nascano di nuovo” nella famiglia di Dio.

“Mamma, tu sai una cosa?” sussurrò Daniele quando Mamma più tardi andò ad aprire le finestre della camera dei bambini. “Prima, quando tu eri in cucina a fare la torta io sono andato al gabinetto... Ma ho chiuso gli occhi per non vedere il ‘tuo’ segreto. Non ho visto proprio niente, neanche la crema rosa.”

“Neanche le candele?” chiese incredulo Davide.
“Beh, le candele sì, ma solo per un momento.”

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59

 

La VOCE dicembre 2017

Stonature dannose

Qualche anno fa ho assistito a un concerto di musica barocca con tanto di fagotto e corno. La sala aveva un’ottima acustica. I musicisti e i quattro cantanti erano tutti indubbiamente ben preparati. Ma qualcosa mi ha lasciato… sconcertato. Nonostante l’esecuzione impeccabile, le voci del soprano e del tenore erano talmente diverse tra di loro che trovavo questo dettaglio addirittura sgradevole. Stonato.

Sono sicuro che è capitato anche a te di notare una piccola stonatura in un contesto altrimenti ben curato: un accostamento di colori troppo azzardato in un abbigliamento, una spezia che spicca troppo in un piatto, un rottame di lavatrice contro un tramonto perfetto sul mare…  

Il senso dell’armonia è qualcosa che Dio ha dato solo all’uomo, perché rispecchia la sua perfezione come il Creatore di tutte le cose. Cerchiamo intuitivamente armonia in ogni cosa che facciamo. Basta poco per creare qualcosa di stonato, che non va.

È finito il 2017. È il momento di fare un bilancio di come è andato. Hai vissuto in armonia quest’anno o c’è stata qualche stonatura di troppo?

Non mi riferisco al tipo di stonature degli esempi che ho fatto, cose ed eventi al di fuori di noi. Sto parlando di stonature dentro di noi.

Guarda i seguenti versetti: “Siate sempre gioiosi; non cessate mai di pregare; in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1 Tessalonicesi 5:16-18).

In questo anno passato, sei stato sempre gioioso? Le circostanze saranno state quelle che sono state, ma tu come hai reagito? Hai vissuto con una profonda consapevolezza che sei nelle mani sicure di un Dio onnipotente? Che ogni giorno hai ricevuto da Lui la grazia che ti basta? E che ogni cosa che ti è successa faceva parte del suo piano amorevole? Se non è stato così, non è troppo tardi per fermarci ora e cambiare il nostro atteggiamento!

Hai avuto costanza nel pregare? Pregare… lo facciamo nella misura in cui siamo convinti di non potercela fare da soli, senza ricevere continuamente dal Signore forza e saggezza per affrontare ogni cosa. Se il comportamento degli altri ci urta spesso, non sarà forse perché preghiamo poco per loro e per il nostro atteggiamento?

Hai reso grazie in ogni cosa? Sì, c’è scritto “in ogni cosa”! Francamente è impossibile senza un cammino vicino al Signore. Perché richiede un’ottica che riesce a vedere al di là delle circostanze talvolta spiacevoli e difficili che Dio permette. Egli ci sta trasformando nell’immagine del suo amato Figlio e lo fa cesellando la nostra vita attraverso le circostanze. Ogni situazione che ci capita è filtrata attraverso il carattere, la sapienza, la potenza e l’amore di Dio.

Ecco le piccole stonature dannose nella vita del credente: la preoccupazione, la lamentela, l’amarezza e la rabbia.

Che il Signore ci dia la grazia di cambiare e vivere in armonia con la sua Parola!

Il tempo è giunto!

... per l’arrivo del Figlio di Dio “giunse la pienezza del tempo” (Galati 4:4). 
... per la nascita di Gesù “si compì per lei il tempo del parto” (Luca 2:6).

Carissimo fratello, amico, compagno nell’opera del Signore, abbiamo tutti imparato, sia dalla nostra conoscenza della Bibbia, sia dalla nostra propria relazione con Lui, che Dio, che ha creato il tempo, lo vuole usare alla sua gloria.

Alla fine del 2017, dobbiamo riflettere sulle sue benedizioni ricevute durante l’anno che si sta chiudendo e su ciò che abbiamo fatto per Lui. Vediamo subito che ogni sua promessa è stata adempiuta, ogni sua benedizione ci è arrivata al momento del nostro bisogno, ogni incoraggiamento quando eravamo tentati a scoraggiarci.

