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La VOCE settembre 2014

Hai cinque minuti?

“Mamma, è vero che non mi vuoi bene?” La piccola Luisa, con le lacrime agli occhi, tirava la gonna della Mamma.
“Che sciocchezza, amore mio! Certo che Mamma ti ama! Perché mi fai una domanda del genere?”
“Perché alla Scuola domenicale la signora Ester ha detto che Dio risponde sempre alle nostre preghiere perché ci ama. E invece tu a me non rispondi sempre quando ti chiedo qualcosa…”
La Mamma capiva che la questione era importante, ma aveva altro da fare e i minuti contati: una risposta adeguata avrebbe ritardato il pranzo. Che fare? Ha scelto bene e ha fatto l’unica cosa che importava. I fratelli di Luisa potevano certamente aspettare cinque minuti di più per mangiare.
Così si è seduta su una sedia in cucina, ha preso Luisa fra le braccia e le ha domandato: “Scusami, cara, cosa mi avevi chiesto che non ti ho risposto?”.
“Ti avevo chiesto l’altro giorno se mi fai sposare Gianni quando sarò più grande, ma hai detto che eri troppo occupata per rispondere… Io però lo voglio sapere…”
La Mamma ci ha pensato su un momento e ha guardato l’orologio. Forse il pranzo sarebbe stato rimandato di più di cinque minuti! Ma doveva rispondere.

La risposta che tutti aspettano

Una malattia incurabile? La perdita del lavoro? Un figlio che si mette male? Un malinteso triste che crea attrito? Come mai Dio lo permette? Come cercare di rimediare?

Anche tu hai delle domande alle quali aspetti la risposta? Purtroppo, ne abbiamo tutti. E a volte abbiamo paura che la risposta non esista. Forse “la” risposta no, ma “una che può soddisfarci”, sì.

L’altro giorno una sorella in Cristo, molto “intensa”, mi ha domandato: “Se Dio ha tutto sotto controllo, come mai il mondo va male? Sempre peggio!? Perché non fa nulla?”.
Suo marito, non credente, mi fissava con gli occhi stretti, come per dire: “Vediamo come ti tiri fuori da questa domanda!”. E dovetti ammettere, fra me e me, che qualsiasi mia risposta non l’avrebbe mai convinto, dato che, a priori, escludeva l’esistenza di Dio.

E qui ci sono già due cose importanti da comprendere. La Bibbia dice che “chi si accosta a Dio deve credere che Egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6) e noi lo crediamo. Il mondo contiene prove sufficienti per convincere qualsiasi persona, non prevenuta o scettica, che Dio esiste, che è il Creatore dell’universo e che è buono (Romani 1:18-23).
Però, la Bibbia dice anche che il non credente affronta il problema dell’esistenza di Dio da cieco. Paolo scrisse: “Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione; per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo” (2 Corinzi 4:3,4).

Sappiamo dalla Bibbia non solo che esiste Dio, ma che esiste anche Satana. Il diavolo “è stato omicida fin dal principio… Quando dice il falso, parla di quel che è suo, perché è bugiardo e padre della menzogna” (Giovanni 8:44). Si oppone a Dio con tutta la forza, tenendo gli uomini nelle tenebre e in schiavitù spirituale, finché Dio non lo relegherà eternamente all’inferno, il luogo creato proprio per imprigionarvi lui e i suoi seguaci.

Nel frattempo, Dio sta permettendo a Satana, per motivi che non ci ha rivelato, di spingere l’uomo sempre più in basso nella sua ribellione a Dio. Così l’uomo rivela tutta la cattiveria e l’orrore di cui è capace. Ma non è segno di debolezza o di un errore di Dio, perché al momento prestabilito e promesso Lui interverrà sconfiggendo per sempre sia gli uomini ribelli sia Satana stesso.

Dio permette, ma non approva, la malvagità di Satana. Così, malattie e morte, contrattempi e prove fanno parte della vita umana. Grazie a Dio, ci ha promesso che non saremo mai provati oltre i limiti del suo potere di liberarci e che ci offrirà sempre una via di uscita vittoriosa (2 Corinzi 10:13). Ogni prova, ogni domanda avrà, finalmente, la risposta vittoriosa di Dio.

Come misuri la tua fede?