Spesso, durante il 2017 nel nostro servizio, Egli ha usato le tue preghiere e i tuoi doni per sollevarci qui alla VOCE e permetterci di andare avanti in trionfo e con gioia per un altro mese. GRAZIE a te! Soprattutto, GRAZIE a Lui!

Con il suo e il tuo aiuto, stiamo entrando nel 60° anno della pubblicazione della Voce del Vangelo: un traguardo che Maria Teresa e io non potevamo lontanamente prevedere. Siamo arrivati qui senza il sostegno di organizzazioni o sponsor facoltosi, ma soltanto con LUI e con te!  Comprendi perché siamo nella gioia e pieni di gratitudine? “Gli abitanti delle estremità della terra tremano davanti ai tuoi prodigi; tu fai sgorgare canti di gioia dall’oriente all’occidente” (Salmo 65:8). 

Canta e rallegrati anche tu con noi per la fedeltà del Signore nella tua e nella nostra vita! Andiamo verso il nuovo anno con fiducia, consapevoli delle nostre responsabilità, dei bisogni e delle possibilità spirituali che si presenteranno davanti a noi. Pensiamo a nuove pubblicazioni che il Signore ci permetterà di preparare. Pensiamo alla ristampa di alcuni libri e libretti, per ora fuori catalogo, che il Signore ha usato in modo potente in Italia, e che, siamo certi, benedirà di nuovo nel 2018.

Abbiamo anche grandi speranze per La Voce del Vangelo, dopo le migliaia di copie ordinate e distribuite quest’anno da tanti. L’edizione speciale evangelistica “Conta solo la verità” del 2017 è stata apprezzata da molti, come anche i numeri mensili regolari della VOCE di cui hanno richiesto copie extra da passare agli amici. Senza dimenticare le edizioni speciali degli anni passati che, a fronte di un ordine, abbiamo potuto ristampare per l’evangelizzazione e per l’edificazione dei credenti. Veramente, la Parola di Dio è sempre fresca, sempre potente, porta sempre nuova luce e nuova vita dovunque sia predicata e distribuita fedelmente!

Grazie a te e a tanti di voi che avete accettato il nostro invito a fare un’offerta per contribuire alle spese di produzione mensili della Voce del Vangelo. Negli ultimi 10 anni l’abbiamo pubblicata e spedita senza un prezzo di abbonamento, come un nostro contatto regolare con te, un incoraggiamento nella crescita spirituale e come spunto per la tua evangelizzazione. Abbiamo capito quanto voi tutti siete vicino a noi!

Che il Signore ti riempia di gioia in questa stagione, aumenti la tua fede, porti frutti abbondanti nella tua testimonianza e vita spirituale e ci permetta di camminare nel 2018 vicini gli uni agli altri.

Per l’Associazione Verità Evangelica e La Voce del Vangelo, ti auguriamo un Nuovo Anno pieno di nuove benedizioni,

Guglielmo Standridge,
Davide Standridge,
Erkki Sillanpää,
Filippo Tarantino,
Katia Mari,
Loredana Oglialoro

P.S.: Una nota personale da Guglielmo

Dopo oltre 60 anni di residenza a Roma, dedicati alla Voce, alla Chiesa Berea e al ministero in ogni parte dell’Italia, il Signore mi sta guidando, principalmente per motivi di età e di salute, a trasferirmi a Milano, presso mio figlio Daniele e la sua famiglia. Sarò ancora in contatto continuo e contribuirò al lavoro dell’ufficio a Roma, ma limiterò il mio viaggiare. Per contattarmi, puoi usare il mio indirizzo e-mail e il mio numero telefonico personale. Avrò sempre molto piacere di avere le tue notizie e di pregare per te.

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59

 

La VOCE novembre 2017

Che bella sorpresa!

Ogni volta che tornavo da un viaggio, c’erano i miei figli alla porta ad aspettarmi con trepidazione. Mi faceva piacere quel loro entusiasmo spontaneo. Per dire il vero, in quei momenti, più che di rivedere me, erano eccitati di scoprire quello che gli avrei portato. Le loro espressioni di sorpresa mentre aprivano i regali erano impagabili. Non si aspettavano di ricevere cose straordinarie, ma solo qualcosa di nuovo.