Molti credenti pensano di aver poca fede. E potrebbe anche essere vero. Siccome la Bibbia stessa spiega come la fede può crescere, si può concludere che la “fede” esista in formati e misure diversi.
Gesù, una volta, ha parlato di fede piccola piccola, grande solo “quanto un granello di senape”, dicendo che anche se considerata così piccola e di poco valore potrebbe addirittura far vedere miracoli (Luca 17:6).
E ha parlato anche di fede grande grande: “Io vi dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato una fede così grande!” (Matteo 8:10). In questo racconto Egli ha fatto capire che una fede simile l’aveva stimolato a intervenire immediatamente in un problema molto grave.

Ma, perché alcuni hanno una fede grande e altri una piccola? È una questione di buona fortuna? Di carattere? Di un dono di Dio senza spiegazione?
Nessuna di queste risposte è giusta.
L’apostolo Paolo non aveva dubbi. Egli ha scritto una frase che potremmo quasi considerare come una “regola” di fede, anche se da sola non è sufficiente. Egli scrisse: “Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Romani 10:17). Leggere e ascoltare “la parola di Cristo” si riferisce, come minimo, a ciò che le Scritture rivelano su Cristo, la sua Persona, la sua opera, e il suo trionfo sul peccato e la morte. Questo, infallibilmente, stimola, fa crescere e aumentare la fede.

Ogni “fede” non fondata e cresciuta in questo modo è instabile, debole, immatura, mancante di sostanza e conoscenza.
Ovviamente le Scritture, per fondare e stimolare una fede forte, pratica e vissuta, devono essere lette, studiate, meditate e assimilate. Per questo abbiamo tradotto e pubblicato dei commentari fedeli alla Bibbia. Il commentario non si sostituisce alla Bibbia né aggiunge altre verità a quelle rivelate nelle Scritture, ma è utilissimo per capire le parole e il senso delle frasi bibliche. È un aiuto per tutti, per chi comincia a leggere la Bibbia per la prima volta, come per chi la legge da molti anni. 

La “Super offerta” dei nostri 5 commentari (vedi VOCE di maggio 2014) è ancora valida. Sono disponibili i commentari sulla lettera ai Romani (in 2 volumi), 1 e 2 Timoteo e Tito. Perché non ordinare anche un solo commentario e cominciare a leggere e studiare la Bibbia con perseveranza? Noi siamo convinti che così crescerà la tua fede, piccola o grande che sia.


Le cose che non si vedono (ancora)

Non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno.
Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne.
Sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d'uomo, eterna, nei cieli. Perciò in questa tenda gemiamo, desiderando intensamente di essere rivestiti della nostra abitazione celeste, se pure saremo trovati vestiti e non nudi.
Poiché noi che siamo in questa tenda, gemiamo, oppressi; e perciò desideriamo non già di essere spogliati, ma di essere rivestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita.
Or colui che ci ha formati per questo è Dio, il quale ci ha dato la caparra dello Spirito. Siamo dunque sempre pieni di fiducia, e sappiamo che mentre abitiamo nel corpo siamo assenti dal Signore (poiché camminiamo per fede e non per visione); ma siamo pieni di fiducia e preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore.
Per questo ci sforziamo di essergli graditi, sia che abitiamo nel corpo, sia che ne partiamo.
(2 Corinzi 4:16 – 5:9)

— Guglielmo Standridge

La VOCE luglio 2014

“Senti questa! Ho appena ricevuto un assegno per trecento euro da Franco,” Gianni gridò rientrando in salotto.
“Franco chi?” rispose sua moglie.
“Ma, Franco… quello che era con noi in campeggio e che ha dovuto fare una riparazione alla sua macchina. A me sembrava un brav’uomo e gli ho prestato trecento euro perché non aveva soldi con sé. Ora mi ha ripagato!”
“Sei proprio fortunato. A me non sembrava tanto bravo e io non gli avrei prestato una lira.”
“Ma tu non ricordi quello che è scritto in Ecclesiaste: «Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai»? Ecco: l’ho ritrovato!”
“Santa innocenza, dico io. Non credo che succederebbe una volta su mille, ma, comunque, ce l’hai e tienilo stretto!”
E tu, che pensi? Un credente dovrebbe amministrare i suoi soldi con tanta leggerezza?

L'ansia e le vacche magre

Sono, per molti, i tempi delle “vacche magre” e più di un marito e moglie si trovano in dissenso su come usare i soldi. La Bibbia può aiutarci molto nello spendere e anche nel risparmiare. Ne tenete conto?

Il principio base da cui tutti dobbiamo per forza partire sono le parole di Gesù: “Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6:19-21).
“Non ti preoccupare”, mi dirai. “I tesori non ne abbiamo!”
Veramente è chiaro che Gesù non stava predicando soltanto ai milionari. Ce ne sono così pochi che non ne sarebbe valsa la pena.

Infatti stava parlando a tutti, perché sia i poveri che i ricchi, e tutti quelli in mezzo, possono essere tentati di amare i soldi. E di farsi condizionare dalla quantità che se ne possiede. Anche tu ed io c’entriamo. Il mondo ci insegna, e il nostro cuore spesso è d’accordo, che la vita vale ed è piacevole soltanto in base a quanti soldi abbiamo in mano, o in banca.
Ma Gesù vuole che vediamo le cose dal suo punto di vista. Non vuole esaminare il nostro conto in banca, ma i nostri desideri e le nostre paure. Quello che conta sono i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni.
“Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e Mammona” (Matteo 6:25,24).
Secondo Lui, vivere abitualmente in ansia significa “servire Mammona”, mettere al primo posto i soldi. Ma si possono usare i soldi che Egli ci ha dato nel modo che insegna la Bibbia e comunque vivere con la costante paura che finiscano. Questo non è “servire Dio”, non è vivere una vita di sottomissione a Lui.

Per molte persone, riconoscere questo fatto innesca in loro una battaglia interiore fra ciò che si vede (i soldi - forse pochi o nulla - che ci arrivano o che abbiamo) e le promesse di Dio di avere cura di noi anche materialmente. Prima di risolvere questa battaglia facendo i conti sulla carta, dobbiamo affrontarla in ginocchio, e decidere, in fondo al nostro cuore, di chi ci fidiamo in ultima analisi: dell’economia mondiale, delle nostre forze fisiche e del datore di lavoro o di Dio? Non si tratta di un giochetto. Ne va della nostra fede, della nostra sicurezza, del nostro futuro.

L’Apostolo Paolo aveva imparato sulla sua pelle che, pure fidandosi totalmente di Dio, non era sicuro di ricevere uno stipendio fisso. Anzi, ha scritto quello che molti altri credenti nei secoli successivi avrebbero sperimentato: “Ho imparato ad accontentarmi dello stato in cui mi trovo. So vivere nella povertà e anche nell’abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato a essere saziato e ad aver fame; a essere nell’abbondanza e nell’indigenza”
(Filippesi 4:11,12).

Bastano e avanzano?

Le lezioni che Paolo ha imparato non erano facili, comode o entusiasmanti. Non si tratta di un contratto fra Dio e il credente, per garantire che avrà sempre sul suo piatto il suo cibo preferito, o che possa sedersi all’ombra e aspettare che un angelo mandato da Dio gli porti un piatto di pasta.
Per il figlio prodigo significava seppellire del tutto il suo orgoglio, ravvedersi e tornarsene alla casa che aveva abbandonata e al padre respinto. Per qualcun altro significa cercare e accettare un lavoro umiliante e, se necessario, al di sotto delle sue qualifiche, perché Paolo ha scritto: “Infatti, quando eravamo con voi, vi comandavamo questo: che se qualcuno non vuole lavorare, neppure deve mangiare”
(2 Tessalonicesi 3:10).

Dio non promette a nessuno ricchezze né comodità. Lavorare onestamente e duramente è ciò che Paolo ha fatto, “ci affatichiamo lavorando con le nostre proprie mani” (1 Corinzi 4:12) e ha insegnato a fare: “si affatichi piuttosto a lavorare onestamente con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a colui che è nel bisogno” (Efesini 4:28).
Dio può far bastare e avanzare i soldi, anche con poco!


Seminare

Ora dico questo: chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; e chi semina abbondantemente mieterà altresì abbondantemente.
Colui che fornisce al seminatore la semenza e il pane da mangiare, fornirà e moltiplicherà la semenza vostra e accrescerà i frutti della vostra giustizia. Così, arricchiti in ogni cosa, potrete esercitare una larga generosità, la quale produrrà rendimento di grazie a Dio per mezzo di noi. Perché l'adempimento di questo servizio sacro non solo supplisce ai bisogni dei santi ma più ancora produce abbondanza di ringraziamenti a Dio; perché la prova pratica fornita da questa sovvenzione li porta a glorificare Dio per l'ubbidienza con cui professate il vangelo di Cristo e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti.
(2 Corinzi 9:6,10-13).