I regali, particolarmente quelli inaspettati, hanno il potere di cambiare il nostro stato d’animo. Ci fanno sentire amati e importanti e per questo possono incoraggiarci, ma anche spronarci a continuare ad andare avanti con più slancio. Il più delle volte, però, l’effetto svanisce presto. Ma se il dono è azzeccato, torna utile nel tempo e il suo valore non diminuisce.

La VOCE del VANGELO vuole essere proprio questo per ognuno dei nostri lettori. Non una sporadica sorpresa, ma un dono pensato e studiato per te, a cui puoi tornare ogni volta che ne hai bisogno.

L’anno prossimo La VOCE del VANGELO compie 60 anni. In tutti questo tempo non è cambiata, è sempre la stessa!

Il formato, naturalmente, è diverso; all’inizio era tutta in bianco e nero (qualcuno dei nostri lettori se lo ricorderà ancora?), mentre adesso è a colori. Alcuni hanno un po’ di nostalgia di quando era più grande e con più pagine, prima dell’avvento dell’Internet e dei tablet che hanno influito sul nostro modo di leggere. Il contenuto della VOCE, però, continua a seguire gli stessi identici principi che avevano spinto Guglielmo e Maria Teresa Standridge a fondarla nel 1958!

Chi l’avrebbe detto che un giorno avremmo avuto accesso diretto e quasi illimitato a qualunque tipo di informazione! Se abbiamo bisogno di sapere come preparare una torta danese a undici strati, o come investire meglio i nostri soldi oppure come vivere sani e felici, basta fare una ricerca su Internet e in un attimo abbiamo più risposte che potremmo mai voler leggere.

Ma oggi, proprio come sessant’anni fa, ci sono anche le fake news, informazioni fasulle. Ci sono tante voci che vogliono sussurrarci nelle orecchie opinioni diverse. Per qualunque argomento, le idee sembrano moltiplicarsi all’infinito, ma la realtà è che spesso sono solo opinioni e nient’altro. Opinioni, però, che in certi casi, se accolte, hanno conseguenze disastrose. Anche eterne!

Solo la Bibbia non propone opinioni ma offre la verità assoluta.

Forse mai come prima, in tutto il mondo la verità assoluta è sotto attacco calcolato e deliberato. Hai notato anche tu come a ogni livello, un pezzo per volta, si cercano di screditare e smontare valori etici e morali assoluti, particolarmente quelli che si basano sulla fede giudeo-cristiana? Come credenti biblici, siamo convinti che è il nostro compito tenere alta la Parola di Dio ed esporre accuratamente la sua verità che non cambia mai.   

La Parola di Dio è uno specchio: rivela la nostra vera condizione davanti a Dio (Giacomo 1:22-25). È cibo spirituale che ci fa crescere sani nella fede e nella vita pratica (1 Timoteo 4:6). È una luce che illumina il cuore e l’intelletto e dirige il nostro cammino (2 Pietro 1:19). Come una spada penetra nell’intimo e giudica i sentimenti e i pensieri del cuore (Ebrei 4:12). È un martello che spezza il nostro cuore indurito e acqua che purifica le nostre vite (Tito 3:3-7). Insegna a essere più simili a Cristo e come vivere piacendo a Dio in ogni cosa (Tito 2:11,12). In tutto il mondo non c’è nulla di
simile o più utile di essa.

Ma il quadro che la Bibbia rivela sull’essere umano è completamente diverso da quello che le teorie e filosofie moderne insistono a propinare. Ecco il motivo per cui La Voce del Vangelo continua a essere guidata solamente dalle verità bibliche, perché conoscere la verità su Dio e su se stessi è assolutamente vitale per l’uomo. I pensieri di Dio sono diversi da quelli degli uomini; l’uomo lasciato a se stesso, senza la Parola di Dio, sarà sempre una pecora errante senza pastore, in balia delle opinioni ingannatrici del mondo.

La Parola di Dio, oltre a rivelarci la verità su Dio e su noi stessi, ha anche le soluzioni ai nostri problemi. Come affrontare le malattie e le catastrofi che fanno parte della vita? Come costruire un matrimonio che funzioni? Come educare con saggezza i figli nelle varie età? Come comportarsi sul lavoro? Da cosa si riconosce una chiesa sana? Come farne parte senza rovinarla?