— Guglielmo Standridge

La VOCE giugno 2014

“Ho perso per un momento il senso di dove sono! Cos’è? La sala dell’ aeroporto?”
No, è la sala dell’adunanza, due minuti prima che cominci il culto! Ti è mai capitato? Fra il mettere via le cose, organizzare i bambini, salutare gli amici e decidere dove sederti è facile a volte non capire dove ti trovi.
Poi, qualcuno propone il suo canto preferito che nessuno, però, neanche i musicisti, conosce. Sarà nell’innario rosso, o in quello giallo? Mah…
L’abitudinarietà gioca dei brutti scherzi. Confusione, malumore, disordine.
Molto differente dalla prima adunanza che frequentavo a Roma, oltre mezzo secolo fa. Un fratello, ex-controllore delle ferrovie, tirava fuori il suo orologio a cipolla, lo controllava minuto per minuto, e proprio quando avrebbe suonato se fosse stata una sveglia, si alzava in piedi e disse: “L’ora essendo venuta…”
Ci sarà, forse, qualcosa da cambiare nelle nostre abitudini?

Servire non è come lo pensi

Qual è l’eterna “occupazione” del credente? Mi sembra che sia esattamente ciò che professiamo di fare ogni Domenica, quando ci incontriamo in una sala di culto con i nostri fratelli e sorelle in fede.
Nella visione di Giovanni, i salvati “sono davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte, nel suo tempio…” “…Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello; i suoi servi lo serviranno, vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome scritto sulla fronte” (Apocalisse 7:15; 22:3,4).
In greco le parole “servo, servire” si riferivano originariamente al servizio proprio di uno schiavo, ma col tempo avevano acquisito il significato di “servizio sacro” e, perciò, anche di “adorazione”. In cielo, noi “serviremo” Dio adorandolo!
Nei Salmi si parla spesso dell’adorazione dei credenti: “potrò entrare nella tua casa; rivolto al tuo tempio santo, adorerò con timore” (Salmo 5:7).
“Date al Signore la gloria dovuta al suo nome; adorate il Signore, con santa magnificenza” (Salmo 29:2).
“Tutta la terra si prostrerà davanti a te e canterà a te, canterà al tuo nome” (Salmo 66:4).
“Venite, adoriamo e inchiniamoci, inginocchiamoci davanti al Signore, che ci ha fatti” (Salmo 95:6).
Prostratevi davanti al Signore vestiti di sacri ornamenti, tremate davanti a lui, abitanti di tutta la terra!” (Salmo 96:9).
Hai notato che solo tre dei cinque versetti citati menzionano effettivamente l’adorazione mentre gli altri due parlano del prostrarsi? Il motivo è semplice: il termine ebraico reso con “adorare, adoriamo” significa letteralmente “prostrarsi, prostriamoci”. Perciò tutti e cinque i versetti potrebbero essere tradotti in italiano con la parola “prostrarsi”.
Il primo dei versetti, Salmo 5:7, dice: “adorerò [cioè mi prostrerò] con timore”. E l’ultimo versetto, Salmo 96:9, dice: “Prostratevi davanti al Signore… tremate davanti a lui”.
È chiaro dalle Scritture che adorare il Signore, riunirsi alla sua presenza in un culto di adorazione, richiede serietà e un esame personale del cuore da parte di ognuno. Non è una semplice abitudine o un rito della Domenica mattina. Timore e tremore sono necessari all’adorazione!
Il Salmo 66:4 afferma che tutta la terra “si prostrerà [o adorerà]… e canterà” al nome di Dio, perciò comprendiamo che il canto fa parte dell’adorazione. Altri versetti ancora spiegano come anche la preghiera e la lode sono atti di adorazione. Dal Nuovo Testamento, poi, sappiamo che i primi cristiani leggevano le Scritture e le spiegavano durante il culto e che ricordavano il sacrificio di Cristo con la cena che Lui ha istituito.
Ma, proprio perché quel tempo è definito “adorazione”, l’atteggiamento del cuore, il pensiero della mente, il senso di umiltà davanti a Dio, il comportamento dignitoso e anche l’apparenza sono tutti una parte essenziale del “timore” e riverenza dovuti.
Non dobbiamo permettere che “l’adorazione” che offriamo a Dio sia ridotta a un mero seguire le nostre abitudini, preferenze, comodità e tempi. Egli merita, e richiede, un’adorazione molto diversa.


Cosa c’è di nuovo?

Sei volte, nei Salmi, i credenti sono comandati a cantare un “cantico nuovo”. Lo fanno? Lo fate voi nella vostra chiesa?
“Alleluia. Cantate al Signore un cantico nuovo, cantate la sua lode nell’assemblea dei fedeli” (Salmo 149:1).
Per secoli, gli Ebrei cantavano solo gli inni che noi chiamiamo Salmi. Ovviamente, se li cantavano da secoli, non erano “nuovi”. Gesù e i discepoli lo hanno fatto dopo aver mangiato insieme la cena della Pasqua, cioè “l’ultima cena”. Probabilmente hanno cantato il Salmo 118, l’ultimo dei sei Salmi che gli Ebrei cantavano abitualmente durante quella festa. Certamente non era un “cantico nuovo”, come l’intendiamo noi.
Ai tempi della Riforma, molti Protestanti hanno cantato soltanto i salmi nei loro culti, ritenendo ogni altro tipo di composizione e testo inappropriato.
Ora, al contrario, sembra che nei culti di molte chiese si cantino soltanto pezzi appena sfornati dall’ultimo giovane convertito. “Canti nuovi” che costringono a costanti aggiornamenti delle raccolte musicali.  Ma il fatto che gli Ebrei e migliaia di credenti abbiano preferito inni antichi come i salmi, per la loro particolare solennità e per il loro contenuto di lode all’Eterno, cosa dice di noi oggi – di positivo o negativo?
Anche voi cantate un “cantico nuovo”? In che senso?


Ciò che mi è successo

“Sono uno studente E voglio raccontarvi ciò che mi è successo…” “Sono una mamma e ho imparato una cosa molto importante…” “Io sono un commesso e voglio spiegare…”
Una “testimonianza” comincia così, catturando immediatamente l’attenzione delle persone, meglio di un sermone o di uno studio biblico. Si tratta di raccontare ciò che si è visto, sentito o vissuto personalmente, in parole semplici che tutti possono comprendere.
Tutti abbiamo più o meno gli stessi problemi, gli stessi dubbi. Perciò non è difficile sentirsi coinvolti nelle esperienze di un’altra persona. Vale anche per chi ascolta la testimonianza di un credente per la prima volta.
La grande bellezza della testimonianza è che qualsiasi credente lo può fare e portare così del bene a chi non conosce Dio.
È altresì utile, fra credenti, dare la possibilità di condividere una testimonianza di una conversazione con una persona riguardo al Signore, o di ciò che si è compreso nella lettura della Bibbia in un momento difficile.
Anche se è vero che la testimonianza diventa interessante proprio perché si tratta di un’esperienza personale, è fondamentale che non siamo noi il centro della storia, ma piuttosto Dio e la sua Parola, la quale è la potenza che potrà aiutare chi ci ascolta.
Provaci!

— Guglielmo Standridge

La VOCE maggio 2014

Il desiderio di appartenere a gruppi, associazioni, clan, partiti, sindacati, opere sociali o spirituali, è universale. Perché? Si fa per orgoglio, per divertirsi, per essere ammirati, per fare del bene, per arricchirsi.
Di questi gruppi, qual è il più importante? Quale ha più impatto nel mondo e nel suo futuro? Quale fa più bene? Quale è il più “prestigioso”?
Forse non ti interessano cose simili. Forse sei convinto che, intanto, non vale la pena fidarti di nessuno o sperare che esistano delle persone che lavorano disinteressatamente per il bene degli altri.
E se ti dicessi che vi è un gruppo di persone che non può fallire? Che, senza alcun dubbio, porta più bene nel mondo di qualsiasi altro? E senti questo: i suoi membri non moriranno mai! Ha salvato più alcolisti e drogati dalla schiavitù delle dipendenze di qualsiasi altro. Ha riunito più famiglie sfasciate, dato una casa e l’amore a più persone abbandonate, di tutti gli altri.
È proprio quello di cui ti scrivo...

Ma qui è tutto diverso?