Per ogni domanda pratica della vita cristiana la Bibbia ha la risposta giusta. Da oltre mezzo secolo la Voce del Vangelo tratta molti di questi soggetti offrendo principi biblici da applicare a ciascuna situazione.

Dalle lettere dei nostri lettori negli anni sappiamo che ci sono dei credenti che vivono isolati senza una chiesa sana vicino. Per loro La VOCE è un refrigerio nel proprio deserto, un punto di riferimento costante. Altri, con molto dispiacere, stanno affrontando la realtà di una chiesa locale sommersa da problemi.

Ovunque tu sia, la VOCE è tua. Noi scriviamo per te. Non abbiamo la presunzione di sapere tutto, ma se hai una domanda sulla fede, scrivici e cercheremo insieme le risposte bibliche al tuo problema. E chissà, potrebbe diventare l’argomento di un numero futuro della Voce.
E se hai trovato un numero della VOCE utile e di aiuto perché non ordinarne altre copie da distribuire? Te le invieremo gratuitamente. Chiamaci allo 06-700.25.59.

C’è ancora un altro motivo che ci spinge a scrivere fedelmente la Voce del Vangelo ogni mese: siamo circondati da persone che non conoscono il Dio della Bibbia, che non hanno mai capito la grazia che si riceve attraverso il sacrificio di Gesù Cristo. Con queste persone in mente, ogni anno prepariamo un numero speciale interamente rivolto a loro, e lo proponiamo ai nostri lettori come uno strumento per spiegare la salvezza eterna in Cristo. Se non siamo noi a parlarne, chi lo farà?

Tutti i numeri speciali di evangelizzazione sono sempre disponibili per ordini e possono essere personalizzati secondo le tue esigenze. Puoi leggerli in anteprima sul nostro sito seguendo questo LINK.

La nostra speranza è che la VOCE del Vangelo sia per te un dono preannunciato e puntuale, e che tu possa leggerla con gioia ed esserne benedetto.

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59

 

La VOCE ottobre 2017

Gente presuntuosa fa venire i nervi. È curioso come un arrogante risulti antipatico a tutti tranne che a se stesso. In banca, al bar, al mercato, in TV ci vuole poco per capire se uno si crede migliore degli altri. Ma Dio resiste agli orgogliosi; resiste a chiunque sia persuaso di essere giusto e disprezzi gli altri. Gesù l’ha illustrato in modo eloquente nella sua parabola del fariseo e del pubblicano, in Luca 18:9-14.

  • Disse ancora questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: “O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana, pago la decima su tutto quello che possiedo”.
    Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!”
    Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s’innalza sarà abbassato, ma chi si abbassa sarà innalzato.

Potrei metterci la mano sul fuoco che, se sei come me, tra i due, pensi di assomigliare al pubblicano. Anzi, me lo auguro. Ma è ora di riconoscere e stanare il fariseo che si nasconde in noi!

Io sono come te

È nella natura umana paragonarsi agli altri. Impariamo a farlo sin da piccoli. Chi è il più bravo? Chi la più bella? Chi ha più successo? Chi ha più amici? Logicamente io! E se così non fosse, per sentirci migliori, con sorprendente disinvoltura tiriamo in ballo tutti i difetti immaginabili dell’altro. Non necessariamente arriviamo a farlo a parole; il più delle volte ci basta averlo pensato.

Sarebbe riduttivo dire che il problema tocchi solo i nostri rapporti con gli altri. In realtà, riguarda principalmente la relazione che abbiamo con Dio.

Nella sua parabola, Gesù sta mettendo in evidenza non le differenze tra i due personaggi, ma il diverso rapporto che i due hanno con l’Iddio santo dell’universo.

Siamo tutti d’accordo che per poter avere un rapporto con Dio bisogna essere come il pubblicano: bisogna riconoscere il nostro peccato e chiedere che Dio, nella sua grazia, ci perdoni e ci offra la perfetta giustificazione in Cristo. Lo dice la Bibbia e ci crediamo. Ma dobbiamo domandarci se questa convinzione si veda anche nella nostra vita quotidiana.

Giorno per giorno le nostre reazioni, gli sguardi e i commenti rivelano quello che effettivamente pensiamo di noi stessi e degli altri. E, di conseguenza, mostrano la vera natura del nostro rapporto con Dio.

Ovviamente il problema è più grave di quanto ci rendiamo conto!

Basti pensare ai commenti che si fanno sugli altri in famiglia, su Facebook o addirittura in chiesa. Non eccedono certo in grazia. Perfino sui blog e nei libri oggi il tono è negativo rasentando a volte la cattiveria.

A Dio non sfuggono questi atteggiamenti sprezzanti e sa bene quello che si annida nei nostri cuori. Gli altri potrebbero anche non accorgersi dei nostri sentimenti, qualcuno potrebbe perfino incoraggiarci nei nostri modi di fare altezzosi, ma Dio ne è profondamente disturbato.

Sai perché? Perché sentendoci superiori, non disprezziamo solo i nostri simili, stiamo anche disprezzando l’opera di Dio nella nostra vita!

Se abbiamo creduto alla verità, se siamo diventati dei figli di Dio, non è per merito nostro. Paolo lo afferma chiaramente: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:7,8).

Non si è credenti per opere né meriti di alcun tipo. La salvezza è un dono. Non eravamo mica propensi o disposti a credere più di altri!

Infatti Paolo, sotto l’ispirazione di Dio, scrive: “Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l’andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potenza dell’aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri; ed eravamo per natura figli d’ira, come gli altri” (Efesini 2:1-3).

Eravamo proprio come tutti gli altri; avevamo gli stessi desideri, seguivamo la stessa guida (Satana) e vivevamo anche noi per soddisfare i nostri desideri. Eravamo ribelli, incapaci di desiderare e di fare il bene.

Troppo spesso il nostro pio disdegno per i peccati e il cattivo comportamento degli altri cela la triste realtà che non abbiamo capito che essere nati in Italia, nella nostra famiglia o in un Paese dove c’è libertà religiosa, non è mica merito nostro. Essere stati esposti alla Parola di Dio che ci ha condotti alla fede in Cristo, è opera esclusiva di Dio, senza nostro merito.

È un fatto che dovrebbe spingerci a rivedere il modo in cui parliamo della nostra fede agli altri. Il nostro proclamare le verità divine deve scaturire dalla piena consapevolezza della grazia immeritata che ci è stata data.

Ma magari il nostro peccato fosse solo questo!

Purtroppo c’è un altro aspetto nefasto del nostro orgoglio, che però tendiamo a minimizzare. Anzi, per alcuni è proprio un motivo di vanto. È la critica.

Tra credenti in generale, tra le chiese locali e tra le denominazioni evangeliche siamo sempre pronti a criticare.

Adesso mi dirai: “La verità va creduta e difesa e coloro che si sviano dalla verità e abbracciano l’errore vanno smascherati!” Assolutamente!

Ma aspetta… La verità va certamente studiata, accettata e difesa, quindi non è questo il problema.

Il problema è l’atteggiamento con cui lo si fa. Perché proprio come non è merito mio se sono diventato un credente, non è merito mio neppure quello che ho capito della Parola di Dio!

Paolo scriveva ai corinzi: “Ora, fratelli, ho applicato queste cose a me stesso e ad Apollo a causa di voi, perché per nostro mezzo impariate a praticare il non oltre quel che è scritto e non vi gonfiate d’orgoglio esaltando l’uno a danno dell’altro. Infatti, chi ti distingue dagli altri? E che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti vanti come se tu non l’avessi ricevuto?” (1 Corinzi 4:6,7).

La chiesa di Corinto, divisa in fazioni, con alcuni che si stimavano più spirituali degli altri, aveva bisogno di sentirlo dire chiaro e tondo. E noi oggi dovremmo dirlo a noi stessi proprio così: Chi ti credi di essere? Quello che hai, quello che sai e quello che hai capito non è mica merito tuo!

Ogni volta che ci atteggiamo come se avessimo dei meriti, stiamo di fatto offuscando l’opera di Dio; forse non ce ne rendiamo conto, ma stiamo usurpando il suo posto. Quando cerchiamo di promuovere il nostro valore personale tra i credenti abbiamo dimenticato che è stato Dio, non noi, a cominciare una buona opera in noi e che è Lui che la porterà a compimento (Filippesi 1:6). L’avviamento di questa buona opera, il suo progresso nel tempo e il suo compimento è, dall’inizio alla fine, opera esclusiva di Dio senza merito nostro.

Tra le chiese, si pecca nel modo in cui vengono espresse le critiche una nei riguardi dell’altra, quando si mira a mettere in risalto la propria superiorità piuttosto che l’opera di Dio. E nascono le contese.