Questo meraviglioso gruppo di persone esiste da circa duemila anni. Di tutti quelli che ne fanno parte, il suo Fondatore ha detto: “Io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano”.1)
È la Chiesa che appartiene a Gesù Cristo e che Lui sta edificando sulla terra. Egli le ha fatto tante promesse e le ha garantito un infinito numero di privilegi.
Era inevitabile che uomini perversi avrebbero inventato tanti falsi insegnamenti e false promesse per farne delle imitazioni di cui approfittare personalmente. “Molti verranno nel mio nome, dicendo: «Io sono il Cristo». E ne sedurranno molti.”2) Come risultato di questi immensi attacchi, vi sono non solo molti falsi capi ma molti falsi seguaci, che affermano di far parte della vera chiesa. Ma saranno scoperti e smentiti.
Il piano di Gesù Cristo riguardo alla sua Chiesa è rivelato pienamente nella Bibbia, ma i falsi insegnanti della Bibbia e i falsi profeti hanno lo stesso confuso migliaia di persone. Bisogna, per prima cosa, capire che solo la Parola di Dio, e non qualsiasi persona vivente o morta, può rivelarci la verità. Dio ha promesso che lo Spirito Santo, Dio stesso, guida nella lettura chi riconosce nella Bibbia la voce di Dio e apre cuore e mente alla sua verità.
Bisogna capire che l’ingresso nella chiesa per mezzo della “nuova nascita” spirituale non è il risultato dell’intelligenza umana, della propria volontà umana, o di qualche rito o pratica. Sola la persona che è colpita e risvegliata dalla rivelazione biblica riguardo al suo stato di peccatrice e di separazione da Dio confesserà e abbandonerà il suo peccato. Sarà salvata soltanto dall’opera di Gesù Cristo, che è morto al suo posto, ricevendo il perdono per la grazia di Dio, mediante la fede.3)
Per molte persone questa salvezza fondata unicamente sull’opera di Gesù sulla croce, e non sulle opere e loro bontà, sembra “troppo facile”, e la loro incredulità e orgoglio le spingono a rifiutarla. La verità si trova nelle parole di Gesù: “Chi crede nel Figlio [cioè in Cristo stesso] ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui”.4)
Il Fondatore di questo organismo unico ha detto: “E ti dico: … edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades [il male e la morte] non la potranno vincere”.5) I falsi profeti e i falsi cristiani non distruggeranno mai, né “vinceranno” mai la vera Chiesa.

Dov’è la vera chiesa ora?

Mentre alcuni (moltissimi!) membri della chiesa sono già nel cielo con il Signore, altri (moltissimi) sono ancora sulla terra. Fino a quando il Signore non li chiamerà a sé, o per mezzo della morte fisica o per mezzo del loro miracoloso trasferimento in cielo, i membri della vera Chiesa sulla terra sono spesso sofferenti, perseguitati e calunniati.
Anzi, la vera Chiesa sulla terra sembra, agli occhi dei non credenti, debole, povera, divisa e piena di difetti. L’apostolo Paolo descrive questa condizione contraddittoria così: “Ma noi abbiamo questo tesoro [di fede e salvezza] in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi. Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; atterrati ma non uccisi”.6)
La presente condizione della Chiesa sulla terra spesso scoraggia e umilia i suoi membri e, dall’altra parte, fa ridere e vantarsi i non credenti.
Se tu sei tentato a lamentarti o scoraggiarti, guardando a te stesso o alla chiesa locale di cui fai parte, ricorda che la fine non è ancora arrivata! Davanti a noi c’è la gioia e la gloria. Vedremo cosa dice la Bibbia al riguardo nella Voce del Vangelo del mese prossimo!

— Guglielmo Standridge

Le citazioni sono tratti dal Nuovo Testamento:
1)    Vangelo di Giovanni 10:28
2)    Vangelo di Matteo 24:5
3)    Lettera agli Efesini 3:4-10
4)    Vangelo di Giovanni 3:36
5)    Vangelo di Matteo 16:18
6)    2 Corinzi 4:7-11

 


Come riconoscere una chiesa fedele

1.    Ha come sua autorità finale solo la Parola di Dio che determina la sua fede e la sua condotta.
2.    È formata da cristiani nati di nuovo dallo Spirito Santo, per grazia mediante la fede, che cercano la santità personale.
3.    In ogni proponimento e ogni atto cerca di glorificare Dio e farlo conoscere.
4.    È guidata da uomini conformati in carattere, comportamento e impegno agli insegnamenti della Bibbia.