Ma non fraintendermi: non sto dicendo che le differenze dottrinali non abbiano importanza. No, dobbiamo tutti ricercare, difendere e proclamare la sana dottrina. Sto dicendo che dobbiamo fare attenzione a non essere farisei nel farlo. Non dobbiamo arrogarci dei meriti che non sono nostri.

Giacomo ci ricorda qualcosa di importante sulla sapienza: “La saggezza che viene dall’alto anzitutto è pura; poi pacifica, mite, conciliante, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale, senza ipocrisia. Il frutto della giustizia si semina nella pace per coloro che si adoperano per la pace” (Giacomo 3:17,18).

Mi sembra che il modo in cui vengono espresse le critiche – o le differenze – non rispecchi l’atteggiamento che Dio richiede: la convinzione che è solo per merito suo se abbiamo capito e creduto alla verità.

Il disprezzo, la mancanza di perdono, la critica, il troncare i rapporti, l’odio (il non amare è una forma di odio!) e qualunque altro atteggiamento che ci fa sentire superiori agli altri sono le caratteristiche del fariseo nella parabola di Gesù.

Voglio essere come il pubblicano e riconoscere di aver peccato ed essere consapevole della grazia di Dio immeritata. La posta in gioco è il mio rapporto con Dio stesso!

Che sia evidente, quando proclameremo e difenderemo la verità, che non abbiamo merito alcuno. E che possiamo essere sempre pronti a tornare alla Parola di Dio per capirla meglio, per non trovarci a difendere con l’orgoglio le nostre tradizioni o posizioni denominazionali.

Che si dia umilmente ogni merito a Dio per quello che abbiamo capito.

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59

 

La VOCE settembre 2017

La gente ha un modo avventato di scherzare su cose di cui non ha la più pallida idea di come siano, cose che dovrebbero essere trattate con massima serietà. Prendi per esempio le barzellette su uno che si presenta alle porte del paradiso e trova San Pietro ad attenderlo… Ammetto che alcune di queste mi hanno fatto ridere, ma il destino eterno delle persone non è affatto qualcosa su cui scherzare: è una questione di vita o di morte.

Forse anche tu, parlando della tua fede a qualcuno, gli avrai domandato cosa risponderebbe a Dio se gli chiedesse per quale motivo dovrebbe farlo entrare in paradiso. È un’ottima domanda che, se affrontata con la serietà che gli è dovuta, apre la possibilità di presentare il vangelo in modo chiaro.

Come credenti, sarà Dio stesso a darci il benvenuto quando ci presenteremo davanti a Lui, ma pensando a quel momento, non ho mai trovato nessuno che vorrebbe sentirsi dire: “Ce l’hai fatta per un pelo, mio carnale servitore! Entra nella gioia del tuo Signore per il rotto della cuffia…”
Oppure: “Sei qui, mio zoppicante servo?! Beh, entra per miracolo nella gioia del tuo Signore.”

Vorremmo, invece, sentirlo dire: “Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore” (Matteo 25:23). Solo che per essere accolti in cielo in questo modo, bisogna prima essere servi buoni e fedeli.
Sai quali sono le caratteristiche di chi sarà il benvenuto alla gioia del suo Signore?

Sarai il benvenuto?

“Non chiunque mi dice: «Signore, Signore!» entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: «Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?» Allora dichiarerò loro: «Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!»” (Gesù in Matteo 7:21-23).

Parole durissime, sorprendenti e perfino agghiaccianti.

Mi auguro che non dovrai mai udire con le tue orecchie il rigetto di Dio perché avevi pensato che la tua fosse una vita religiosa che Lui approvi, senza esserti mai reso conto che quel dio in cui avevi creduto era fittizio, frutto delle idee umane, creato a tua immagine e piacimento, e che non ha nulla a che vedere con il Creatore che si è rivelato nella Sacra Bibbia.

Oggi sembra che abbiamo accettato come normale che la maggior parte dei credenti sia carnale, immatura e che non sappia nemmeno cosa vuol dire essere consacrati al Signore.

Nei nostri incontri, spesso quando qualcuno apre la Bibbia per vedere cosa richiede Dio ai suoi, cominciamo subito a tirar fuori mille motivi per cui non ci è possibile raggiungere quel tipo di standard (santo!) che Dio esige: Siamo umani, siamo deboli, siamo imperfetti… E così ci troviamo sempre a giustificare il nostro comportamento e i nostri compromessi.

Nelle chiese ormai, le mosche bianche sono quei rari credenti che servono Dio fedelmente. Li osserviamo e, dentro di noi, li invidiamo per il modo in cui vivono la fede. Vorremmo essere come loro, ma ci sembra poco realistico.

Poco realistico!? Tu glielo diresti a Gesù che le sue richieste nei tuoi confronti, cioè lo standard di santità e di perfezione che Egli esige dai suoi seguaci, è irragionevolmente alto? Che è impossibile vivere così?

Stava forse esagerando quando ha detto che per seguirlo bisogna perdere la propria vita? E quando ha affermato che bisogna abbandonare tutto per essere suoi discepoli, l’ha fatto solo tanto per dire? Allora, quando la Bibbia definisce i credenti come degli schiavi di Cristo, sono solo espressioni pittoresche e suggestive, da non prendere alla lettera?

Forse è duro parlare così, anzi sicuramente lo è. Ma mi preoccupa che molti, troppi cristiani non stanno vivendo i benefici della vita del credente previsti da Dio. Potrebbe essere che questo sia collegato al concetto che uno ha dello standard di Dio?

riposo, pace e soddisfazione

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” (Matteo 11:28).
“Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti” (Giovanni 14:27).

Stai vivendo il riposo che Gesù ha promesso?

La gente, osservandoti, direbbe che la tua quotidianità è satura di una pace non comune?

Sei una persona soddisfatta? È viva in te quella soddisfazione che Gesù ha promesso ai suoi? Egli ha detto che “chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna” (Giovanni 4:14).

Queste sono solo tre delle numerose promesse che Dio ha fatto ai suoi figli nelle Sacre Scritture. Proprio queste ci aiutano a valutare come sta andando la nostra vita.

Se la pace, il riposo o la soddisfazione sono assenti dalla nostra vita di credente, è un sintomo di qualcosa che non va. Ma la domanda fondamentale che ci dobbiamo porre è se siamo veramente figli di Dio. Se lo siamo, perché mai accontentarci di una vita cristiana sub-standard e perdere tutti i benefici previsti da Dio, mentre scansiamo le nostre responsabilità come credenti?

ESSERE O NON ESSERE

Nella sua prima lettera, l’apostolo Giovanni presenta almeno tre caratteristiche dei veri figli di Dio. Le presenta proprio perché possiamo valutare se siamo salvati o no.

Eccole: i figli di Dio amano la sua Parola, amano la purezza, e amano i credenti.

I servitori buoni e fedeli hanno queste tre caratteristiche e, anche se imperfetti persino nel desiderarle, le desiderano sempre di più nella loro vita.

Amare la Parola

Amare la Parola di Dio non vuol dire “provare un sentimento” particolare verso quello che Dio ha detto. Piuttosto la Bibbia descrive l’amore del credente per le Scritture come una vera dipendenza da esse, una necessità assoluta.

A un neonato affamato non importa se gli dai il ciuccio, se lo culli o se cerchi di farlo giocare: niente lo può distrarre da quel suo bisogno impellente di mangiare.

Pietro scrive: “Come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza, se davvero avete gustato che il Signore è buono” (1 Pietro 2:2,3).

Hai gustato che il Signore è buono? Se sei credente, desidererai la Parola di Dio perché è l’unico modo per crescere spiritualmente, per diventare cioè dei buoni e fedeli servitori.

I figli di Core cantavano: “Come la cerva desidera i corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente; quando verrò e comparirò in presenza di Dio?” Non si facevano distrarre dalle cose della vita, anzi, la vita stessa era diventata il motivo per cui loro non potevano fare a meno della Parola di Dio (Salmo 42:1,2)!

E come non ricordare le parole di Davide nel Salmo 19: “La legge del Signore è perfetta, essa ristora l’anima; la testimonianza del Signore è veritiera, rende saggio il semplice. I precetti del Signore sono giusti, rallegrano il cuore; il comandamento del Signore è limpido, illumina gli occhi. Il timore del Signore è puro, sussiste per sempre; i giudizi del Signore sono verità, tutti quanti sono giusti, sono più desiderabili dell’oro, anzi, più di molto oro finissimo; sono più dolci del miele, anzi, di quello che stilla dai favi. Anche il tuo servo è da essi ammaestrato; v’è gran ricompensa a osservarli” (vv. 7-11)!