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La VOCE aprile 2014

Non è peccato godere i dolci! Dio ci ha dato il meraviglioso dono del gusto e dell’olfatto e ha permesso che gli uomini inventassero innumerevoli dolci per il nostro piacere e nutrimento. Certo, bisogna sapersi limitare.
Alla mia età, ho imparato che, per il mio bene, è meglio una mezza porzione del mio dolce preferito che una enorme. Però, ti svelo un segreto che mi permette di godere i dolci più di prima.
Probabilmente, da giovane, avrei mangiato un dolce in fretta e furia, ma negli anni ho imparato che mangiandolo piano piano, e assaporando la piccola quantità che ne metto sulla punta del cucchiaino, la mia mezza porzione dura molto più a lungo della porzione intera, la godo di più e ne apprezzo di più il sapore.
Però, ho imparato anche qualcos’altro, molto più importante! Qualcosa che potrà rendere la tua vita più “dolce”, più felice e più benedetta.
Per scoprirla, continua a leggere!

Definiamo le parole

Gustate e vedete quanto l’Eterno è buono! (Salmo 34:8, v. Riveduta)

Chi conosce Dio ha una fame che nessun cibo, neanche il più dolce, può soddisfare.
Molti credenti sinceri, però, vivono da frustrati e confusi, perché sebbene considerino importanti la “comunione con Dio” e “la meditazione” della sua Parola, e ne comprendano in grandi linee il significato, non riescono a capire come metterle in pratica in modo soddisfacente.
Come si fa ad andare oltre le apparenze e le abitudini per “gustare” la vera comunione con Dio? Bisogna forse essere dei credenti speciali, migliori della media, che non fanno più sbagli e che non peccano mai? No, è un pensiero ridicolo che non trova conferma nella Bibbia. Tutti sbagliano e tutti, purtroppo, possono peccare.

Intimità e onestà

La vera comunione con Dio e la vera meditazione della sua Parola hanno molto in comune: tutte e due si basano su un rapporto di intimità e di onestà con Dio, fondate sulla conoscenza di Lui e delle sue qualità attraverso la comprensione della sua Parola.
Il punto di partenza è riconoscere che Dio è davvero presente, sempre e in ogni dettaglio della nostra vita, come ha promesso, e che la sua Parola è il vero cibo che nutre, fortifica e rallegra la nostra vita, sia fisica che spirituale.

Egli comunica con noi, non tramite la vaghezza e l’incostanza dei nostri sentimenti e emozioni, ma per mezzo della precisione di parole e frasi con un significato unico, definibili dal vocabolario e, in seguito, applicabili alla nostra vita dallo Spirito Santo.

Spesso ciò che molti credenti sostengono di aver compreso dalla Parola di Dio altro non sono che farneticazioni, sogni o pii desideri senza alcun fondamento biblico, perché non hanno preso il tempo, o l’impegno, di cercare di comprendere il vero significato delle parole o frasi che hanno letto. Da errori comuni come questo, e dalla superficialità, scaturiscono false dottrine, false “scoperte” e “rivelazioni” personali e, alla fine, la delusione e l’abbandono della fede professata.

Allora, per avere comunione con Dio bisogna che Egli comunichi con noi e noi con Lui, in completa libertà, intimità e onestà. Egli comunica con noi, ovviamente, attraverso la sua Parola, la Bibbia. Ma dal momento che la Bibbia ha come contenuto la verità spirituale, celeste e divina, è fin troppo evidente che non ci è facile capirla pienamente, certamente non a prima lettura e mai in fretta.

Le nostre menti, abituate a pensare a cose materiali e passeggere, hanno bisogno di tempo, di ripetizioni, di riflessione, non solo per “capire” ciò che la Bibbia ci comunica, ma per applicarlo poi alla nostra vita e alle nostre situazioni immediate. Se siamo credenti, lo Spirito Santo che ha guidato la scrittura della Bibbia, ci aiuterà e ci illuminerà nel leggerla se trova in noi un cuore aperto e ubbidiente. Il non credente non può, dice l’Apostolo Paolo, né comprendere le cose profonde di Dio né metterle in pratica.

Per la grande maggioranza di noi, quando leggiamo la Bibbia, già il capire le parole e le frasi tradotte nella nostra lingua, non è semplice. Perciò non c’è da vergognarsi se dobbiamo ricorrere spesso a un vocabolario. La “meditazione” biblica può cominciare davvero solo quando siamo arrivati a un buon punto nella comprensione di ciò che è scritto.