Un figlio di Dio ama conoscere la Parola di Dio e desidera metterla in pratica; la legge, la medita, la studia e vuole essere istruito da essa.

Amare la purezza

Conoscere Dio e la sua Parola spingerà il servo buono e fedele a riconoscere sempre di più la propria peccaminosità e a bramare la purezza. Lo standard per il servo fedele è alto!

Pietro ce lo ricorda: “Perciò, dopo aver predisposto la vostra mente all’azione, state sobri, e abbiate piena speranza nella grazia che vi sarà recata al momento della rivelazione di Gesù Cristo. Come figli ubbidienti, non conformatevi alle passioni del tempo passato, quando eravate nell’ignoranza; ma come colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta, poiché sta scritto: «Siate santi, perché io sono santo» (1 Pietro 1:13-16).

Il vero figlio di Dio non si illude di essere perfetto. Anzi, crescendo nella fede comprende sempre meglio la santità di Dio e perciò prova tristezza e disgusto per il proprio peccato. Lo confessa e abbandona e protende sempre di più verso lo standard di Dio. Non si rassegna a essere carnale; al contrario ne è profondamente disturbato.

Amare i fratelli

Ogni buono e fedele servitore di Dio partecipa attivamente alla vita della comunità di credenti, dove Dio l’ha messo, per il suo progresso spirituale. Non è possibile vivere una sana vita cristiana e rifiutare al tempo stesso il ruolo della chiesa locale. Sento già le proteste: le chiese sono a pezzi… i credenti sono un pasticcio… sono stato troppo ferito… non ci sono chiese sane…

Un credente che non frequenta una chiesa, si sta privando di quei benefici vitali che Dio ha stabilito che siano a nostra disposizione in modo esclusivo proprio nella chiesa locale. Nella chiesa locale si cresce nella santificazione, s’impara ad amare e perdonare i fratelli e servire gli uni gli altri, si è consolati e incoraggiati, ammoniti e corretti.

Nella chiesa locale il tuo progresso spirituale è sotto gli occhi di tutti.

Infatti la chiesa è talmente importante agli occhi di Dio, che il rapporto che si ha con i propri fratelli in fede può addirittura rivelare se si è credenti o meno! Giovanni dice perentorio: “Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre” (1 Giovanni 2:9). Odiare può sembrare una parola pesante, ma non amare tuo fratello è odiarlo agli occhi di Dio.

Forse non c’è una chiesa sana sotto casa tua, ma la distanza non è un motivo valido per non frequentarla. Lo sforzo extra che devi fare è per il tuo bene! Senza la comunione con altri credenti, sei più vulnerabile e ti esponi a molti attacchi del nemico. Anche il tuo modo di pensare diventa facile preda di astute ideologie antibibliche. Quando si è soli e isolati, è solo questione di tempo che comincerai a cedere sotto la pressione costante del mondo. 

Essere testimoni

La chiesa locale è anche il luogo dove i servitori fedeli si mescolano, interagiscono e collaborano per il profondo desiderio e obiettivo che li unisce: quello di vedere il progresso del vangelo nella vita gli uni degli altri.

Un servo buono e fedele testimonierà di Cristo. Celebrare Dio davanti agli uomini sarà naturale quando ami la Parola di Dio, ami la purezza e ami i fratelli. Ma attenzione! Stiamo parlando di servi fedeli. Troppo spesso si vuole forzare servi malvagi e fannulloni (Matteo 25:26) a essere testimoni della fede (o a rappresentare gli evangelici in generale) senza rendersi conto che l’infedeltà non è nel non testimoniare, ma nello stile di vita macchiata da compromessi.

Non accontentarti di restare immaturo nella tua fede. L’immaturità duratura e la carnalità sono un grande campanello di allarme: forse non si è affatto dei servi! È tempo di rivalutare ogni scelta che facciamo e prepararci per il giudizio di Dio che arriverà inesorabile: “Infatti è giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al vangelo di Dio? E se il giusto è salvato a stento, dove finiranno l’empio e il peccatore?” (1 Pietro 4:17,18)!

Nel frattempo, non essere servi fedeli ci fa perdere incredibili benedizioni.

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59

 

Sottoscrivi questo feed RSS