È molto utile, per chiunque, avere a portata di mano un commentario biblico. Serve a comprendere le frasi e i riferimenti ad altri avvenimenti o testi biblici legati al passo che leggiamo e meditiamo.

Forse non possiedi un commentario o forse non sei abituato a usarlo. È uno strumento utilissimo quando è scritto da un fratello che ama e studia da anni la Parola di Dio. Qualcuno cioè che ne ha una buona conoscenza nel suo insieme, conosce le lingue originali in cui è stata scritta, ed è stimato per la sua fedeltà alla verità biblica. È proprio come avere accanto l’autore stesso, pronto a rispondere alle molte domande inevitabili che sorgono mentre leggiamo la Bibbia.

Allo stesso tempo, è necessario tenere bene in mente un avvertimento: il commentario non è la “parola di Dio”. È il risultato di molti anni di studio di un uomo, ma non è un libro ispirato e infallibile alla pari delle Sacre Scritture. Possiamo stimare il commentatore per i suoi studi, apprezzarlo per il lungo lavoro della scrittura e amarlo per la sua fede, ma non daremo mai la nostra fiducia senza riserve al suo libro come la diamo alla Bibbia.

Conversare con Dio

Solo quando cominciamo a comprendere il passo che desideriamo meditare, siamo pronti per quel lavoro prezioso che ci permette di “conversare” con Dio mediante la sua Parola, ascoltando, ponderando, facendoci domande da considerare più profondamente. Questa è la “meditazione”.

Nell’Antico Testamento, la parola “meditare” significa “mormorare” e si ritiene che si riferisca alla pratica di parlare sotto voce, mentre si meditava la Parola di Dio, facendo delle considerazioni e traendo conclusioni per valutare, stimolare e incoraggiare la propria ubbidienza alla volontà di Dio. In questo modo, la “meditazione” diventa un colloquio intimo, franco, privatissimo fra te e Dio: quello che Dio ti dice si fa più chiaro e prenderà forma la tua risposta a Lui, mentre impari, comprendi, accetti e prepari il tuo cuore all’ubbidienza.

Il credente sincero che partecipa a questo colloquio, non solo “medita” ma ha anche comunione con Dio nel livello più profondo e vero del suo essere e non potrà fare altro che lodare e adorare il Signore per la sua pazienza, l’amore, la misericordia e il perdono.

Se il tuo cuore ha fame e sete di Dio, se cerchi la comunione con Lui e vuoi gustare la vera meditazione, ti incoraggio a cominciare a imparare e praticare questa intima, onesta relazione con Dio.

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— Guglielmo Standridge


Non predicare le tue opinioni!

Avere opinioni è normale. Ma quando si parla di Dio, sia dal pulpito sia in un contesto più informale, bisogna distinguere tra la verità rivelata nella Bibbia e le opinioni personali. Le nostre idee sulle cose spirituali possono essere più o meno giuste, ma se le spacciamo come parola di Dio avranno conseguenze eterne su chi ci ascolta.
Per questo motivo è fondamentale che il nostro credo sia basato esclusivamente sulla Bibbia. È l’unico mezzo per conoscere Dio e quello che
Egli vuole da noi. Dio dice: “Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie”, dice il Signore. “Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri” (Isaia 55:8,9).Presumere di poter definire Dio o i suoi pensieri senza avere una buona comprensione delle Sacre Scritture è una follia. È dannoso per chiunque, ma è ancora più serio quando ne è colpevole chi dovrebbe insegnare ad altri la Parola di Dio. L’esortazione dell’Apostolo Paolo a Timoteo è chiara: “Sforzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità” (2 Timoteo 2:15).
Chi insegna e spiega la Bibbia ha l’obbligo solenne di curare con attenzione ciò che dice. È un lavoro che richiede impegno e serietà.

Consigli per coloro che insegnano
1.    Prega prima di affrontare lo studio di un passo.
2.    Attieniti esclusivamente a ciò dice il testo, senza farti trascinare dalle tue opinioni.
3.    Procedi con ordine seguendo il testo biblico.
4.    Usa commentari di autori reputati sani nella dottrina per proteggerti da errori.
5.    Chiedi al Signore di cambiare la tua vita attraverso ciò che studi e insegnerai.
6.    Sii chiaro e esponi con autorità, sicuro di esserti applicato con diligenza allo studio.
7.    Prega che Dio usi la sua Parola per trasformare le vite di chi ti ascolta.

La VOCE marzo 2014

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